Accusata di aver intralciato la giustizia
Cosa rischia Meloni sulla vicenda Almasri: il governo sotto indagine della Corte penale internazionale dell’Aja
Come è possibile, dopo che è stato detto che Almasri è una persona pericolosa, continuare a collaborare con lui che dirige il lager di Mitiga? Non è neanche una questione politica, è un fatto semplice di logica formale.
Politica - di Piero Sansonetti

Certe volte per far fare brutta figura alla patria basta un gruppo di patrioti pasticcioni. Stavolta è stato un terzetto di ministri, o quasi, che conoscono poche le leggi, pochissimo l’etica, e quasi niente la politica. Nordio -, che parla latino ma non conosce l’inglese – Piantedosi – che gli piace fare il poliziotto ma poi se gli capita un pluriassassino lo aiuta a evadere – e il sottosegretario Mantovano che ha il compito di controllare questi due astuti intellettuali (come diceva una vecchia barzelletta) ma invece gli confonde le idee.
Ora, insieme a Giorgia Meloni, che ovviamente è il capintesta, sono finiti tutti sotto indagine all’Aia, ed esposti un po’ all’indignazione un po’ agli sberleffi del mondo intero. La Cpi – cioè la Corte penale internazionale – ha aperto un fascicolo nel quale ha scritto i nomi dei tre e anche della premier. Li sospetta del reato di “ostacolo all’amministrazione della Giustizia”. E cioè di avere volontariamente violato l’articolo 70 dello Statuto di Roma, rifiutandosi di consegnare il boia di Mitiga, Osama Almasri, accusato di decine di omicidi e stupri e atti di tortura, alla giustizia internazionale. L’iniziativa della Corte dell’Aia segue di poche ore la sgangherata difesa dei due ministri davanti al Parlamento italiano. Chiunque li ha sentiti ha capito che, involontariamente, almeno così si spera, si sono accusati l’un l’altro. Hanno detto cose opposte sulla figura di Almasri, e sui motivi della sua – come dire? –”evasione di Stato”.
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A questo punto le cose per il governo si complicano davvero. Non c’è solo l’inchiesta aperta dalla procura di Roma, e sulla quale dovrà decidere il tribunale dei ministri e poi – eventualmente – il Parlamento. C’è anche l’indagine dell’Aia sulla quale il governo non ha nessuna possibilità di influenza. Né negando l’autorizzazione a procedere attraverso un voto di maggioranza – come certamente farà per bloccare l’indagine della procura di Roma – né provando a controllare le decisioni della Corte d’Appello, come forse ha fatto per ottenere la scarcerazione di Almasri. E questo fa saltare i piani di Giorgia Meloni. La quale pensava probabilmente che sparendo dalla vista di chiunque nella giornata di mercoledì, mentre alla Camera e al Senato si scatenavano le opposizioni, l’avrebbe fatta franca. Si, certo, la figuraccia era inevitabile, ma c’è sempre la tattica dei giunchi. Che si piegano quando arriva la bufera, aspettano che la bufera passi, e poi tornano su dritti dritti.
Meloni doveva avere calcolato che si trattava di aspettare solo qualche giorno, ma forse non è così. Difficile che questa bufera passi in fretta. Anche se, bisogna dire la verità, non è che l’opposizione sia stata spietata nella sua battaglia in Parlamento. Si, molte critiche, attacchi sanguinosi, fantasiose metafore, immagini, giochi di parole. Schlein e Renzi hanno dimostrato di non mancare di capacità retorica, hanno meritato gli applausi e hanno fatto passare un brutto quarto d’ora sia al cinico Piantedosi, sia al povero Nordio. Ma poi? Voi avete capito cosa vogliono le opposizioni? Le dimissioni di Nordio? Beh non sarebbe una cattiva idea se si dimettesse dopo che i fatti, e le parole, e i ragionamenti, hanno dimostrato senza possibilità di dubbio che lui è la causa prima della scarcerazione di Almasri. Vogliono le dimissioni di Piantedosi? Beh, uno che dice che ha fatto scappare una persona invece di farla incarcerare perché sapeva che quella persona era pericolosa – e poi spiega che lui sa per certo che era pericolosa davvero perché così dice il mandato di cattura emesso dall’Aia…- beh se avesse un minimo minimo di dignità, certo le dimissioni le avrebbe già date.
Ma è questo l’obiettivo? Mettere la Bongiorno al posto di Nordio e accontentare il povero Salvini che vuole tornare al Viminale? Ok. E tuttavia non sembra che l’opposizione sia scatenata su questa linea. L’impressione è che sia più decisa sulla richiesta di dimissioni della Santanché, accusata di reati finanziari, piuttosto che sulla richiesta di mandare a casa questi due (più Mantovano) che hanno fatto evadere un killer. In ogni caso se ci fermiamo qui non cambia quasi niente. Il problema è come fare ora per fermare Almasri che è tornato in Libia ed è pronto a ricominciare a uccidere e stuprare. E come risarcire le vittime di Almasri, le vittime passate e quelle future. C’è un solo modo per fare questo. Disdettare il patto con la Libia, cioè il famoso memorandum che impegna l’Italia a partecipare al finanziamento dei lager e delle incursioni in mare della guardia costiera di Tripoli. Questo è l’unico vero obiettivo serio che dovrebbe impegnare le opposizioni con tutte le loro forze. Come è possibile, dopo che è stato detto che Almasri è una persona pericolosa, continuare a collaborare con lui che dirige il lager di Mitiga? Non è neanche una questione politica, è un fatto semplice di logica formale.