Il volume
Leonard Cohen e Marianne, to the end of love: il grande amore del cantautore
Quando la vide se ne innamorò follemente. Accadde a Hydra, isola mito dei poeti e dei romantici. Vissero una storia intensa, folle, inimitabile. Che terminò ma non finì mai. E fece fiorire l’artista
Cultura - di Graziella Balestrieri

“Marianne, ho appena saputo che hai lasciato la commedia della vita. Che non reciti più, come i pazzi e i poeti. E che mi lasci solo sul palcoscenico e nell’ombra, alle prese con un gioco di cui non capisco più le regole. Ora so cosa significa la parola solitudine. Mi sento come un toro in mezzo all’arena sul quale i picador proiettano le loro ombre spaventose. È come se il mio stesso corpo non mi appartenesse più. Come se ci fosse qualcun altro al posto mio. La voce che canta non sono più io. Queste lacrime non sono più le mie. Questo dolore non è più il mio. So che, nella tua ultima ora, qualcuno ti ha tenuto la mano e ha canticchiato Bird on wire mentre respiravi debolmente. E quando lasciavi la stanza, mentre la tua anima volava fuori dalla finestra, ti baciava sulla fronte e sussurrava queste parole eternali: Addio, Marianne. È ora che iniziamo a ridere e a piangere, a piangere e a ridere di tutto quanto ancora. Arrivederci, amore mio eterno, ci vediamo alla fine della strada” (L. Cohen).
È dalla fine di questo libricino di 74 pagine, dal titolo Dance me to the end of love dello scrittore francese Maxence Fermine (traduzione italiana di Roberta Castoldi) che partiamo nel raccontare la storia d’amore, eterna, nelle parole di L. Cohen, tra il poeta, scrittore e cantautore ebreo canadese e Marianne Ihlen, quella che viene considerata la sua musa, la sua divinità, l’ideale di donna fattasi carne e ossa e fragilità, di quella donna considerata l’angelo accanto al fuoco, di un fuoco che mai fu destinato a spegnersi nemmeno dopo e oltre la morte. Marianne Ihlen muore il 29 Luglio del 2016 e Leonard le fa recapitare questa lettera, questa confessione d’amore, questo lascito di debolezza e forza, un testamento di ciò che del presente lui non riconosce più, di tutto quello che accanto non è più suo, di un mondo e di un corpo che fa fatica a sostenere la sua anima uno scritto di quello che è stato, di uno straniero che è la morte che sta per abitare in lui, quel qualcosa di superiore tra di loro, di un sentimento che la morte non riuscirà a disintegrare ma che solo l’anima inquieta di lui era riuscito in vita a spezzare in due.
Di lì a poco, infatti, il 7 Novembre 2016 lo stesso Cohen lascerà la terra e raggiungerà alla fine della strada la sua bionda visione, apparsagli anni e anni fa, negli anni 60, su quell’isola greca, Hydra, dove la luce, dono esclusivo del sole, che eseguiva i tempi della natura, non aveva creato nessuna ombra sulla loro relazione. Ed è dalla fine che si comprende l’inizio, è dal finale carico di poesia, da quelle parole, dal percorso inverso dalla morte alla vita, da quell’amore “mio eterno” che Cohen si riprende indietro il tempo, l’amore, la poesia, i giorni di gloria e sconfitta e sconfitte e gloria, dell’abbandono nella scrittura e nel finale riconsegna, a chi lo aveva fatto diventare un cantautore, a chi lo aveva scoperto per quello che nemmeno lui sapeva di essere, a lei attraverso le parole, riconsegna le chiavi di quel posto segreto a cui lui stesso si era negato l’accesso, e che quando da solo ci aveva provato ad entrarci aveva rischiato sempre di affondare.
Il giovane Leonard quando sbarca a Hydra non è altro che un ragazzo ebreo canadese, poeta di poche illusioni, di molte ma mai troppe speranze, che aveva scelto nel caso del caos della piovigginosa Londra, l’isola dorata di Hydra, suggeritagli da un impiegato che lo aveva sentito lamentarsi del freddo e della pioggia. Cercava un posto con il sole e senza rumori, così prese i soldi lasciatigli in dono da una vecchia zia, riuscì a sbarcare in quella che è stata la sua seconda madre, il secondo ventre in cui rifugiarsi per poi rinascere e dove il cordone ombelicale sarà affidato a Marianne, donna dal fisico e dalla bellezza del Nord ma dagli occhi delle malinconie dei tramonti e dei mari del mare del sud.
Cohen scrive e scrive, dorme, mangia (poco) e scrive, ospitato da una coppia di giornalisti australiani. Hydra a quell’epoca era un posto che raccoglieva e accoglieva poeti, pittori e artisti di ogni qualità, anche di chi non ne aveva nessuna in fondo. Bastava saper sognare e Cohen era uno di questi sognatori incalliti, non convinti di sé stessi ma dei loro sogni sì. In fondo Hydra non chiedeva niente, ti costringeva solo a respirare profondamente e ti donava tutto il tempo del mondo, che nel continente fermo invece sembrava non essere mai abbastanza. Ad Hydra invece anche dieci secondi rappresentavano un’eternità. L’eternità nel momento in cui, nel piccolo porticciolo a forma di cavallo, Leonard vede, intravede e spia Marianne con indosso suo figlio Axel (Axel che non avrà la fortuna della stabilità mentale da adulto), che avrà in Cohen una figura paterna in grado di saperlo amare. E accanto a Marianne, suo marito, uno scrittore norvegese come lei, dai facili bicchieri e dalle volgarità sempre pronte.
Dalle urla contro Marianne, che non perdeva mai il controllo. Deve essere stata questa sua forza apparente, questo suo controllo, questa sua statuaria e impeccabile fragilità ad avere attratto Leonard, che da quel momento non avrà altro fine che sognare e progettare come avvicinare quella dea, che lui già sentiva sua e che in fondo lo sarà per sempre. Marianne sarà abbandonata dal marito, con il quale prima viveva in una tipica abitazione greca di pareti bianche e porte azzurre, andando su per Hydra, più verso la collina che verso il mare. Così l’occasione di una spesa davanti al mercato, diventa il momento per il timido Leonard di far sentire la sua voce, affinché nel tempo Marianne potesse riconoscerla e distinguerla da tutti gli altri. E più si nascondeva da lei, più se ne innamorava.
Più lei lo ascoltava più ne rimaneva incantata. Ed è così che comincia l’incanto e la carriera artistica di Leonard Cohen, non come scrittore ma come cantautore. Il loro rapporto è fatto di tempeste e serenità, lui scrive sempre, sta per concludere il suo romanzo Beautiful Losers e accanto ha solo Marianne, che si occupa di lui. Lui la ricambia con la dolcezza e la protezione ed era la protezione che Marianne stava cercando in un uomo e l’aveva trovata in un ragazzo magro e asciutto dagli occhi scuri, dal sorriso contato e raccontato con il contagocce. Lei aveva trovato protezione nelle sue parole, nei suoi versi.
Nei versi che lei era in grado di fotografare e riconoscere per lui e lui, che aveva capito che lei era l’unica custode delle sue capacità, si era lasciato andare alle prime note di una vecchia chitarra che era stata amica e compagna la prima volta sull’isola insieme alla sua valigia. Dance me to the end of love racconta di Hydra, di un luogo che da cornice si è trasformato in quadro e dal quadro è ritornato ad essere cornice, di un amore che è stampato sul cielo che sembra paralizzato, e che si muove ancora con il suono vorticoso delle campane delle chiesa, tra gli asini, che ancora oggi sono l’unico mezzo di trasporto.
Bisognerebbe andare a Hydra per capire questo amore, e non è solo una specie di monito al viaggio o la presunzione di chi ci è stato. Bisognerebbe andare a Hydra, perché Hydra non ti permette di pensare ad altro che non sia tu. Hydra non lascia scampo ai dolori, alle lacrime di cui prima scriveva Cohen, Hydra non lascia scampo nemmeno alla corazza di ferro che ti costruisci per una vita. Hydra non ha la cattiveria di svegliarti al mattino con i suoi rumori, Hydra ti lascia dormire, Hydra ti svuota completamente e ti riempie di quello che è necessario. Hydra ti ridà il beneficio di una seconda pelle. Non è difficile innamorarsi a Hydra, gli sguardi sono pochi, le attenzioni rivolte tutte alle barche e al sole. La timidezza viaggia con lo stesso passo degli asini. Non era difficile ai tempi di Cohen vedere, notare una bellezza talmente lontana dalla realtà, in quell’isola dove se non sei abbronzato sei per lo più ustionato, difficile in realtà era mantenere quell’amore.
Non nel senso stretto del termine perché Cohen, come tutti gli uomini di poca affidabilità e molta conflittualità d’animo, si separerà da Marianne, anche lui in un certo senso la abbandonerà, per poi finire tra le braccia della donna che gli darà due figli. Lui poco incline alla fedeltà anche se Marianne rimarrà forse l’unica fede in cui non ha mai smesso di credere e aggrapparsi. Anche Cohen però sarà brutalmente maschio nello staccarsi da Marianne. Gli strapperà via il sorriso che le aveva donato, le toglierà la protezione di cui lei però si prenderà per sempre cura.
Solo Hydra rimane unica custode anche dopo la fine di tutto l’amore sparso tra le alte e rigide colline e quelle rocce nude da cui tuffarsi. Solo mettendo piede a Hydra, rivedi la mano di lui che tiene il passo di lei, vestiti uguali. Solo Hydra racconta ancora ogni dettaglio del loro eterno amore, dalla luce del giorno fino alla sera. Hydra è un luogo d’amore, un luogo quasi più importante dei due protagonisti. Perché se le persone se ne vanno via, se le persone si lasciano, se le persone lasciano cadere amore dalle loro mani, se le persone muoiono e insieme a loro banalmente anche il loro amore, il luogo invece trattiene tutto. E Hydra è il luogo che ancora oggi trattiene Leonard e Marianne, di quella favola bella, giovane, di un poeta e di una modella che si sono amati, si sono trasformati insieme, si sono separati e che come succede per gli amori veri solo i luoghi riescono a far sopravvivere…
Hydra, si dirà anni dopo, e ancora dopo è dove Leonard Cohen e Marianne Ihlen si sono conosciuti , dove Leonard è diventato il cantautore più importante (insieme a Bob Dylan) e significativo nel mondo delle musica fino ad oggi, dove Marianne ha capito di essere una donna fortissima e il luogo dove riconoscerà la sua vera casa e i suoi veri amici, come nelle cartoline e i suoi pensieri che mai ha fatto mancare fino a che è stata in vita alle persone che lì l’hanno amata e le hanno voluto bene. Leonard e Marianne è una storia finita tanto tempo fa, una storia d’amore bellissima, struggente, una storia d’amore che il destino ha donato a Leonard Cohen, per farlo andare avanti, in quello in cui lui era destinato. Marianne è stata il cuore di Cohen fino alla fine, è lei che gli ha donato tutto, lei gli ha donato i ricordi, e gli ha insegnato come custodirli. Per il resto solo ogni angolo di Hydra sa come quelle mani sin dall’inizio si erano intrecciate da sempre.