Il leader dell’area liberal Pd

Intervista a Enrico Morando: “L’Europa non deve pietire un posto a tavola con Trump, ascolti Draghi”

Di fronte al ciclone Trump “bisogna impegnarsi a riequilibrare i rapporti di forza”. Le elezioni in Germania? “Da riformista dico che sono una catastrofe. Da europeista, vedo luci e ombre”

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

27 Febbraio 2025 alle 08:00 - Ultimo agg. 27 Febbraio 2025 alle 08:46

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Photo credits: Alessia Mastropietro/Imagoeconomica
Photo credits: Alessia Mastropietro/Imagoeconomica

Enrico Morando, leader dell’area liberal del Partito democratico, già viceministro dell’Economia e delle Finanze nei governi Renzi e Gentiloni. Da riformista ed europeista Doc, come legge il voto tedesco?
Da riformista di sinistra, una catastrofe: la Spd è al minimo storico e gli stessi Verdi -che in Germania fanno certamente parte dei partiti riformisti di sinistra- hanno fatto segnare un risultato molto deludente. Da europeista, vedo invece nel risultato luci e ombre. Le luci: i partiti europeisti e difensori dell’Ucraina -Cdu-Csu, Spd e Grünen-, sia pure indeboliti, conservano una maggioranza parlamentare e sono in grado di dar vita ad un governo di coalizione tra popolari e socialdemocratici che non sarà più “grande” (insieme non raggiungono il 50% dei voti e hanno una maggioranza non enorme in seggi), ma potrà contare sulla presenza, nell’opposizione, di un gruppo coerentemente europeista come i Verdi. Non era scontato che accadesse: se la Bsw di Sara Wagenknecht avesse raggiunto il 5% (mancato per un decimale di punto), tutto si sarebbe complicato, obbligando a coalizioni di governo molto più disomogenee di quella che nascerà. E non possiamo dimenticarci di due fatti incontrovertibili: Alternative für Deutschland da mesi, da prima dell’intervento a suo favore di Elon Musk-, era accreditata di un consenso ancora maggiore e avanzava proposte esplicite di dissoluzione dell’Unione, a partire dall’abbandono dell’euro. Sempre in tema di europeismo, bisogna riconoscere che le prime dichiarazioni di Merz sono incoraggianti: “La mia assoluta priorità sarà rafforzare l’Europa il più velocemente possibile in modo da raggiungere, passo dopo passo, una reale indipendenza dagli Stati Uniti”. Una posizione clamorosa, che solo chi vede il dito e non la luna può scambiare per una mera ritorsione polemica nei confronti dell’ingerenza del vicepresidente USA Vance e di Musk nella campagna elettorale a sostegno di AfD. Sono parole talmente impegnative che lo stesso Merz si è detto meravigliato di averle pronunciate con tanta tranquilla determinazione. Coerentemente, Merz si è spinto fino ad ipotizzare un’inedita cooperazione con la Francia e il Regno Unito -paesi dotati di un arsenale nucleare- per difendere l’Europa dall’aggressività di Putin. Merz è un allievo di Schäuble: se è facile prevedere che -in materia di finanza pubblica ed economia-, la convivenza nel futuro governo con i socialdemocratici non sarà facile, è pressoché certo che la collaborazione con la Spd in materia di perseveranza nel sostegno alla resistenza e alla ricostruzione dell’Ucraina, e nello sforzo di rilancio dell’Unione Europea sarà proficua.

Resta il fatto che l’AfD è diventato il secondo partito della Germania. Non è un rischio sottovalutare questo dato?
Infatti, non lo sto sottovalutando. In primo luogo, perché segnala una drammatica divisione del Paese in due parti, lungo un confine -quello tra la Rft e la Ddr- che per fortuna non c’è più nella cartina politica dell’Europa, ma resta ben impresso nell’animo di molti tedeschi. Nei Lander della ex Ddr la supremazia di AfD è netta e generalizzata. Non ho la conoscenza sufficiente per andare molto oltre questa constatazione, ma ho l’impressione che i governi tedeschi-compreso l’ultimo del socialdemocratico Scholz- abbiano parlato di pieno successo dell’integrazione delle “due“ Germanie per esorcizzare la realtà, rifiutandosi di prendere atto della profondità dei problemi aperti: i cittadini dell’est hanno così avuto la sensazione che i due partiti cardine del sistema li avessero destinati al dimenticatoio della storia: una realtà economica, culturale e sociale destinata ad essere superata col tempo, anche senza politiche esplicitamente rivolte a favorire questo superamento. Alla delusione è presto subentrata la rabbia e la frustrazione: benzina per il motore di AfD Mi aspetto che entrambi i partiti di governo -soprattutto la Spd, che ha i cromosomi giusti per operare questa svolta-varino programmi specifici per le popolazioni dell’Est. In loro assenza, la prossima volta, il consenso ad AfD sarà ancora più massiccio. In secondo luogo, AfD non va sottovalutata perché il suo programma esplicitamente antieuropeista fornisce un orizzonte politico-culturale a coloro che pensano che le risposte ai loro problemi -il disagio sociale e culturale provocato dall’immigrazione non governata; il senso di insicurezza diffuso tra i “penultimi“ dall’impressione che gli “ultimi“ (gli immigrati) li abbiano sostituiti nell’attenzione dei partiti di sistema; la percezione di una progressiva perdita di riferimenti culturali tradizionali e, per ciò stesso, di un evaporare della propria identità-, stiano in un ritorno al passato, non nel comune impegno alla costruzione di un nuovo ordine in cui riconoscersi. La Germania ai tedeschi, la Francia ai francesi, l’Italia agli italiani…: sono risposte false, ma se l’Europa esita, non vuole reggere la sfida del suo cambiamento, non si dà strumenti al tempo stesso più efficienti e più democratici per decidere nei tempi richiesti dalle drammatiche rotture che si stanno determinando, beh… è l’Unione stessa che appare chiusa, in mano alle Élite che pensano a se stesse e non al popolo. E anche quando fa scelte coraggiose (Next Generation EU), che vanno nella direzione giusta e rispondono a profonde esigenze popolari (le sofferenze della pandemia), subito i suoi leader si affrettano (in Germania ancora più che altrove) a precisare che: sì, si è fatta una cosa nuova, ma essa rimarrà un’eccezione, non si ripeterà. Ché presto si ritornerà all’usuale. Finendo così per dare ragione -sia pure non volendolo- ai nazionalisti che vendono il sogno del ritorno ad un passato felice. Dunque, se vogliamo andare oltre la intrinseca provvisorietà dei “cordoni sanitari “contro le forze come AfD, altro che sottovalutarle: subito un gruppo di Paesi “volenterosi “per l’Unione di politica estera e di difesa, l’Unione della sicurezza energetica, l’Unione per il governo effettivo dell’immigrazione che ci serve e il contrasto efficace di quella clandestina, che ci indebolisce. Se il governo tedesco sarà tra i promotori di iniziative in questo senso, il più che giustificato allarme suscitato dal risultato di AfD sarà stato il benvenuto.

Si parla di una possibile Grosse Koalition Cdu-Spd, stando a quanto affermato il giorno dopo il voto dal leader della Cdu e prossimo cancelliere Merz.
È una soluzione pressoché obbligata. Qualsiasi alternativa o è la fonte di un aggravamento di tutti i rischi che abbiamo dinanzi (il governo Cdu e AfD), o è la riedizione, con protagonisti diversi e più deboli, del governo tripartito di Scholz. La prima, mi pare si possa già escludere, malgrado in piena campagna elettorale Merz abbia fatto una scelta –il voto con AfD su di una risoluzione parlamentare in materia di immigrazione- che ha giustamente preoccupato molti, suscitando una reazione assai vivace (e positiva) nella stessa Cdu. La seconda sarà evitata, perché tutti i potenziali protagonisti si rendono conto che ne sortirebbe un Governo debole. Quando tutti -i tedeschi, ma anche noi cittadini europei-, abbiamo bisogno che il Governo sia non solo stabile nel tempo, ma anche autorevole, perché non c’è Unione Europea all’altezza delle sfide se la Germania continua con le incertezze di quest’ultima fase. Certo, per la Spd non saranno rose e fiori: saranno difficili sia la scelta di oggi (la decisione di impegnarsi nel governo Merz), sia quelle di domani. Ma tutte le alternative oggi ipotizzabili sono peggiori, per la Spd, per la Germania e per l’Europa.

Quel che è certo è il tracollo della Spd. È solo colpa di Scholz?
Ovviamente no. Ma lui ci ha messo del suo. Gli errori erano cominciati subito, nella campagna elettorale di quattro anni fa, quella che si concluse con un’affermazione della sua Spd. Scholz -vicecancelliere con Merkel- si presentò agli elettori come il più efficace continuatore dell’opera della cancelliera. Peccato che stessero maturando le condizioni per una crisi verticale di quel modello di governo: niente più energia a basso prezzo dalla Russia; difficoltà crescenti per l’economia trainata dall’export; basta con la sicurezza esterna garantita dagli USA. Furono in molti a non vedere il profilarsi all’orizzonte di queste difficoltà? È vero, ma i leader sono davvero tali quando sanno cogliere l’emergere di nuove contraddizioni di fondo, capaci di mettere in discussione le certezze del presente. Del resto, Scholz mostrò di essere consapevole delle novità drammatiche implicite nella brutale aggressione russa all’Ucraina: solo tre giorni dopo, il cancelliere pronuncia un formidabile discorso, in cui annuncia “la svolta epocale“. Se si può affermare -in onore suo e dell’intera Germania- che questo Paese è stato il più generoso contribuente a favore della resistenza Ucraina, bisogna subito aggiungere, purtroppo, che la componente di ricollocazione strategica che quel discorso proponeva è rimasta letteralmente lettera morta. Ora la Spd ha di fronte un duro percorso di ricostruzione. Ha la storia, il radicamento sociale e la leadership diffusa necessari per farcela. Dovrà partire da un congresso in cui decidere linea politica e leadership. Mi sembra di capire che abbia nelle sue fila uno dei politici tedeschi più popolari e più apprezzati, l’ex ministro Pistorius…

Che lezione dovrebbe trarre la sinistra italiana, il Pd, dal voto tedesco?
La sinistra di governo è in gravi difficoltà. I risultati elettorali non sono uguali dovunque: il Labour ha appena vinto nettamente le elezioni e l’intervento che il governo Starmer sta mettendo in atto sulla crisi dei rapporti tra Europa e Stati Uniti di Trump (a partire dalla guerra in Ucraina) testimonia di quanto grande possa essere il suo ruolo. Ma i fattori di difficoltà sono comuni, e si riassumono -per dirla con lo storico Graziosi- nella crescente perdita di rapporto con la realtà economica, sociale e culturale del “popolo “. Troppi, a sinistra, hanno pensato che alle nuove fratture proposte dalla realtà si potesse rispondere con le politiche che tanto successo hanno avuto nei 30 gloriosi del ‘900. “Basterà fare quello che abbiamo sempre fatto, e tutto tornerà come prima“. Non poteva funzionare e non ha funzionato. Così, la realtà, ostile o indifferente alle nostre ricette, l’abbiamo fatta scivolare via lentamente, rifugiandoci nell’ovvio, nel non controverso (siamo per la giustizia sociale…). Oppure nel moralismo (noi siamo diversi…). Che non è fondamento etico della politica. È il suo contrario.

Il ciclone Trump” rischia di spazzare via l’Europa?
Sì, se l’Europa perde tempo a pietire un posto a tavola. Non ce lo concederà in nome di una solidarietà e di una comunanza di interessi e valori che sente di non condividere. No, se ci impegneremo da subito a riequilibrare i rapporti di forza. I Rapporti di Draghi e Letta forniscono indicazioni precise per il nostro cammino. I recenti interventi di Mattarella ci dotano dei principi cui ispirarci. Forza, che il tempo stringe…

27 Febbraio 2025

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