Il folle piano

Trump sogna una nuova Nakba, il presidente Usa vuole “ripulire” Gaza: “Egitto e Giordania accolgano i palestinesi”

Esteri - di Carmine Di Niro

27 Gennaio 2025 alle 10:44

Condividi l'articolo

Trump sogna una nuova Nakba, il presidente Usa vuole “ripulire” Gaza: “Egitto e Giordania accolgano i palestinesi”

Una seconda “Nakba”, la “catastrofe” che comporto l’espulsione e la fuga di almeno 700mila palestinesi costretti a lasciare le loro case durante la guerra arabo-israeliana del 1948, che seguì la fondazione dello Stato ebraico.

È questo, in sostanza, il piano promosso da Donald Trump per il futuro del Medio Oriente ed in particolare della Striscia di Gaza. L’idea del neo presidente degli Stati Uniti, svelata a bordo dell’Air Force One ai cronisti presenti a bordo del volo presidenziale, è quella di spostare in Giordania ed Egitto un milione e mezzo di palestinesi che vivono a Gaza.

“Gaza ormai è un cantiere di demolizione, va ripulito. Vorrei che l’Egitto e la Giordania accogliessero di più, un milione, un milione e mezzo di palestinesi”, le sue parole sugli abitanti di Gaza, circa 2,3 milioni al momento.

Del piano, dice Trump, ha già informato il re di Giordania Abdullah II e presto farà lo stesso col presidente-autocrate egiziano Al Sisi, a capo dei due Paesi storici alleati americani nell’area. Ai giornalisti non spiega se lo “spostamento” sarà temporaneo o a lungo termine: “Vorrei impegnarmi con alcune nazioni arabe e costruire le case da qualche altra parte, dove i palestinesi possano vivere in pace, tanto per cambiare”, si limita a dire il tycoon.

Parole che vengono accolte positivamente dall’estrema destra messianica israeliana, a partire dai leader radicali Bezalel Smotrich e Itamar Ben Gvir, apertamente a favore di una pulizia etnica a Gaza e dell’espulsione della popolazione araba dalla Striscia e dalla Cisgiordania per la creazione del “Grande Israele”. Smotrich la definisce “idea meravigoliosa” e annuncia che lavorerà col primo ministro Benjamin Netanyahu “per formulare un piano operativo il prima possibile”.

Di tutt’altro segno le reazioni che arrivano da Giordania ed Egitto. Nel Regno guidato da Abdullah II, che già oggi ospita oltre due milioni di rifugiati palestinesi e che nel 1970 visse una turbolenta fase nota come “Settembre Nero”, quando il re Husayn represse il tentativo delle organizzazioni palestinesi di rovesciare la sua monarchia, non c’è alcuna apertura alla proposta trumpiana: “La nostra posizione è e resta quella della soluzione dei due Stati, l’unico modo per raggiungere la pace”, si è limitato a ribadire il ministro degli Esteri giordano Ayman Safadi.

Nessuna apertura anche dal Cairo, che d’altra parte dopo il 7 ottobre 2023 non ha aperto il valico di Rafah per dare una via di fuga alla popolazione di Gaza sottoposta ai bombardamenti israeliani. In una dichiarazione, il ministero degli Esteri egiziano ha ribadito “il costante sostegno dell’Egitto alla resilienza del popolo palestinese sulla propria terra”, respingendo “qualsiasi attacco a questi diritti inalienabili, che si tratti di colonizzazione, annessione di terre, spopolamento di terre attraverso lo sfollamento, incoraggiamento di trasferimento o sradicamento dei palestinesi dal loro territorio, sia temporaneo che permanente”.

Al momento dunque la proposta di Trump non sembra poter aver un seguito concreto, anche se il solo mettere sul tavolo un piano così radicale è il segnale che da Washington le posizioni nei confronti dell’alleato israeliano si faranno ancora più concilianti.

27 Gennaio 2025

Condividi l'articolo