L'incontro alla Casa Bianca
Cisgiordania in fiamme, Netanyahu rade al suolo Jenin e da Trump riceve armi e abbracci
Al centro dell’incontro la fase 2 della tregua a Gaza, ma soprattutto quel che più interessa al tycoon: la normalizzazione dei rapporti tra Israele e l’Arabia Saudita, questioni di affari più che di geopolitica. Intanto continuano i raid israeliani su Jenin, uccisi due soldati dell’Idf nell’attacco a un posto di blocco
Esteri - di Umberto De Giovannangeli

Attacchi ai checkpoint. Assalti a sedi Onu. Pogrom nei villaggi. Jenin spianata come Gaza. La Cisgiordania esplode, mentre a Washington Benjamin Netanyahu abbraccia il suo amico presidente degli Stati Uniti, Donald Trump.
«Il fatto che Benjamin Netanyahu sia il primo leader straniero alla Casa Bianca dimostra che il presidente Trump continuerà a schierarsi fermamente con Israele e che è impegnato con tutto il cuore a garantire che tutti gli ostaggi ritornino a casa», rimarca la portavoce della Casa Bianca Karoline Leavitt parlando con i giornalisti. Detto fatto. L’amministrazione Trump ha chiesto ai leader del Congresso di approvare nuovi trasferimenti per circa un miliardo di dollari in bombe e altro materiale militare a Israele: lo scrive il Wall Street Journal, citando dirigenti statunitensi a conoscenza del dossier. Le vendite di armi pianificate includono 4.700 bombe da 1.000 libbre (450 kg), per un valore di oltre 700 milioni di dollari, nonché bulldozer blindati costruiti da Caterpillar, per un valore di oltre 300 milioni di dollari.
In attesa di riabbracciare Trump, Netanyahu si è portato avanti con il lavoro incontrando l’altro ieri a Washington Elon Musk. Durante l’incontro, riferisce Ynet, i due hanno discusso di come rafforzare la cooperazione tra Israele e gli Stati Uniti nel campo dell’intelligenza artificiale. All’incontro ha partecipato anche David Sacks, che supervisiona le aree della criptovaluta e dell’intelligenza artificiale nell’amministrazione. È il terzo incontro di Netanyahu con Musk, che ha ospitato il premier israeliano presso lo stabilimento Tesla in California circa un anno e mezzo fa e ha visitato Israele dopo il 7 ottobre.
L’incontro tra Trump e Netanyahu avviene alle 16 ora locale (le 22 in Italia). Prevista una conferenza stampa congiunta intorno alle 17 (le 23 in Italia). Stando ad anticipazioni di fonti americane e al seguito del premier israeliano, l’incontro nello Studio Ovale sarà incentrato sulla seconda fase della tregua a Gaza e, in prospettiva, su ciò che interessa di più al tycoon: la normalizzazione dei rapporti tra Israele e Arabia Saudita. Questione di affari più che di geopolitica. Trump e Netanyahu vanno a braccetto anche nella “guerra” alle agenzie e istituzioni Onu. Confermato lo stop dei fondi americani all’Unwra, dopo la sospensione decisa da Joe Biden, e l’uscita degli Stati Uniti dal Consiglio per i diritti umani dell’Onu che l’amministrazione americana ha accusato di faziosità nei confronti di Israele.
Così come c’è pieno accordo sul “ripulire Gaza”. Dai palestinesi. Donald Trump pensa che sia «impraticabile» rendere Gaza di nuovo abitabile per almeno i prossimi 10-15 anni. Lo ha detto un alto funzionario dell’amministrazione, parlando con i giornalisti prima dell’incontro tra l’inquilino della Casa Bianca e il premier israeliano, secondo quanto riporta il sito del Washington Post. «Il presidente Trump guarda la Striscia di Gaza e vede un sito di demolizione», ha aggiunto la fonte della Casa Bianca, riferendosi in questo modo alle distruzioni provocate dai bombardamenti israeliani in cui sono morti oltre 61mila palestinesi. «Crede che sia inumano costringere le persone a vivere lì», ha poi aggiunto, parlando in questi termini del 90% per cento della popolazione di Gaza che dall’inizio della guerra, dopo gli attacchi di Hamas del 7 ottobre 2023, sono stati costretti a lasciare le loro case, e spostarsi in alcuni casi anche 10 volte, secondo i dati dell’Onu. Il funzionario non ha risposto però a domande riguardo all’idea espressa più volte da Trump di spostare i palestinesi di Gaza in Egitto e Giordania, proposta che entrambi i Paesi hanno pubblicamente rifiutato.
Ma la “pratica-Gaza” è ormai secondaria nella visione del premier israeliano e, soprattutto, dell’estrema destra che lo sostiene. L’obiettivo dichiarato della destra messianica è quello di trasformare la Cisgiordania nello “Stato dei coloni” (oltre 700mila tra la West Bank e Gerusalemme Est). Non importa il prezzo di sangue da pagare. Tanto non riguarda i fanatici propugnatori di “Eretz Israel” e la destra ultraortodossa i cui giovani sono ancora oggi, in massima parte, esentati dal servizio militare. Sono morti i due soldati israeliani rimasti feriti gravemente nell’attacco di ieri mattina contro un posto di blocco vicino al villaggio di Tayasir, nel nord della Cisgiordania: lo ha reso noto l’esercito (Idf), come riporta il Times of Israel. L’attacco “è una risposta alla escalation dell’aggressione israeliana in Cisgiordania”. Lo ha dichiarato il portavoce di Hamas Abdul Latif Al-Qanou commentando la sparatoria costata la vita a due soldati israeliani e affermando che “il nostro popolo ha diritto a difendersi”.
Le Idf hanno risposto al fuoco dell’aggressore palestinese, uccidendolo. “Il mancato riconoscimento delle responsabilità dell’occupazione e il silenzio internazionale incoraggiano l’occupazione a commettere una guerra di sterminio in Cisgiordania, simile a quella condotta nella Striscia di Gaza”, ha aggiunto l’esponente di Hamas. I leader delle organizzazioni dei coloni israeliani in Cisgiordania chiedono l’annessione degli insediamenti e la fine del rilascio dei prigionieri palestinesi dopo la sparatoria di ieri e sullo sfondo dell’accordo in corso per il rilascio degli ostaggi tra Israele e Hamas. Lo riporta il Times of Israel. “Il governo israeliano ha il dovere di sconfiggere in modo decisivo il terrorismo arabo e di annunciare l’applicazione della sovranità israeliana in Cisgiordania, che impedirà l’istituzione di uno stato terroristico nel cuore del paese”, afferma il Consiglio Yesha, organismo che rappresenta le autorità municipali degli insediamenti in Cisgiordania.
Si tratta su Gaza, si muore in Cisgiordania
Il campo profughi di Jenin sta andando in una «direzione catastrofica»: lo ha dichiarato l’Unrwa, l’agenzia Onu per i rifugiati palestinesi, dopo che una nuova operazione militare israeliana ha raso al suolo diversi edifici. La portavoce dell’Unrwa Juliette Touma ha detto ai giornalisti a Ginevra che ampie parti del campo sono state «completamente distrutte in una serie di detonazioni da parte delle forze israeliane». Durissima è la presa di posizione di Amnesty International, che in un comunicato afferma: “L’esercito israeliano ha lanciato una massiccia operazione militare nella Cisgiordania occupata, che sta avendo per obiettivo diverse città, tra le quali Jenin, Tulkarem, Nablus e Tubas, dove centinaia di soldati hanno effettuato ripetute incursioni appoggiati da jet da combattimento, droni e bulldozer”.
“Questo attacco militare coordinato nella Cisgiordania occupata fa seguito all’escalation, negli ultimi mesi, delle uccisioni illegali da parte delle forze israeliane e metterà in pericolo altre vite palestinesi. Dall’ottobre 2023 in Cisgiordania, Gerusalemme Est compresa, c’è stato un terribile aumento della violenza mortale da parte delle forze israeliane e degli attacchi dei coloni, sostenuti dallo stato israeliano. Le forze israeliane hanno ucciso almeno 662 palestinesi, tra i quali almeno 142 bambini”, ha dichiarato Erika Guevara-Rosas, alta direttrice per le ricerche e le campagne di Amnesty International. Già in precedenza Amnesty International aveva documentato la brutale ondata di violenza contro i palestinesi della Cisgiordania occupata all’indomani degli attacchi mortali del 7 ottobre nel sud di Israele da parte di Hamas e di altri gruppi armati palestinesi. Dalle ricerche dell’organizzazione per i diritti umani era emerso che le forze israeliane avevano commesso uccisioni illegali, anche attraverso l’uso della forza letale in modo non necessario e sproporzionato durante le proteste e le incursioni e il diniego dell’assistenza medica alle persone ferite.
“Amnesty International ha anche denunciato lo scioccante aumento della violenza dei coloni, sostenuti dallo stato, contro i palestinesi. Tutto questo prosegue senza sosta. Le forze israeliane hanno anche fatto maggiore ricorso agli arresti e alle detenzioni arbitrarie per stroncare ogni forma di dissenso palestinese”. Annota Noa Landau, firma di punta di Haaretz, il quotidiano progressista di Tel Aviv: “Con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, sono tornate anche le minacce di annessione da parte del governo israeliano. Durante una riunione dei membri del suo partito del Sionismo Religioso alla Knesset, il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich ha dichiarato che durante l’ultimo mandato di Trump ‘eravamo a un passo dall’applicare la sovranità agli insediamenti in Giudea e Samaria’ – la Cisgiordania – ‘e ora è arrivato il momento di farlo’. Infatti, riferendosi all’amministrazione civile israeliana in Cisgiordania, ha persino ‘ordinato all’amministrazione degli insediamenti del ministero della Difesa e all’amministrazione civile di iniziare il lavoro del personale per introdurre le infrastrutture necessarie per applicare la sovranità all’area’. In seguito, il capo di un partito che sta sguazzando sotto la soglia elettorale nei sondaggi ha twittato quella che sembra essere la prima bozza di una campagna per salvarlo dalla fossa politica: ‘2025 – l’anno della sovranità in Giudea e Samaria’”.
Con l’amico “Bibi”, Trump discuterà anche l’annessione di parti della Cisgiordania a Israele. Lo scrive Al Arabiya. È quanto auspica l’estrema destra israeliana. È quanto Trump è disposto a concedere. Il cerchio si chiude.