Il dibattito in Parlamento
Caso Almasri, opposizioni scatenate e ministri allo sbando: ma Meloni è una fuggiasca…
Nordio dice che non aveva il traduttore, e poi parla in latino. Piantedosi sostiene che è un fatto “prognostico”. In Senato grande show di Renzi
Politica - di Angela Nocioni

Sulla sedia vuota di Giorgia Meloni, al centro dei banchi del governo a Montecitorio, allunga le braccia stanco Matteo Piantedosi. La sedia della “presidente del Coniglio”, dirà Elly Schlein. La sedia della “vile presidente del Consiglio”, “l’omino di burro” della favola di Pinocchio, dirà più tardi Matteo Renzi, il cui intervento è stato l’unico a palazzo Madama seguito con sguardo attento dalla avvocata Giulia Bongiorno. Che come una brava regista teatrale nascosta nel buco del suggeritore, ieri pomeriggio supervisionava dal suo scranno senatoriale la lettura di fogli fitti fitti da parte del ministro dell’interno e di quello della giustizia. Entrambi da lei difesi per aver sottratto alla Corte penale internazionale – insieme alla fuggiasca Giorgia Meloni – il capo dei torturatori libici Almasri.
Se Nordio e Piantedosi sono il Gatto e la Volpe, come sostiene Renzi, Collodi è la senatrice Bongiorno che ritrae la testa tra le spalle appena ode il grido: “basta coi latinorum, avete riportato il mafioso numero uno a torturare i bambini in Libia”. Certo, piange il cuore a sapere che Renzi sia così irrimediabilmente, profondamente e compiaciutamente di destra perché anche ieri l’efficace opposizione alla tapina esibizione del governo Meloni l’ha fatta lui. Non affollati i banchi di Fratelli d’Italia la mattina alla Camera. Tra i posti del governo è rimasta vuota non solo la sedia di Giorgia Meloni ma anche quella di Matteo Salvini che non si fa proprio vedere in Aula alla Camera e farà una capatina il pomeriggio in Senato, giusto un attimo, il tempo di aggiustarsi la cravatta rossa, poi si alza e fila via.
Faccia da poker messa su da Piantedosi appena Nordio parla di maggioranza “compattata”. Riferendosi all’informazione di iscrizione al registro degli indagati ricevuta: “Questa parte della magistratura ha compattato la maggioranza come finora mai accaduto” dice Nordio con enfasi sospetta mentre Piantedosi fissa un punto indistinto in alto, molto in alto, lassù verso la luce che filtra tenue dall’alto. Durante l’attacco con canovaccio trumpiano fatto da Nordio ai giudici, dai banchi dei Cinque stelle non si alza un sopracciglio. Protesta il Pd, protestano dai banchi di Avs. Immobili i deputati di Conte. Nordio dice: “Il mio ruolo di ministro non è solo di transito e di passacarte, è un ruolo politico: ho il potere e dovere di interloquire con altri organi dello Stato sulla richiesta della Cpi, sui dettagli e sulla coerenza delle conclusioni cui arriva la Corte. Coerenza che per noi manca assolutamente” e ancora: “L’atto è arrivato in lingua inglese, senza traduzione, e c’erano criticità sulla richiesta di appello. Si dava atto che il 2 ottobre 2024 l’accusa aveva richiesto un mandato di arresto per delitti contro l’umanità avvenuti a Mitiga e commessi a partire dal febbraio 2015, e c’era incertezza assoluta sulla data dei delitti commessi: si oscillava dal 2011 al 2015, non è una cosa di poco conto”.
Poi si aggrappa alla giudice Veira, membro della Cpi non d’accordo con gli altri (la Corte ha deciso a maggioranza) la definisce la giudice “dissenziente”, ostenta una grande soddisfazione nell’indicare “incomprensibili salti logici riguardanti i crimini di Almasri”. Poi fa confusione. Prima si lamenta che “l’atto è arrivato in lingua inglese senza essere tradotto”. Parla di allegati in arabo. Poi dice che ha letto tutto subito, ha capito tutto e ha anche scovato complicatissimi rilievi da fare. Sussurri e risolini quando passa con inciampi dall’inglese al latino. Si alza Elly Schlein: “Lei non ha letto la legge, ministro Nordio, e l’ha violata davanti al Paese”. “Ha parlato da avvocato difensore di un torturatore” accusa la segretaria del Pd “prima ci dice che è stato liberato perché non ha fatto in tempo per tradurre delle pagine in inglese poi ha detto che le ha lette ma ha rinvenuto dei vizi. Bene ha finalmente ammesso che è stata una scelta politica”.
Nulla spiega Nordio su suoi scambi di informazioni con il procuratore generale della Corte d’appello, Amato, che ha formulato una richiesta di scarcerazione basata sul pulviscolo atmosferico. Né spiega perché e chi del governo Meloni ha chiesto alla Corte internazionale di mantenere il silenzio sull’avvenuto arresto, richiesta alla quale la Corte internazionale. “Su richiesta e nel pieno rispetto delle autorità italiane la Corte si è deliberatamente astenuta dal commentare pubblicamente l’arresto” ha scritto la Cpi. Quindi con la Cpi il governo ha avuto scambi prima della scarcerazione. Quando arriva il suo turno Piantedosi con lessico questurino (all’espressione “in chiave prognostica” sguardi sgomenti tra i cronisti in tribuna) assicura di non aver subito nessun tipo di pressione da parte di nessuno nelle ore delle decisioni da prendere.
A smentirlo c’è la notizia dell’arresto uscita già da domenica a raffica su tutti i social degli sgherri libici di Almasri, tutti furiosi, indizio plateale del ricatto in corso. Il ministro non spiega nemmeno perché a Tripoli bande di aguzzini il 21 gennaio abbiano cominciato a festeggiare fin dal mattino la scarcerazione del loro capo, formalmente decisa dalla Corte d’appello di Roma solo nel tardo pomeriggio. I dieci minuti riservati all’interventi di Giuseppe Conte sono stati spesso applauditi da Elly Schlein (il viceversa no, non s’è dato, non hanno applaudito i 5 stelle Elly Schlein). “Lo so che ci sta guardando dietro qualche computer – dice Conte rivolto alla presidente del Consiglio – “mi rivolgo a lei. Non è venuta qui a parlare di Almasri, non si permetta di parlare davanti a qualche scendiletto!”. “Nordio è stato scandaloso, lei non ha parlato da avvocato difensore di Almasri ma da giudice assolutore! Lei si dovrebbe vergognare”.
A chiedere di cancellare gli accordi con la Libia fatti da Minniti ministro degli interni del governo Gentiloni nel 2017 e confermati dal Conte 2 (ha buon gioco a ricordarlo un lanciatissimo Donzelli che cita Giorgia Meloni talmente tante volte da innescare tra deputate Cinque stelle un “sempre sia lodata” a più voci) è Nicola Fratoianni di Avs che mostra foto dei torturati nelle celle libiche. Nel tardo pomeriggio si abbassano i toni al Senato, a parte Renzi e il presidente La Russa che si agita sulla poltrona aprendosi la giacca. Il mitologico fotografo nell’Aula: “Scansateve che je faccio er panzone”.