L'ex presidente della Regione Puglia
Parla Vendola: “I veri talebani sono in Occidente”
“Sostengono lo sterminio di Netanyahu in Palestina, si riarmano a caccia di nemici, hanno fatto di trans, ong, migranti e rom gli scalpi dei loro consensi elettorali: le odierne destre che governano in Italia e nel mondo sono il frutto avvelenato dell’alleanza tra plutocrazie e neofascismi”
Interviste - di Graziella Balestrieri

I morti in mare, la solitudine delle carceri, il dolore della perdita e la gioia per molte ri-nascite. Gli incontri di un lungo cammino umano prima e poi politico, la vita, la libertà, la democrazia, le scelte, i pregiudizi che uccidono, la lotta collettiva e personale: la scelta delle parole come mezzo per costruire e mai per distruggere, la poesia dunque: è questa la scelta di Nichi Vendola, ex presidente della Regione Puglia, tra i massimi esponenti della Sinistra, che attraverso una raccolta di versi, dal titolo Sacro Queer, pubblicato da Manni Editore, non lascia scampo alla sinistra.
Bisogna stare dalla parte dell’uomo, bisogna ritrovare la pietà, il senso della giustizia, bisogna scegliere la parola Pace, farla sentire forte, nelle case, nelle piazze, e poi i diritti, difendere e onorare i diritti calpestati. Vendola lo fa attraverso la poesia perché persuaso che nel mondo in cui viviamo, l’unica cosa che può salvarlo è la cultura e la ricerca della bellezza. Ci vuole fatica però, ci vuole uno sforzo comune enorme, ci vuole il dialogo, ci vuole l’operaio e il portare il pane in tavola, ci serve la preghiera, la fede ma ci vuole anche l’intellettuale, il poeta, lo scrittore, ci vogliono le persone, diverse ma insieme. Ma la politica cosa c’entra con la poesia? Lo diceva Bertold Brecht in Lode al sapere “Affamato, afferra il libro: è un’arma”, così Sacro Queer potrebbe essere l’inizio di un pasto dopo un lungo digiuno…
Partirei dalla scelta del titolo: perché Sacro Queer? Due immagini che sembrano all’apparenza così profondamente distanti…
“Queer” significa eccentrico, bizzarro, insolito, fuori dalla norma. Ma “queer”, specie in Inghilterra, era la parola con lo stigma, l’offesa, il vocabolo contundente, l’equivalente di “frocio” o “finocchio”. A un certo punto si è rotto l’incantesimo semantico: tu mi gridi “queer!” per farmi vergognare e io ti rispondo “sì, sono queer, orgoglioso di esserlo!”. La parola cattiva viene riscattata dalla sua funzione discriminatoria e diventa una bandiera, una sorta di carta d’identità della comunità Lgbtq+. Questa riappropriazione descrive un cammino di fatica, di dolore e di bellezza: perché uscire dal cono d’ombra della clandestinità e della negazione è stata una rivoluzione. Il pride è stato un cambio d’epoca. La diversità ha smesso di essere raccontata come minaccia sociale e si è raccontata per ciò che è: ricchezza, dono, unicità di ogni vissuto. Non c’è una sola strana creatura che non sia “a immagine e somiglianza di Dio”. Per questo il mondo queer, che ha anche avuto confidenza col martirio, è sacro. È il sacro dell’umano che io celebro con le mie poesie.
Sacro Queer è qualcosa che mancava alla sinistra: come mai ha scelto la poesia per parlare di tematiche così importanti, come le carceri, l’uguaglianza, la lotta, la fede, la mancanza di ideali, la mancanza di umanità, il senso di pietà smarrito, la fragilità umana e poi questa ricerca dell’altro e degli altri?
Scrivo versi da quando andavo alle elementari: poesie, filastrocche, ballate, preghiere, ho sempre vissuto l’incantamento per la musica delle parole, per la loro capacità di costruire il mondo. Oggi per me la poesia è la via di fuga dal vocabolario tossico e feroce che dilaga nel lessico della vita pubblica. Hanno avvelenato le parole e così avvelenano il mondo. Una plutocrazia criminale ha reclutato tutti i fascismi del nostro povero pianeta, ha liquidato come un rottame il diritto internazionale e i diritti umani, ha esibito una nuova etica pubblica che somiglia al cannibalismo.
Ci sono molte poesie che sono dedicate a figure importanti, con le quali lei ha condiviso lotte, sconfitte, e alle quali dedica versi struggenti: Michela Murgia, Vladimir Luxuria, Nicole De Leo, Tiffany… Ciro Cascina: quanto è stato importante ed è importante oggi il senso della memoria, la costruzione e ricostruzione dei legami tra persone, diverse tra di loro?
Io osservo il ritorno in grande stile, ad ogni latitudine del mappamondo, della caccia alle persone transgender, che sono da sempre le prede prelibate delle ideologie reazionarie, e provo disgusto e indignazione per questo regresso civile, per questa profanazione delle prerogative elementari della vita. Stanno tornando anche nel nostro west le polizie morali, non sono mica una specialità solo talebana. I nuovi “signori della guerra” che dominano l’universo hanno fame di capri espiatori, di nemici simbolici, di fantasmi da esorcizzare: il gender, le trans, i migranti, ma anche gli studenti, la libera stampa, le Ong, i costruttori di pace. Occorre ribellarsi, prendere parola, rompere l’omertà, salvare le vite, proteggere le diversità. E per me è impellente l’esigenza di celebrare la bellezza delle persone che chiedono di avere un valore e non un prezzo, che esigono non lo spazio di un ghetto ma la condivisione del creato: i miei meravigliosi compagni di viaggio della comunità Lgbtq+…
E poi il sacro: attraverso il sacro lei riesce a parlare di migranti, come in Madonna di Cutro, riesce a descrivere la pietà, quel senso di smarrimento di chi arriva. Perché il nostro paese a livello istituzionale non riesce a vedere nei migranti umani da accogliere e non nemici da rimandare a casa? La sinistra però dal canto suo in questi anni ha fatto ben poco…
C’è una sinistra che è stata complice, e mica solo in Italia, di una deriva che ha portato ad affrontare l’esodo biblico di migranti, in fuga dalle guerre, dalla miseria e dagli effetti del cambio climatico, come una mera questione di “ordine pubblico”, come una “emergenza” di quelle che spingono a militarizzare i territori e a limitare i diritti individuali. Da questo punto di vista la pagina più brutta è stata quella dell’accordo con la sedicente guardia costiera libica, cioè con una feroce organizzazione criminale. Ma la destra ha portato al parossismo l’emergenzialismo anti-migranti, fino ai delitti consumati dal governo Meloni: penso alla strage di Cutro, che va certamente collocata nel libro nero delle stragi di Stato. Penso alla vergognosa, ignominiosa complicità con i trafficanti di esseri umani, con i torturatori e assassini, con gli stupratori seriali anche di bambini, come ci viene rivelata dallo scandalo di Almasri. C’è un’immagine che racconta il mondo di oggi: mentre questi nostri governanti si fanno i selfie con i loro bambini, postano leziosi messaggi natalizi e pasquali, rivendicano le radici cristiane della nostra identità, mentre fanno commerci elettorali del loro patriottismo posticcio, nel deserto del Sahara c’è una bambina che vaga a piedi scalzi, che cammina da ore in direzione del nulla. È lei che rivela la natura oscena di una narrazione fondata sull’empietà e sul disprezzo della vita altrui. Del resto, continuiamo ad arricchire la Turchia, la Tunisia e la Libia (cioè, regimi criminali) perché si occupino loro dei migranti, alla maniera loro.
Lei ha sempre mostrato molta fede nel suo cammino, sia come uomo che come politico. Se guarda a ciò che accade a Gaza, questa fede non vacilla?
In Palestina, nella terra occupata dai predoni assassini del governo fascista d’Israele, penso che Dio muoia tutti i giorni. In quella terra così poco santa c’è il genocidio di un popolo. Da noi, nei nostri media, in tanta parte della nostra politica, c’è il genocidio delle parole: lo sterminio sta diventando una breve di cronaca. Gli intellettuali, i poeti, gli scrittori, dovrebbero essere le fondamenta di una società che vuole crescere. Lei ha mai sentito di essere lontano dalla società o meglio ha mai perso il contatto con la società, come spesso si imputa agli intellettuali di questo Paese? Tante volte contro di me è risuonata la parola “poeta” come una imputazione di reato, come una condizione di degrado della politica. Certo, per chi pensa, a destra, al centro e talvolta anche a sinistra, che la politica non sia altro che “sangue e merda”, per chi crede che il realismo coincida con il cinismo, con la ferocia, con la subordinazione alla legge del più forte, con l’adattamento alla miseria e alla dittatura del presente, non solo i poeti sono esseri inutili, ma l’idea di rendere la politica qualcosa di compatibile con una visione poetica, cioè rigenerante, luminosa, del futuro, è davvero follia. Siamo in un’epoca in cui si fa campagna elettorale propagandando la disumanità: e “ho detto tutto”, direbbe Peppino de Filippo…
C’è anche la guerra nelle sue poesie. Gaza, Ucraina, tanti conflitti sparsi per il mondo …perché la sinistra (in questo caso parlo del Pd) non riesce, secondo lei, a prendere una posizione netta per la pace? La pace dovrebbe essere il primo obiettivo di chi si definisce di sinistra.
Elly Schlein ci sta provando a liberare il Pd dalla sudditanza nei confronti del realismo bellicista. È curioso che in quel partito l’ala che si definisce cattolica sia la più organica a una visione allineata alla strategia folle e suicida del riarmo. Sentir dire, ancora oggi, “se vuoi la pace prepara la guerra”, fa riflettere sul punto di caduta della cultura politica progressista. I riarmisti ci risparmino almeno la citazione di Berlinguer. Io penso che la sinistra non possa esistere in natura se non come contrapposizione alla guerra, ai suoi apparati ideologici e alle sue lobbies militari e industriali.
Un’altra delle critiche più frequenti di cui è bersaglio la sinistra, è quella che “la sinistra si occupa dei diritti ma è anche importante il pane sulla tavola”.
Ogni volta che a sinistra si separano i diritti sociali dai diritti civili si compie un atto di autolesionismo e ci si predispone a una sconfitta bruciante. Quando gli operai di fabbrica guadagnavano tutele e migliori salari, si riformava il diritto di famiglia, si mettevano in discussione i manicomi, si cominciava a demolire il muro del patriarcato. La libertà e la giustizia sono due facce della stessa medaglia, dovremmo averlo imparato.
Per citare una raccolta di poesie di Leonard Cohen “il tormento della bellezza”, il raggiungimento della bellezza porta inesorabilmente ad una lotta continua con sé stessi. Qual è stato il suo tormento più grande, sia nei confronti di sé stesso che nei confronti degli altri?
Il mio tormento, la mia frustrazione, talvolta la mia disperazione, è invecchiare in un mondo che sprofonda nelle sabbie mobili dell’odio, dell’indifferenza, della disumanità. Prima della sconfitta politica mi brucia la dimensione globale della sconfitta culturale che ci sospinge oggi sull’orlo di un baratro: ho il tormento di ciò che vedo. Vedo fondamentalismo religioso e fondamentalismo mercantile che si coniugano in un modello sociale che, col controllo dei media e dell’intelligenza artificiale, si propone come una nuova forma di dominio totalitario e penso che non abbiamo ancora un’idea di come reagire a questa deriva.
Perché l’Italia è ancora un paese carico di pregiudizi nei confronti di chi crede diverso?
L’Italia è un Paese in cui le libertà e i pregiudizi fanno a pugni ogni giorno. È cresciuta a dismisura la consapevolezza dei propri diritti, si sono rotte le antiche gabbie in cui venivano sequestrati i sentimenti e le attese di vita, ma è cresciuta con la destra anche la reazione fatta di stigma e di intolleranza. Noi, comunque, non ci faremo rinchiudere nei ghetti del passato dalla ridicola ignoranza degli apostoli del generale Vannacci e di Matteo Salvini e di tutta la banda nera che assedia e molesta la nostra quotidianità.
La sinistra ha smarrito l’umanità secondo lei? Cioè, il senso di pietà anche nei confronti delle sofferenze degli altri?
Se la sinistra non le avesse smarrite queste cose così preziose forse non avremmo i tecno-fascisti al potere nel mondo.
Bertinotti all’Unità ha detto che la politica è morta e che la sinistra deve tornare ad essere radicale se vuole essere definita tale. Concorda?
A un certo punto la sinistra non è stata più né radicale né riformista, è stata solo governista. Il governismo è stato la sua malattia senile. La radicalità di cui parla Fausto Bertinotti non è una febbre intellettualistica, non è una visione ideologica: ma è la necessità di ricostruire il senso dell’agire politico in un passaggio della storia umana in cui tutte le contraddizioni dello sviluppo e della forma stessa della vita sono venute al pettine: la crisi ecologica è definitiva, il rischio è la catastrofe, il capitalismo è incompatibile con l’idea di un futuro sostenibile, vediamo che ormai è incompatibile con la democrazia. Potrei anche parlare dei colpi di coda del patriarcato morente, che perde il diritto all’onnipotenza e trema d’impotenza dinanzi alla libertà femminile: e reagisce con la punizione mediante la morte delle donne che non accettano e mai più accetteranno di essere una costola dei loro maschi.
Lei ha un figlio: da padre come racconta questo mondo che stiamo vivendo?
Con mio marito cerchiamo di educare nostro figlio alla curiosità e alla convivialità e da nostro figlio impariamo ogni giorno la gioia di stare con gli altri e di ricevere il dono dell’amicizia. Quando gioco col mio bambino e mi godo la sua serenità penso ai troppi bambini che vivono all’inferno, e questo pensiero muove la mia penna e le mie gambe di militante. Sacro Queer è una grandissima possibilità per rientrare in campo: quando tornerà in politica? (anche se la poesia è già una forma di lotta) Mai uscito dal campo!