La responsabile esteri Anp
“Per aiutare la pace l’Italia riconosca la Palestina”, colloquio con Varsen Aghabekian Shahin
La responsabile esteri dell’Autorità nazionale palestinese a Roma per i funerali del papa. “Fino all’ultimo giorno il suo pensiero è andato alla martoriata popolazione di Gaza. Non lo dimenticheremo mai”. “L’impunità di Israele porta solo altra violenza. Temiamo che la Cisgiordania diventi come Gaza”
Esteri - di Umberto De Giovannangeli

Determinata, combattiva, è considerata uno dei dirigenti in ascesa nella leadership palestinese: è Varsen Aghabekian Shahin, ministra degli Esteri dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), la prima palestinese di origine armena ai vertici governativi dell’Anp, già presidente dell’Università al-Quds di Gerusalemme.
A Roma per presenziare ai solenni funerali di Papa Francesco, la ministra palestinese è tornata con l’Unità su questioni politico-diplomatiche di stringente attualità. A partire dall’annuncio del presidente francese Emmanuel Macron della volontà della Francia di riconoscere, entro giugno, lo Stato di Palestina. “Sarebbe un passo nella giusta direzione – rimarca Shahin – in linea con la difesa dei diritti del popolo palestinese e della soluzione dei due Stati”. Poi l’appello all’Italia: “Riconoscere lo Stato di Palestina sarebbe un incoraggiamento agli sforzi di pace in atto”. “Se non sei per una soluzione a due Stati, quali altre soluzioni ci sono? – aggiunge Aghabekian- Quali sarebbero i parametri di questo Stato unico? Gli israeliani accetteranno di vivere in uno Stato unico, dove a un certo punto gli arabi, i musulmani e i cristiani saranno la maggioranza? Uno Stato fondato sulla supremazia ebraica sarebbe nient’altro che lo Stato dell’apatheid”.
La “soluzione a due Stati”
Gli appelli per una “soluzione a due Stati”, con uno Stato palestinese accanto a Israele, si sono moltiplicati dall’inizio della guerra a Gaza. A oggi, quasi 150 Paesi riconoscono lo Stato palestinese, di cui 146 sono Paesi membri delle Nazioni Unite. Tra questi non c’è l’Italia, la maggior parte dell’Europa occidentale e gli Stati Uniti che ad aprile 2024 hanno usato il loro veto al Consiglio di Sicurezza dell’Onu per impedire la richiesta palestinese di diventare uno Stato membro a pieno titolo delle Nazioni Unite. La ministra dell’Anp si sofferma sul presente: “La realtà – ci dice – è che Israele ha violato il cessate il fuoco fin dal primo giorno. Voglio ricordarti che, dopo il 19 gennaio, quando è entrato in vigore il cessate il fuoco, Israele ha ucciso in media tre palestinesi ogni 24 ore. Ogni giorno ci sono omicidi e bombardamenti di palestinesi nella Striscia di Gaza. Solo martedì, sono stati uccisi più di 400 palestinesi e ne sono stati feriti 600. Questi crimini di guerra contro la nostra gente fanno parte del piano di Netanyahu e del suo governo di prolungare il più possibile questa guerra genocida. Questo per permettere a Netanyahu di restare al potere e dare l’illusione che continuare gli attacchi massicci sulla Striscia di Gaza porterà la pace nella regione. Ciò che questo fa a Israele e ai popoli della regione è uccidere sempre più persone ogni giorno. Le uccisioni quotidiane e la distruzione di massa non porteranno mai la pace in Israele. Sta solo cercando di prolungare il suo tempo al potere e quello del suo governo di estrema destra”.
“Quello che si può e si deve fare è fermare questa guerra genocida – insiste la ministra -. ‘L’impunità di cui Israele gode da tanto tempo porta solo a più violenza. E oggi, a Gaza, vediamo solo distruzione e morte di altri civili. È ora di dire basta e fermare questa aggressione, questa guerra genocida che ogni giorno diventa più brutale a Gaza- La situazione a Gaza è semplicemente disastrosa. La crisi umanitaria ha raggiunto livelli senza precedenti nella storia recente. Migliaia di persone sono state uccise o ferite, tantissime sono ancora sotto le macerie e interi quartieri sono ridotti a un cumulo di macerie. Oltre il 90% della popolazione di Gaza è stata sfollata. La gente soffre la fame, non ha acqua pulita e non ha un posto sicuro dove andare. Gaza è praticamente invivibile, i servizi di base e le infrastrutture sono distrutti. La portata reale della distruzione e delle sofferenze sarà chiara solo dopo la guerra, quando le organizzazioni umanitarie potranno accedere alla Striscia di Gaza e valutare la situazione in modo completo. Ma già adesso è chiaro che la devastazione è enorme e avrà conseguenze a lungo termine per la popolazione locale e il suo futuro”.
Il piano di Trump
Quanto all’ipotesi avanzata dal presidente degli Stati Uniti Donald Trump di una evacuazione dei palestinesi, Aghabekian. taglia corto: “Qualsiasi espulsione o spostamento dei palestinesi sarà combattuto con forza da tutti i palestinesi, sia che si tratti di spostamenti forzati o volontari. Perché in realtà non esiste nulla di volontario. Quando rendi la vita così difficile alle persone, queste se ne vanno, in cerca di un futuro migliore. Ma sono costrette a farlo. Le posso assicurare che ogni palestinese vorrebbe restare nella propria terra e resistere allo sfollamento”. Cosa dovrebbe fare la comunità internazionale per porre fine ai bombardamenti a Gaza? Le chiediamo. “Vogliamo che Israele rispetti le norme della Corte internazionale di giustizia (CIJ), la massima autorità giuridica al mondo – risponde la ministra – La Corte è stata molto chiara sull’illegalità dell’occupazione e sulla necessità di porvi fine entro 12 mesi. Tutti i Paesi che amano la libertà chiedono il rispetto di queste norme. È ora di dare potere e aiutare lo Stato palestinese a rafforzare la sua presenza sul campo. Ci sarà anche una conferenza di pace a New York che parlerà del riconoscimento dello Stato palestinese e del suo empowerment. Ci saranno anche iniziative per aiutare a ricostruire Gaza”.
E al tycoon ribatte: “È davvero bello ricostruire Gaza come una riviera, ma con la sua gente dentro. Che diventi una riviera, ma per la sua gente, che soffre da così tanto tempo e merita che il suo posto diventi una riviera piuttosto che un luogo assediato che puzza di morte”. “Ribadiamo – aggiunge la responsabile della diplomazia dell’Anp – che la Striscia di Gaza fa parte dei territori palestinesi occupati e che lo Stato di Palestina ha la giurisdizione legale e politica sulla Striscia e su tutti i territori palestinesi occupati dal 1967, compresa Gerusalemme Est”, ha detto. “Non accetteremo qualsiasi tentativo di tagliare fuori parti del nostro territorio o di spostare la nostra gente, perché è contro il diritto internazionale e le regole stabilite dalla comunità internazionale”.
Quanto al 7 ottobre, la ministra annota: “La domanda che dovrebbe essere posta è cosa deve fare Israele per evitare che si ripeta un altro 7 ottobre. Gli attacchi come quelli del 7 ottobre e il continuo circolo vizioso della violenza possono essere evitati solo se finisce l’occupazione. Il 7 ottobre 2023 non è nato dal nulla: è il risultato di decenni di oppressione, occupazione, violazioni sistematiche dei diritti, blocco di Gaza, povertà e privazioni imposte al popolo palestinese. Senza una soluzione vera e duratura del conflitto israelo-palestinese e la fine dell’occupazione, le condizioni che hanno portato a questo tragico evento continueranno a esistere. Per questo, lo ripeto: l’unica soluzione possibile è la creazione di uno Stato palestinese che viva in pace e sicurezza accanto a Israele, con il rispetto reciproco dei confini e della sovranità di ciascuno Stato. Solo con un quadro del genere possiamo rompere il ciclo di violenza e creare un futuro di convivenza e stabilità”.
La situazione in Cisgiordania
Non meno drammatica è la situazione in Cisgiordania. “Quello che ci spaventa – dice Aghabekian. – è che la Cisgiordania diventi come Gaza, cioè che il modello usato nella Striscia di Gaza, con attacchi brutali e atroci, venga usato anche in Cisgiordania”. “Non c’è nessun partner per la pace da parte israeliana- annota amaramente la ministra – Non abbiamo visto nulla sul campo che ci dia un barlume di speranza. L’unico momento in cui la guerra finirà sarà quando la comunità internazionale dirà basta e Israele non sarà più trattato come uno Stato al di sopra della legge”, Speranza. Parola che riecheggia più volte nella nostra conversazione. “Se ai palestinesi non venisse concessa alcuna speranza per il futuro, il risultato sarebbe terribile – sottolinea la ministra. Se non ci fosse alcuna speranza, si assisterebbe a un aumento dell’estremismo”. “Ma se si facesse una promessa di un futuro diverso, potremmo perdonare. Se si raggiungesse un accordo, i palestinesi potrebbero guardare al futuro con speranza anziché rivolgere lo sguardo al passato, alla sofferenza che è stata loro inflitta. Se ti viene dato qualcosa per cui vale la pena vivere, allora non dimentichi, ma potresti perdonare Israele per il momento, perché c’è un futuro. Ma se non c’è un orizzonte, se non c’è un futuro, allora siamo condannati”.
Infine, un ricordo di Papa Francesco: “Il Papa ha parlato molto dei diritti dei palestinesi, dei nostri diritti, e della necessità di costruire la pace in Medio Oriente. Per noi, Papa Francesco è una persona che ricorderemo e che tramanderemo ai nostri figli. Fino all’ultimo giorno il suo pensiero è andato alla martoriata popolazione di Gaza. Non lo dimenticheremo mai. Il suo appello è rimasto inascoltato, così come l’appello del mondo intero: se non si fa nulla e tutto prosegue con l’impunità che stiamo vedendo altri civili saranno uccisi. Questo è uno spreco così grande. Ogni giorno assistiamo a massacri del popolo palestinese e a nient’altro che all’uccisione di altri civili”, conclude la ministra degli Esteri palestinese.
Un “nuovo inferno” si è scatenato su Gaza dopo la ripresa della guerra nei territori palestinesi. Lo ha detto il direttore generale del Comitato internazionale della Croce Rossa, Pierre Krahenbuhl. “Gaza sta vivendo e sopportando morte, feriti, sfollamenti multipli, amputazioni, separazioni, sparizioni, fame e negazione di aiuti e dignità su larga scala, e proprio quando l’importantissimo cessate il fuoco ha portato le persone a credere di essere sopravvissute al peggio, si è scatenato un nuovo inferno”, ha affermato Krahenbuhl a Doha durante una conferenza sulla sicurezza. L’Agenzia delle nazioni Unite per i rifugiati palestinesi, Unrwa, ha esortato Israele a togliere l’assedio totale a Gaza lungo ormai quasi due mesi. “La gente a Gaza è stata gettata in un ciclo di violenza e privazioni mortali” si legge in un post dell’Agenzia. “Dal 2 marzo le autorità israeliane hanno bloccato l’ingresso degli aiuti umanitari e delle forniture commerciali nella Striscia di Gaza”, ha ricordato Unrwa, “dalla fine del cessate il fuoco il mese scorso, le attività militari e le ostilità si sono intensificate. Centinaia di civili sono stati uccisi e feriti. L’assedio deve essere tolto”. Il ministero della Salute di Gaza afferma che 2.151 persone, tra cui 732 bambini, sono state uccise da quando Israele ha rotto la tregua il 18 marzo.