L'europarlamentare pd

“Meloni non può più tenere il piede in due scarpe: scelga se stare con Trump o l’Europa”, parla Matteo Ricci

«Come ha detto Mattarella, l’Ue deve scegliere tra un “vassallaggio felice” e la difesa dei suoi valori: libertà democrazia, pace. Ma questa presa di posizione non c’è stata. Meloni non può più tenere il piede in due scarpe. L’Unione rischia l’irrilevanza, il tempo è poco. Le parole di Draghi non cadano nel vuoto»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

20 Febbraio 2025 alle 08:00

Condividi l'articolo

Photo credits: Giulia Palmigiani/Imagoecoomica
Photo credits: Giulia Palmigiani/Imagoecoomica

Matteo Ricci, europarlamentare PD già sindaco di Pesaro e coordinatore nazionale dei sindaci Dem: Trump snobba l’Europa, l’umilia, e decide di trattare con Putin la fine della guerra in Ucraina, scegliendo l’Arabia Saudita come sede negoziale.
Donald Trump è il Presidente degli Stati Uniti d’America, non è un battitore libero e ogni parola che dice ha un effetto mondiale dirompente. Fin dallo scorso autunno, quando ancora non conoscevamo i risultati elettorali delle presidenziali statunitensi, Trump aveva ben chiarito quale sarebbe stata la sua linea, sia per quel che riguarda le politiche interne – penso ai suoi ordini esecutivi relativi alla gestione dei flussi migratori, per fare un esempio – sia per quel che riguarda il ruolo degli Stati Uniti nello scenario globale. L’inquilino della Casa Bianca si era posto l’obiettivo di una chiusura rapida del conflitto che insanguina il territorio dell’Ucraina. Non era e non è minimamente interessato a quali possano essere le conseguenze, per l’Unione Europea, di una trattativa che veda l’esclusione di fatto della nostra comunità di Stati. Devo dire, con dispiacere, che da mesi ho indicato questo rischio, per l’Europa, come assai probabile: il declino e l’irrilevanza sullo scacchiere internazionale, che vedevo inesorabilmente sopraggiungere. Allo stesso tempo, ho più volte ribadito quale potesse essere, da parte di noi europei, la strada per la doverosa riscossa: più europeismo, più decisione nell’intraprendere un percorso federale. Solo un’Europa forte, federale, unita e ferma nei suoi principi fondanti – democrazia, pace, libertà – può riuscire ad arginare l’avanzare dei sovranismi al di qua dell’Oceano e del trumpismo negli Stati Uniti, che altro non è se non una forma di populismo di stampo conservatore e nazionalista, cui si associa il super-potere ora rappresentato dagli oligarchi tech. Ciò che auspicavo, ad oggi, non è avvenuto ed abbiamo, pertanto, assistito al tentativo operato dal Presidente Emmanuel Macron, con il summit svoltosi a Parigi, di inserire in extremis i leader europei nella trattativa sul futuro dell’Ucraina, mentre a Riad hanno preso il via gli incontri delle delegazioni degli Usa e della Russia e mentre lo stesso Zelensky ribadisce che non è pensabile escludere l’Ucraina dalle trattative. Un evento epocale: da tre anni assistevamo al gelo fra Usa e Russia.

L’Europa come soggetto politico per l’inquilino della Casa Bianca non esiste, è un fastidio, un ostacolo. Va bene se paga i dazi e compra armi americane. Ma per l’Europa vale l’assunto “chi è causa del suo mal…”.
La definizione giusta del contesto che stiamo vivendo, come spesso accade, è arrivata dalle parole lucidissime del nostro Presidente della Repubblica, Sergio Mattarella: l’Europa deve scegliere, al più presto, tra il “vassallaggio felice” e la difesa dei suoi valori precipui: libertà, democrazia, pace. Finora questa presa di posizione non c’è stata, ecco la causa dei mali attuali. Il Capo dello Stato ci ha esortato a divenire protagonisti della storia, senza sottovalutare l’aggressività dei nazionalismi aggressivi odierni, come accadde nel 1939, con l’emergere del nazismo in Germania. Possiamo ben dire che si è trattato di parole previdenti: poche ore dopo abbiamo ascoltato il discorso del Vicepresidente degli Stati Uniti, J.D. Vance, pronunciato a Monaco. Parole gravi ed inaccettabili che colpiscono il cuore stesso dell’Europa, la sua identità fondante. Non è pensabile che un’amministrazione appena insediatasi, dopo aver emesso una serie di provvedimenti lesivi dei diritti fondamentali dei propri cittadini, dia lezioni all’Europa. Se è questa l’idea alla base del Make Europe great again”, lo slogan “MEGA” lanciato da Elon Musk, a commento delle parole di Vance, se la presunta grandezza dell’Europa consiste, secondo il trumpismo, nell’aprire a nuovi nazionalismi, nell’acquistare armi, nel chiudere le frontiere di un continente per sua natura approdo, allora bisogna ribadire con forza che no, noi progressisti, riformisti, europeisti non ci stiamo. Grandezza non è mai isolamento. Grandezza non è mai chiusura. È accoglienza, è apertura, è dialogo.

La presidente del Consiglio, Giorgia Meloni, si è fatta vanto di essere stata l’unica leader europea a presenziare all’ “incoronazione” di Trump. La stampa mainstream le ha ritagliato il ruolo di “facilitatrice” nel rapporto tra Washington e Bruxelles.
Giorgia Meloni tiene a mostrarsi come una statista in buoni e colloquiali rapporti con i grandi del mondo: abbiamo visto, appunto, descriverla sui media come best friend di Ursula von der Leyen, per poi passare ad essere il riferimento italiano ed europeo di Donald Trump. Al netto della propaganda, la Presidente del Consiglio – come vediamo in queste ore, dopo la partecipazione al summit di Parigi – deve scegliere, se stare con l’Europa o con Trump. Un bivio che le è sicuramente ostico e che ci ricorda lo sdoppiamento tra la Meloni di governo e la Meloni di partito, al momento della composizione della Commissione Europea, quando la Meloni di partito volle un esponente di Fratelli d’Italia come commissario, ben sapendo che il programma europeista della Commissione von der Leyen II non era stato votato dal suo partito. Non si può stare così a lungo col piede in due scarpe: Meloni scelga e dia risposte agli italiani. Non c’è più molto tempo, come ha notato in queste ore Mario Draghi. Se non terremo alta la bandiera di un’Europa unita e federale, l’Unione rischia l’irrilevanza.

Sulla carta esiste una Commissione europea. Ma nei fatti?
Nei fatti, il programma della Commissione von der Leyen non convince. La delegazione dem a Bruxelles ha votato a sostegno di questo governo, sia per arginare l’ipotesi di una virata a destra della maggioranza europea, sia per dare un segno tangibile di buona volontà nel portare avanti i temi propri dell’europeismo: investimenti pubblici, spinta al New Deal, doppia transizione – ecologica e digitale – portata a termine quanto prima. Personalmente ho anche, più volte, fatto presente la necessità di rendere strutturale un piano di investimenti pubblici sulla scia di quanto avvenuto durante la pandemia, con il Next Generation EU, basandosi su debito comune europeo. Lo stesso Mario Draghi ne ha ribadito l’urgenza, nel suo discorso all’Eurocamera. Innovazione tecnologica, riduzione dei costi energetici, risposta ai dazi Usa: siamo dinanzi a sfide che richiedono un’azione efficace e rapida. Le sue sagge parole, il suo appello all’unità, non possono cadere nel vuoto. La rapidità con la quale, dopo le elezioni statunitensi, sta mutando lo scenario globale, richiedono che i Paesi membri uniscano i loro sistemi sociali, produttivi, di difesa al più presto. Solo uniti possiamo andare avanti. E il tempo non gioca dalla nostra parte, come ha ribadito Draghi. Velocità, scala e intensità , queste le parole chiave che prendo in prestito dall’ex Presidente della Bce, saranno essenziali per rendere l’Europa competitiva e attrattiva. E sul tema della capacità di attrarre talenti, voglio sottolineare un dato drammatico. La Fondazione Nord Est, nei giorni scorsi, ci ha detto che sono almeno 100mila, nel 2022 e 2023, i giovani che hanno lasciato l’Italia, ovvero una perdita pari a 134 miliardi di capitale umano. Cosa stiamo aspettando, che un’intera generazione molli il Paese?

A proposito di inesistenza su scala globale. L’Europa non ha nulla da dire sul presidente immobiliarista che vuole fare di Gaza una Riviera senza l’ombra di un palestinese?
Diversi Paesi europei si sono espressi nettamente, condannando i deliri del Presidente-immobiliarista. Penso alla Spagna, uno dei Paesi che ha riconosciuto lo Stato di Palestina. Meloni, come abbiamo visto, mantiene un atteggiamento ambiguo, anche dinanzi a sproloqui che mortificano il dolore di un popolo che sta vedendo la distruzione di un intero territorio. Nel contempo, noi deputati abbiamo discusso con il Consiglio e la Commissione le misure da includere nella strategia che l’UE dovrà adottare per il Medio Oriente. Secondo quanto promesso dalla Presidente, all’atto di presentazione della Commissione, l’UE dovrà garantire un impegno attivo nell’area del Medioriente. Da dem e membro del Gruppo S&D, ho condannato l’ignobile proposta di Trump e mi auguro che l’Europa passi al più presto a rivendicare il suo ruolo di naturale paciere in Medioriente e non solo.

Domenica la Germania va al voto. Tira una brutta aria per la sinistra.
Secondo fonti della Cdu del favorito, Friedrich Merz, come ha riportato il quotidiano “Handelsblatt”, i conservatori stanno preparando colloqui preliminari sia con il Partito socialdemocratico (Spd) di Scholz che con i Verdi. Il punto dirimente sarebbe la gestione dei flussi migratori, giacché i conservatori chiedono – come precondizione alla nascita di una grande coalizione – un accordo per limitare l’immigrazione irregolare, senza i voti dell’AfD. Lo stesso socialdemocratico Scholz ha dichiarato di ritenere una priorità il tema dell’immigrazione irregolare, mentre i Verdi hanno mostrato apertura all’ipotesi di coalizione. Anche il discorso del Vicepresidente Usa Vance ha battuto sul tema dei migranti, ma è stato un endorsement di fatto all’estrema destra, ottenuto pungolando gli ascoltatori su temi propri dei sovranismi e nazionalismi: difesa del territorio, lode all’identità nazionale, paura del diverso. Se dovessero prevalere queste istanze, gli spazi per la sinistra sarebbero risicati. Voglio ricordare il monito del nostro Capo di Stato: non voltare la testa, come accaduto già una volta, nel 1939, all’emergere del nazionalismo in Germania.

20 Febbraio 2025

Condividi l'articolo