La proposta

Cos’è la soluzione dei due stati, le trattative e i fallimenti degli accordi tra Israele e Palestina

La prima proposta avanzata nel 1937 dalla Commissione Peel, voleva dividere il territorio in tre settori. L'ex premier Yair Lapid si era detto favorevole all'Onu "a patto che la Palestina non diventi uno stato del terrore"

Esteri - di Redazione Web

15 Ottobre 2023 alle 20:01

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Cos’è la soluzione dei due stati, le trattative e i fallimenti degli accordi tra Israele e Palestina

Sempre ripescata, costantemente citata, per tanti comunque fallita, la soluzione dei due Stati. Tra gli ultimi a ritirarla in campo il Segretario di Stato Vaticano Parolin. L’ex premier israeliano Yair Lapid all’Assemblea Generale dell’ONU nel 2022 si era detto favorevole alla “soluzione dei due stati” per mettere un punto alle tensioni tra israeliani e palestinesi, “a patto che la Palestina non diventi uno stato del terrore”. Il presidente si era attirato le critiche sia delle opposizioni che del suo partito.

Della “Soluzione dei due Stati” si parla dal 1937, da quando venne proposta dalla Commissione Peel su mandato della Gran Bretagna. Lo Stato ebraico ancora doveva nascere, nel 1948, e il territorio era occupato dai britannici dopo la dissoluzione dell’impero ottomano. La proposta mirava a dividere il territorio in tre settori: quello arabo, che comprendeva Gaza, Hebron e Jenin fino a nord; quello israeliano, da Tel Aviv al confine siriano; quello cone le città di Gerusalemme e Nazareth sotto mandato britannico. La controparte araba rifiutò la proposta.

Il “Piano di partizione” in tre settori venne proposto dalle Nazioni Unite nel 1947 con la separazione dei territori palestinesi della Striscia di Gaza e la Cisgiordania, nota come West Bank. Lo Stato arabo rifiutò anche questa volta rigettando la divisione dei territori palestinesi. Nel 1948 finì il mandato britannico, nacque lo Stato ebraico ed esplose la guerra arabo-israeliana. Per i palestinesi fu l’iizio della “Nakba”, la grande tragedia, con la fuga di 711.000 persone da quei territori. Dopo la Guerra dei sei giorni, del 1967, una prima indicazione che l’Organizzazione per la liberazione della Palestina (OLP) potesse essere a favore della “soluzione due Stati” venne formulata da Said Hamami negli anni ’70.

Gli Stati Uniti rigettarono con veto la risoluzione avanzata dal Consiglio di Sicurezza dell’Onu che proponeva una soluzione che riportasse ai confini precedenti alla Guerra dei sei giorni. Washington era favorevole alla creazione dei due Stati ma con gli stessi a discuterne i confini. Dopo la prima Intifada alla fine degli anni ’80 e la dichiarazione di indipendenza della Palestina si arrivò agli Accordi di Oslo del 1993, che dividevano in tre aree amministrative i territori della Striscia di Gaza e della Cisgiordania: una sotto il pieno controllo palestinese, una sotto il controllo civile palestinese e israeliano per la sicurezza, una per il pieno controllo israeliano eccetto che sui civili palestinesi.

Proprio i confini sono l’oggetto del contendere: se da una parte ce chi insiste per tornare alle posizioni precedenti alla Guerra dei sei giorni, dall’altra c’è chi ha creato degli insediamenti e non ha voluto abbandonarli. Altra contesa è sulla città di Gerusalemme, centro capitale di tre culture e religioni. Lo Stato ebraico ha annesso la parte est della città e anche qui, oltre che in Westbank, sono state costruite barriere. Per anni osservatori ed esperti hanno descritto come impraticabili soluzioni alternative a quella dei due Stati, che però al momento appare altrettanto fallimentare se non caratterizzata da una costante e violenta tensione. Un vero e proprio accordo non è mai stato raggiunto. Fallite sia le trattative di Camp David sia quelle della Conferenza di Annapolis.

15 Ottobre 2023

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