L'ambasciatrice della Palestina
“Stop ai rapporti con Israele, l’Italia passi dalla parte giusta della storia”, parla l’ambasciatrice palestinese Abeer Odeh
«La distanza tra il governo italiano e il suo popolo che manifesta vicinanza ai palestinesi è sempre più grande», dice l’Ambasciatrice della Palestina. «Dopo le giuste parole di Mattarella, il vostro paese deve passare ai fatti»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli

La tragedia di Gaza. Ecco cosa chiedo all’Europa e all’Italia. A parlare, in questa intervista esclusiva a l’Unità, è l’Ambasciatrice della Palestina in Italia Abeer Odeh.
Campo di sterminio. Inferno in terra…Le definizioni per descrivere Gaza si moltiplicano. Si muore di bombe, si muore di fame, si muore per assenza di cure mediche. Ma i responsabili restano impuniti.
Ciò che si sta verificando a Gaza è una pulizia etnica portata avanti con lo sterminio e il trasferimento forzato della popolazione, che coincide con il piano israeliano di svuotare la Palestina del suo popolo attraverso la distruzione totale degli esseri umani, delle case, degli ospedali, delle scuole, degli impianti idrici e di quelli elettrici, nonché delle connessioni internet, delle reti televisive e delle stazioni radio per impedire al resto del mondo di vedere i crimini che Israele commette. Crimini contro l’umanità, contro i civili, contro anziani, donne e bambini. Crimini come l’uso della fame come arma di guerra, che – secondo gli ultimi Rapporti Onu – può uccidere 14.000 bambini nel giro di 48 ore. Non siamo in grado di sapere quanti siano esattamente i bambini che muoiono in questo modo atroce, proprio perché la maggior parte dei giornalisti è stata uccisa, non è concesso l’ingresso nella Striscia di Gaza ad altri media e a chi è sopravvissuto viene impedito di trasmettere notizie. Ma sappiamo che le vittime accertate di questo genocidio sono almeno 55.000, a cui si aggiungono gli oltre 15.000 corpi ancora sotto alle macerie e più di 125.000 feriti, di cui migliaia in condizioni irrimediabili.
Cos’altro deve accadere per riconoscere il diritto dei palestinesi a vivere in un loro Stato?
Questa è una grossa responsabilità della comunità internazionale, che si sarebbe dovuta opporre da tempo e con fermezza alle azioni criminali di Israele, adottando sanzioni e misure concrete in grado di fare pressione su Israele affinché ponga termine non solo a quest’ultima mattanza ma un’occupazione che dura da quasi sessant’anni. Parliamo di decisioni serie, come quella di smettere di armare Israele, rescindere ogni legame con Israele e sospendere qualsiasi accordo con Israele, compreso l’accordo di associazione che Israele ha con la UE. Se la comunità internazionale ancora crede nella legalità, non può aspettare che Israele riconosca i propri crimini, ma deve costringere Israele a pagare per tutto ciò che ha fatto sin qui. Se la comunità internazionale crede davvero che i palestinesi debbano finalmente vivere in pace e prosperità nello Stato a cui hanno pieno diritto, allora deve riconoscere lo Stato di Palestina sui confini del 1967, con capitale Gerusalemme Est: non può aspettare che Israele avvii nuovi negoziati, perché non ne ha nessuna intenzione, visto che non ha intenzione di avere accanto uno Stato palestinese.
In Israele e nella diaspora si alzano voci critiche contro Netanyahu e il suo governo. Signora Ambasciatrice, c’è ancora spazio per il dialogo?
Non vedo uno spazio di dialogo con il governo Netanyahu. Netanyahu, i suoi ministri e i principali leader israeliani hanno detto esplicitamente che la Palestina non esiste. Nei fatti, considerano legittima l’uccisione dei palestinesi. È difficile dialogare con chi legalizza crimini di guerra come il genocidio, la pulizia etnica e la fame.
Secondo l’Unicef sono almeno 50mila i bambini uccisi o feriti a Gaza. Come cresceranno quelli che sopravviveranno?
È una questione importantissima. Non si tratta solo delle decine di migliaia di bambini uccisi e di quelli che porteranno per sempre i segni delle ferite e delle amputazioni per cui saranno precluse loro molte attività fondamentali che ogni bambino dovrebbe poter sognare, ma anche di tutti quelli che hanno visto morire le loro mamme e i loro papà, i fratellini e le sorelline, i parenti, gli amici, i vicini di casa e i compagni di scuola. Il trauma che hanno subito e che continuano a subire per queste perdite è spaventoso e tale da accompagnarli per il resto della vita. La loro salute mentale è fortemente danneggiata, la loro percezione della vita gravemente distorta, la loro fiducia nei valori fondamentali e nella comunità internazionale decisamente compromessa. Non sapranno più in cosa credere e, per questo, non vivranno di certo in un ambiente più sicuro.
Poco si parla della Cisgiordania e dei pogrom che i coloni in armi conducono contro i villaggi palestinesi.
Quello che succede in alcune aree della Cisgiordania non si allontana di molto da quello che sta succedendo a Gaza. Ogni azione criminale commessa dai soldati israeliani e dai loro coloni è permessa. Qui, dal 7 ottobre del 2023, centinaia di palestinesi sono stati uccisi, migliaia di case sono state demolite e decine di migliaia di persone sono state costrette a lasciare la propria terra. Qui, assistiamo ogni giorno ad aggressioni e arresti indiscriminati, alla distruzione di raccolti e infrastrutture vitali come quelle per l’acqua e le fognature, allo sradicamento di alberi e all’abbattimento di animali. I ministri del governo Netanyahu minacciano apertamente di fare in Cisgiordania quello che stanno già facendo a Gaza. Cosa possiamo aspettarci da loro?
Cosa si sente di chiedere al Governo italiano e alla politica?
Chiediamo al Governo e ai politici italiani che non lo hanno ancora fatto di schierarsi al fianco del popolo palestinese, per i suoi diritti e per la sua sovranità sulla sua terra. Come ha giustamente ricordato il Presidente Mattarella, è disumano che venga ridotta alla fame un’intera popolazione, è inaccettabile il rifiuto di applicare le norme del diritto umanitario nei confronti dei cittadini di Gaza, è grave l’erosione dei territori della Palestina e i palestinesi hanno diritto al loro focolare entro confini certi. Perché queste parole si concretizzino in fatti, chiediamo anche all’Italia di interrompere le relazioni con Israele come hanno già fatto alcuni coraggiosi enti territoriali, adottando misure efficaci come le sanzioni contro Israele. Inoltre, chiediamo all’Italia di revocare il Memorandum militare con Israele, che è complice di crimini e contraddice la Costituzione italiana, dettata da un comune desiderio di pace. E chiediamo, ovviamente, all’Italia, di riconoscere lo Stato di Palestina, come hanno già fatto e stanno per fare importanti Paesi europei suoi amici. La distanza tra il Governo italiano e il suo popolo – che manifesta quotidianamente la propria vicinanza al popolo palestinese – si sta facendo sempre più grande. È giunto il momento di colmarla passando dal lato giusto della Storia.