L'incontro con il premier svedese
Meloni, chiacchiere in libertà sull’Ucraina: “Serve una pace nel contesto Nato”
L’Ucraina? “La soluzione migliore sarebbe nel contesto Nato”. L’Europa? “Servono adeguate garanzie di sicurezza”. Ambigua come non mai la premier si trincera in formule oscure per non scontentare né Trump né Ursula
Politica - di David Romoli

Il tavolo della politica internazionale continua a essere quello sul quale la premier italiana incassa di più. Ieri ha incontrato il premier svedese Kristersson e ha portato a casa il pieno sostegno alla sua politica dell’immigrazione incluso il protocollo con l’Albania che la Svezia con altri 14 Paesi ha difeso anche di fronte alla Corte che dovrà decidere sul contenzioso tra governo e magistratura in materia. In più lo svedese le ha riconosciuta una “grande importanza” per “mantenere il collegamento transatlantico in questi tempi di grande difficoltà”.
La nuova normativa europea che rivede radicalmente gli obiettivi del Green Deal va ampiamente incontro alle critiche mosse dalla premier italiana, ma anche da Francia e Germania, e di fatto è un’indietro tutta rispetto al Green Deal originario. Le nuove spese per la difesa non saranno contate ai fini del rispetto dei parametri ed è uno degli obiettivi a cui il governo italiano mirava sin dall’inizio. Sul fronte americano, Trump si complimenta con la “grande leader” e la promuove sul campo. Un po’ è abilità, un po’ è fortuna e un po’ ma un po’ è anche questione di contesto. La confusione che regna in materia di Ucraina, una palude nebbiosa nella quale per ora nessuno è in grado di orientarsi, premia la sua politica non priva di ambiguità ma proprio per questo in grado di piacere a tutti. Il no dell’Italia all’invio di soldati in Ucraina per la missione di peacekeeping proposta da Francia e Regno Unito, per esempio, avrebbe potuto rivelarsi un problema irresolubile, data l’indisponibilità della Lega ad accettare l’eventuale missione. Se non fosse che quella proposta è del tutto campata per aria. La Russia la ha affondata ieri definitivamente, chiarendo che servirebbe solo a prolungare la guerra.
Così la maggioranza evita qualsiasi incrinatura e la posizione italiana da defilata si rovescia nell’opposto. Salvini mette le mani avanti, fa la parte di chi frena: “Prima che parta un solo soldato italiano dovranno essere molto convincenti. Bisogna valutare, evitare salti in avanti”. Ma è messa in scena. Nella sostanza il leader leghista fa capire di essere prontissimo ad accettare l’invio delle truppe tricolori, purché nel quadro di una missione Onu. È esattamente la posizione della premier e del ministro degli Esteri Tajani: del resto missione Onu vorrebbe dire decisione del Consiglio di sicurezza. Dunque di una missione accettata dalla Russia e possibile solo dopo il raggiungimento di una solida tregua. Salvini evita tensioni anche sul fronte che potenzialmente avrebbe potuto diventare esplosivo, quello dell’invio delle armi. Stavolta taglia corta: “Finché c’è la guerra bisogna inviare armi”. Nessun problema
Sulla pace la linea adottata dall’Italia e ribadita ieri da Meloni dopo l’incontro con Kristersson è del tutto in linea con quella europea, senza confliggere con l’orizzonte della Casa Bianca. Giorgia invoca la solita “pace giusta e duratura”, per raggiungere la quale è necessario che a Kiev e a tutti i Paesi europei “vengano fornite adeguate garanzie di sicurezza”. Come? “La cornice migliore per una pace non fragile o temporanea sarebbe nel contesto Nato. Altre soluzioni sarebbero più complesse e meno efficaci”. La formula è abbastanza vaga per andare bene a chiunque. Certo la premier sa perfettamente che la Russia non accetterà mai l’adesione dell’Ucraina alla Nato. Ma parlare di “contesto” può indicare altre opzioni. Per esempio un’Ucraina fuori dall’Alleanza atlantica ma coperta lo stesso dall’ombrello dell’art.5 dell’Alleanza, in base al quale la Nato è tenuta a intervenire in caso di aggressione contro uno dei Paesi membri.
È vero che la posizione di Giorgia Meloni si fonda su un’ambiguità di fondo. Da quando Trump indossa la corona non ha mai parlato di integrità territoriale dell’Ucraina, fingendo di dare per scontato che Zelensky sia disposto a sacrificare una parte del territorio ucraino. Non è affatto detto. Anzi, Zelensky dice casomai il contrario e lo ha fatto anche ieri. Ma sul fronte dell’ambiguità l’italiana non è certo sola. Sul particolare gli europei glissano davvero tutti e anche per questo è impossibile capire se le manovre di questi giorni, i vertici come quello Ue-Uk di domenica a Londra o la conference call di tutti i capi di governo Ue di ieri, sino al Consiglio europeo straordinario del 6 marzo abbiano un senso o se, almeno per quanto riguarda la guerra in Ucraina, non si tratti solo di un frenetico falso movimento.