Il risultato tedesco
Intervista ad Angelo Bolaffi: “Ultima chiamata per la Germania, ultima speranza per l’Europa senza neonazisti”
«Se il governo che Merz formerà non risponderà ai problemi e ai bisogni reali dell’elettorato, la prossima volta al cancellierato arriverà l’Afd: dobbiamo esserne consapevoli. Per l’Spd una catastrofe, il chiarimento interno potrebbe essere traumatico»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli

La Germania dopo il voto. Per coglierne appieno la portata e le ricadute sull’Europa, abbiamo “bussato alla porta” di un’autorità nel campo: Angelo Bolaffi. Filosofo della politica e germanista, ha insegnato Filosofia politica all’Università «La Sapienza» di Roma, dal 2007 al 2011 è stato direttore dell’Istituto di cultura italiana a Berlino. È membro della Grüne Akademie della Böll Stiftung di Berlino e del direttivo di Villa Vigoni “Centro italo-tedesco per l’eccellenza europea”. È autore di numerosi saggi.
Professor Bolaffi, intanto i risultati definitivi. Cdu-Csu 28,52% (208 seggi); AfD 20,8 (152); Spd 16,41% (120); Grüne 11,61% (85); Die Linke 8,77 (64); Ssw 0,15% (1). Fuori per un 0,1% la Bsw di Sahra Wagenknecht e i liberali. Come esce la Germania dal voto?
Ne esce come tutti gli altri Paesi europei, l’Italia, l’Olanda, la Francia. C’è una frammentazione del voto politico, le forze europeiste, liberaldemocratiche, reggono ma non vincono. E questo nel momento più difficile per la Germania, per l’Europa e per i rapporti transatlantici. Si apre una fase di grande interesse, certamente, ma dovremo vedere se il prossimo cancelliere Friedrich Merz, sarà in grado, come ha promesso nella conferenza stampa di domenica sera, di formare rapidamente un governo capace di dare risposte a livello europeo, di guidare l’Europa dopo il silenzio assordante del cancelliere uscente, Olaf Scholz, e soprattutto di rispondere non solo e tanto alle provocazioni di Musk o di Vance, ma alla sfida aperta di Trump.
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Il secondo partito della Germania, con il 20,8%, è Alternative für Deutschland.
È una magra consolazione il fatto che la l’AfD non ha avuto quel successo che negli ultimi giorni precedenti il voto, temeva, dopo l’endorsment di Musk, del vicepresidente americano Vance e soprattutto dopo l’ultima serie di attentati. Ma questa, ripeto, è una magra consolazione, come lo è il fatto che per uno 0,1 il movimento di Sara Wagenknecht non sia entrato nel Bundestag. Dobbiamo essere consapevoli, e questo mi pare che sfugga in molte analisi a caldo che ho ascoltato e letto, che se il governo che Merz formerà, come e quando lo vedremo, non risponderà ai problemi reali che stanno dietro alle paure, alle attese, ai bisogni espressi dall’elettorato, la prossima volta il governo lo farà l’AfD e al cancellierato arriverà Alice Weidel. Questo dobbiamo saperlo. Come del resto sta rischiano di avvenire in Austria, come è avvenuto in Italia, come è possibile che succeda in Francia. Non è che la Germania stia dall’altra parte della luna. Ad accentuare una riflessione pessimistica, c’è lo sbandamento del più vecchio, storico, partito europeo, cioè la Spd.
La Spd, per l’appunto. Come definirlo, professor Bolaffi: una bruciante sconfitta, o ancora peggio un tracollo storico?
Una catastrofe. Come è stata una catastrofe il cancelliere Scholz. L’unica luce all’orizzonte, per quanto flebile, è che Scholz si tolga di mezzo. Lui ha già detto, come del resto Christian Lindner, ex ministro delle Finanze e leader dei Liberali rimasti fuori dal Parlamento, – la carriera politica è finita. Lindner non entra proprio nel Bundestag, Scholz probabilmente proseguirà nell’anonimato di un deputato di seconda fila. Questo impone alla Spd una scelta…
Quale?
Un chiarimento interno che potrebbe essere anche molto traumatico. Non va dimenticato che il catastrofico risultato del partito, è frutto anche da uno scontro interno alla Spd, ad una indecisione di Scholz che non ha saputo scegliere con determinazione ma ha galleggiato. Faccio solo un esempio. La Germania tra i Paesi europei, anche tenendo conto delle sue dimensioni e della sua forza economica, è stato quello che, dopo gli Stati Uniti, ha offerto il maggiore sostegno materiale, in armamenti ed economico, all’Ucraina. Ma Scholz non ha mai detto una parola decisiva sulla guerra. Mai. Anzi, si è contrapposto a quello che oggi è il politico, e qui è l’elemento di speranza, più amato oggi in Germania, vale a dire l’ex ministro della Difesa, socialdemocratico, Boris Pistorius, che probabilmente giocherà un ruolo fondamentale, per la Spd, nella formazione del nuovo governo. Ma questo dovrà essere deciso dal Partito. E nella Spd c’è un’ala “scholziana” che dovrà schierarsi, accettare o sbarrare la strada. Formare il governo, non sarà faticoso soltanto per Merz ma sarà faticoso, e non indolore, per la Spd decidere da che parte stare.
C’è da aggiungere che nel momento è evidente che si andrà verso scelte drammatiche, a ragione del budget fiscale, per motivi legati ad un probabile aumento delle spese per la difesa e quant’altro, a rendere ancora più difficoltoso il cammino della Spd c’è il fatto che dovrà fare i conti con un competitor alla sua sinistra, quella Die Linke che, con la Afd, è il partito che ha registrato il maggior successo nel voto federale. E questo nel momento in cui bisognerà fare scelte molte complicate, anche dal punto di vista ideologico oltreché materiale, su dove investire e soprattutto sulle spese militari e sull’Ucraina, tutto questo non c’è dubbio che porrà la Spd di fronte a decisioni per certi versi epocali. Questo complica ulteriormente il quadro. E qui torno a letture del voto che hanno inteso addolcire troppo l’amara pillola. È vero che l’Afd non ha sfondato come si temeva, è vero che Merz riuscirà alla fine a formare un governo, ma dobbiamo sapere che questo dal punto di vista sistemico, per la Germania e l’Europa è stato il peggior risultato possibile, anche se….
Anche se, professor Bolaffi?
Anche se la Germania resta l’ultima speranza. Macron è in difficoltà palese. È vero che abbiamo governi più o meno stabili in Italia e in Polonia, che sull’Ucraina sono sulla stessa linea e che, ambedue, hanno un atteggiamento di attesa verso l’America di Trump. Ripeto anche oggi, dopo il voto, quello di cui sono sempre stato convinto: non esiste Europa contro o senza la Germania. La Germania di Scholz ha fatto mancare la sua voce in Europa, e soprattutto non è riuscita a dare seguito alla promessa della Zeitenwende, la svolta epocale, declamata da Scholz nel suo famoso discorso del 27 febbraio 2022 (ricordiamo che oggi, ieri per chi legge) ricorre il terzo anniversario dell’attacco russo all’Ucraina. Tre giorni dopo, Scholz fa il discorso della Zeitenwende. Un discorso molto bello che però è rimasto tale. Oggi è il momento del “hic rhodus, hic salta”. Se lo fa, la Germania, ce la facciamo. Altrimenti per l’Europa si apre tutta un’altra storia che per ora lasciamo come una pagina non scritta ma che certamente sarà molto problematica per l’Europa e per la Germania.
Che lezione dovrebbe trarre la sinistra europea, e quella italiana, dal voto tedesco, e dalla “catastrofe” della Spd?
Il vecchio bagaglio ideologico su cui la sinistra europea è rinata dopo la Seconda guerra mondiale, pace garantita dagli Stati Uniti, welfare per tutti e difesa dei diritti, quell’epoca è finita. Noi siamo, e nel dirlo so di toccare un precedente storico drammatico, in qualche modo nella situazione in cui si trovò la sinistra storica all’inizio della Prima guerra mondiale, quando la sinistra, in Germania, si spaccò sui crediti di guerra, l’atteggiamento verso la guerra. Sappiamo che una parte della sinistra divenne estrema destra, Mussolini non veniva dall’area dei conservatori. Si apre una nuova pagina per l’Europa e in essa per la sinistra. Sarà la sinistra capace oggi di ripensarsi? Da questo punto di vista, vorrei sottolineare, per tornare al voto tedesco, un dato generazionale che a me appare di grande interesse.
Di cosa si tratta?
I giovani tedeschi, che pure erano stati in prima fila negli anni scorsi sui temi ecologici, votando la Linke e molto meno il partito che era stato da sempre il partito dei giovani, i Grünen, sembrano attualmente essere più preoccupati della crisi sociale che di quella dell’ambiente. Cosa comprensibile ma che pone delle domande. Nel senso che il tema dell’ambiente, della sua difesa, sia scomparso, probabilmente sono emerse altre priorità, e questo pone comunque altri problemi. E li pone non solo alla Spd ma anche al partito dei Verdi, che probabilmente sarà chiamato a fare una scelta: se entrare o non entrare nel governo Merz, stare all’opposizione e con quale profilo. Non è il solo Merz ad avere un problema. Tutti i partiti devono ridefinire se stessi. E questo complica lo scenario. L’unico partito che è sicuro, nel suo gergo, è l’AfD, che continua battere in maniera ossessiva sugli stessi temi, convinti che la storia vada dalla loro parte. Non è detto ma il rischio c’è.
In precedenti nostre conversazioni, lei non ha fatto mancare critiche sullo spessore politico del leader della Cdu e candidato cancelliere. Merz sarà all’altezza delle sfide che attendono la Germania, e per il peso tedesco, l’Europa?
Presentando, tre settimane fa, un ordine del giorno in Parlamento sul tema dell’immigrazione e accettando su di esso il voto dell’AfD, Merz ha fatto una mossa incauta, che ha anche pagato elettoralmente. Un errore capitale. Perché non ha ottenuto un voto in più da destra e ha perso sicuramente dei voti che potremmo definire “merkeliani”. Lì si è dimostrato incauto. D’altro canto, però, sappiamo che Merz viene da una scuola politica europeista, che è quella dell’ex ministro Schäuble, che fu un grandissimo ministro, braccio destro di Khol, che Habermas definì il più europeista dei democristiani. Questo potrebbe essere un marchio di fabbrica di garanzia. Lo sapremo presto. Se Merz riuscisse a formare un governo in quattro settimane, sarebbe già un primo passo importante. Se invece si imbarca in una trattativa che dura 6 mesi, in tempi come questi, parliamo d’altro.