Saranno deportati due milioni di palestinesi
Perché Netanyahu ha avviato la ‘Soluzione finale’ a Gaza: Striscia occupata e deportati 2 milioni di palestinesi
Il disegno di Bibi prevede il trasferimento forzato di 2,1 milioni di palestinesi in un’area imprecisata e l’occupazione permanente. Ma di fronte allo sterminio, caldeggiato da Trump, il resto del mondo tace complice
Esteri - di Umberto De Giovannangeli

Il mondo non conta per Benjamin Netanyahu, ad eccezione dell’amico e sodale che guida l’America. Il dolore e la rabbia dei famigliari degli ostaggi non intaccano la determinazione di chi governa Israele: Gaza va occupata. La guerra di annientamento va portata a termine. Attualmente Israele controlla circa un terzo della Striscia di Gaza, con una presenza militare fissa nel nord, in alcune aree centrali e lungo i corridoi strategici di Netzarim e Morag, che tagliano il territorio e impediscono il ritorno della popolazione sfollata. Il nuovo piano approvato dal governo israeliano formalizza questa occupazione parziale e segna una svolta nella strategia: non più operazioni temporanee, ma una presenza permanente e progressiva dell’Idf sul terreno, con l’obiettivo dichiarato di impedire il ritorno di Hamas. Per sostenere il nuovo assetto strategico, il capo di stato maggiore Eyal Zamir ha ordinato la mobilitazione di decine di migliaia di riservisti.
La destra messianica che governa lo Stato ebraico saccheggia il Vecchio Testamento denominando l’operazione di conquista “Carri di Gedeone” (figura biblica nota per aver guidato un piccolo esercito israelita contro un nemico numericamente superiore, riuscendo a sconfiggerlo). Il piano prevede inoltre lo spostamento forzato dell’intera popolazione civile palestinese – circa 2,1 milioni di persone – in una “zona umanitaria” istituita nel sud della Striscia lungo la costa. Netanyahu ha dichiarato lunedì che i civili “verranno spostati, per la loro stessa protezione”, ma senza fornire dettagli sull’estensione o sulla localizzazione precisa dell’area. In passato, al-Mawasi – una sottile fascia costiera a ovest di Khan Younis – era stata indicata come possibile zona di evacuazione, ma i bombardamenti ricorrenti e l’estremo sovraffollamento ne hanno compromesso la sicurezza. Altre ipotesi comprendono Deir al-Balah e alcune zone periferiche di Khan Younis, già duramente provate dall’afflusso di sfollati. Nessuna di queste aree, però, appare oggi in grado di garantire condizioni minime di sicurezza e di accoglienza per un trasferimento su larga scala.
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Trump appoggia tutto questo. “Aiuteremo la gente di Gaza a ricevere del cibo. Hamas lo sta rendendo impossibile”, ha detto il tycoon, dando di fatto carta bianca a Netanyahu. Ma il presidente Usa non vuol essere “disturbato” in un viaggio che in Medio Oriente avrà al centro gli affari con le ricche Monarchie del Golfo, in particolare Arabia Saudita e EAU. E proprio a Riad si guarda, specie sul fronte della vendita di nuovi caccia. Sul piatto, pare, F-35 e F-15EX, una prospettiva che potrebbe far saltare definitivamente la vendita degli Eurofighter TYPHOON al Regno, ma anche il suo ingresso nel “club GCAP”. I “carri di Gedeone” si muoveranno solo dopo la fine del viaggio di Trump la prossima settimana. Il ministro delle Finanze israeliano Bezalel Smotrich, leader dell’estrema destra, ha assicurato che Gaza sarà “totalmente distrutta” nella guerra tra Israele e il movimento islamista palestinese Hamas. L’esponente di estrema-destra è certo che la popolazione, dopo essere stata sfollata a sud secondo il piano approvato dal governo, comincerà a “partire in gran numero per paesi terzi”.
La decisione approvata all’unanimità di espandere la guerra ha fatto esplodere la rabbia non solo di chi ha un familiare ancora in trappola a Gaza — meno di 24 persone sarebbero vive — ma di molti cittadine e cittadini israeliani che non condividono nessuna scelta di chi guida il Paese. «Il piano approvato dal governo abbandona gli ostaggi e mette a repentaglio la resilienza nazionale e della sicurezza», dicono dal Forum delle famiglie. E ancora: «Così il governo ammette di aver scelto la terra anziché gli ostaggi, contro la volontà di oltre il 70% degli israeliani. Questa decisione sarà ricordata come un grido per generazioni». Commenta Luis Cunio, padre degli ostaggi David e Ariel: «Non solo i rapiti torneranno nelle bare, ma anche i soldati. Stiamo mandando dei bambini a morire per niente».
L’intensificazione delle operazioni delle Idf a Gaza – annunciata lunedì – -potrebbe spingere Hamas a sfogare le sue frustrazioni sugli ostaggi, già detenuti in condizioni difficili e in peggioramento. Lo ha detto – citato da Channel 12 – il generale in pensione Nitzan Alon, capo negoziatore israeliano per la questione degli ostaggi.
Alon ha criticato la gestione della guerra da parte del governo e ribadito le preoccupazioni dell’opinione pubblica in merito alla decisione di espandere le operazioni nella Striscia. Ha avvertito che più duramente colpiranno le Idf, più violenti potrebbero diventare i terroristi nei confronti degli ostaggi ancora tenuti prigionieri.
Un alto funzionario di Hamas ha dichiarato che il gruppo non è più interessato ai colloqui per una tregua con Israele e ha esortato la comunità internazionale a porre fine alla “guerra della fame” israeliana contro Gaza. “Non ha senso avviare colloqui o prendere in considerazione nuove proposte di cessate il fuoco finché la guerra della fame e la guerra di sterminio continuano nella Striscia di Gaza”, ha dichiarato Basem Naim all’Afp, esortando la comunità internazionale “a fare pressione sul governo Netanyahu affinché ponga fine ai crimini di fame, sete e uccisioni” a Gaza. Le sue dichiarazioni giungono il giorno dopo che l’esercito israeliano ha dichiarato che l’espansione delle operazioni a Gaza avrebbe incluso lo sfollamento della “maggior parte” dei suoi residenti.
Il segretario delle Nazioni Unite, Antonio Guterres, è “allarmato” dal piano adottato dal gabinetto di sicurezza israeliano per un ampliamento delle operazioni militari volte alla “conquista” della Striscia di Gaza. “È allarmato da queste notizie di piani israeliani per ampliare le operazioni di terra e prolungare la presenza militare a Gaza”, ha affermato il portavoce Farhan Haq. “Questo porterà inevitabilmente a un numero incalcolabile di altri civili uccisi e all’ulteriore distruzione di Gaza”, ha aggiunto, sottolineando che “Gaza è e deve rimanere parte integrante di un futuro Stato palestinese”. Il primo ministro britannico Keir Starmer e il presidente francese Emmanuel Macron hanno espresso “entrambi profonda preoccupazione per la situazione a Gaza in seguito agli ultimi sviluppi invocando la necessità un rilancio del processo di pace israelo-palestinese verso la soluzione dei due Stati“. Lo riportano oggi i media del Regno, citando un comunicato diffuso da Downing Street su un colloquio telefonico svoltosi ieri sera.
Il ministro degli Esteri francese Jean-Noël Barrot in un’intervista radiofonica: “Parigi condanna molto fermamente la nuova campagna militare israeliana nella Striscia di Gaza. È inaccettabile: il governo israeliano sta violando il diritto umanitario”. “Ciò che sta cercando di fare” il governo israeliano di Benjamin Netanyahu è “distruggere la possibilità fisica dell’esistenza di due Stati, perché continua a distruggere Gaza e compie azioni molto violente in Cisgiordania”: lo ha detto il presidente del Consiglio Europeo, Antonio Costa, alla radio spagnola Cadena Ser. “Sta cercando di attuare un piano inaccettabile di sostituzione della popolazione a Gaza”, ha aggiunto il politico portoghese, sostenendo perciò che l’Unione Europea, quindi, deve “condannare assolutamente l’atteggiamento di violazione del diritto internazionale di Israele”, “appoggiare la soluzione dei due Stati” e “dare appoggio al piano della Lega Araba per la ricostruzione di Gaza”.
L’Onu ha accusato Israele di aver cercato di “militarizzare” il flusso di aiuti a Gaza, lasciando la popolazione alla disperata ricerca di cibo e acqua e consegnandole invece “bombe”. L’agenzia umanitaria delle Nazioni Unite, l’Ocha, ha denunciato il peggioramento della situazione nel territorio palestinese devastato dalla guerra, dopo quasi nove settimane di blocco totale israeliano su Gaza. “Il punto è che non ci sono più aiuti da distribuire perché l’operazione di soccorso è stata strangolata… Non c’è più nulla da dare”, ha dichiarato ai giornalisti a Ginevra il portavoce dell’Ocha, Jens Laerke. A Gaza, rimarca Laerke, “Hanno bisogno di acqua; stanno ricevendo bombe. Hanno bisogno di assistenza sanitaria; stanno ricevendo bombe”. Laerke ha espresso infine indignazione per la recente relazione di Israele ai rappresentanti di un gruppo di circa 15 agenzie delle Nazioni Unite e 200 Ong, in cui si parlava di piani per “chiudere l’attuale sistema di distribuzione degli aiuti” gestito dalle organizzazioni a Gaza. “Gli israeliani hanno chiesto loro di consegnare i rifornimenti attraverso hub israeliani, alle condizioni stabilite dall’esercito israeliano”, ha dichiarato Laerke.
Le Nazioni Unite hanno respinto categoricamente tale proposta, ha aggiunto, sottolineando che un piano del genere “non sarebbe all’altezza dei principi umanitari fondamentali di imparzialità, neutralità e indipendenza nella distribuzione degli aiuti”. Gli aiuti, ha insistito, devono essere erogati “in base ai bisogni e nient’altro”. “Gaza somiglia a una gigantesca prigione, senza porte né finestre, circondata da muri di fuoco e ferro, sorvegliata da ogni direzione. Nessuno entra, se non raramente. Nessuno esce, se non da morto. I volti sono pallidi, gli spiriti svuotati. Gaza non è solo assediata da fuori, ma anche da dentro: dal caos, dalla paura, dalla disperazione. E questo, forse, è il tipo di prigionia più crudele. Ormai anche il silenzio è diventato un mezzo di sopravvivenza”. Così Rita Baroud, giornalista freelance a Gaza, conclude il suo struggente reportage per Repubblica. “L’annuncio di un’occupazione totale di Gaza per molti – scrive Baroud – è solo un altro titolo in una serie infinita di incubi. Le persone sono ormai ‘morte’, come dice Khalil. ‘Non possiamo fare più nulla. Il mondo guarda. E noi siamo costretti ad andare avanti’”. Sì, il mondo, chi lo governa, guarda in silenzio. Un silenzio complice. Un silenzio di morte.