La presidente dell'AOI

Intervista a Silvia Stilli: “Il governo Meloni non può essere complice dei massacri a Gaza”

«L’Italia ha votato contro la revisione dell’accordo Ue-Israele. Il Parlamento ha bocciato la mozione Pd-Avs-5s. L’esecutivo deve prendersi le proprie responsabilità»

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

24 Maggio 2025 alle 12:00

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Photo credits: Alessandro Paris/Imagoeconomica
Photo credits: Alessandro Paris/Imagoeconomica

Silvia Stilli, Presidente dell’Associazione delle Organizzazioni Italiane di cooperazione e solidarietà internazionale (AOI), che rappresenta più di 500 organizzazioni non governative, interne e internazionali. Come AOI avete organizzato una Carovana verso Rafah in questi giorni insieme ad ARCI, AssoPace, Acli, parlamentari italiani ed europei, anche tanti giornalisti. Cosa sta succedendo adesso a Gaza con la nuova offensiva? Cosa vi aspettate da Italia ed Europa?
Grazie per permettermi di aggiornare sulla situazione a Gaza: il bollettino del 14 maggio di OCHA (United Nations Office for the Coordination of Humanitarian Affairs) citava 52.298 persone morte nella Striscia, senza contare le altre migliaia disperse ormai da mesi. Dal 16 maggio ci sono almeno 100 morti al giorno per il lancio dell’operazione militare finale per occupare la Striscia da parte di Israele, definita “Carri di Gedeone”. In questi giorni era stato annunciato l’attacco su Khan Younis a Sud ed è effettivamente in corso. 60 le persone uccise tra la notte del 19 maggio e la mattina del 20 e tra queste più della metà sono donne e bambini. Le Nazioni Unite hanno denunciato che le vite di quasi 20.000 minori nella Striscia sono a rischio. Il 21 maggio Netanyahu ha ribadito che le forze militari occuperanno tutta la Striscia e solo allora si potrà parlare di distribuzione degli aiuti alla popolazione civile da parte di hub militari. I pochissimi camion entrati dal valico di Rafah in questi giorni erano carichi soprattutto di farina. Senza acqua ed energia elettrica come si fa il pane?

C’è qualche segnale di speranza?
La novità dell’oggi è che l’opposizione israeliana protesta dopo 18 mesi di invasione, violenze, distruzioni, massacri nella Striscia. Se è vero che il leader dell’opposizione ha paragonato il suo Paese ad uno “Stato-paria come fu quello sudafricano durante l’Apartheid”, definendolo “insano di mente”, mi domando fino ad ora quale fenomeno abbia velato i suoi occhi e quelli del suo partito per impedire la vista dell’orrore di cui Israele è artefice. Il 19 maggio 26 Ministri degli Esteri, insieme all’Alto rappresentante UE per gli Affari Esteri e la Politica di Sicurezza, Vicepresidente della Commissione, Kaja Kallas, hanno firmato la Dichiarazione congiunta dei donatori condannando il blocco totale degli aiuti a Gaza, iniziato il 2 marzo con la chiusura di tutti i valichi, con questo “messaggio chiaro” a Netanyahu: consentire alle Agenzie delle Nazioni Unite e alle ong umanitarie di svolgere il ruolo che sanno fare con trasparenza e competenza, in maniera indipendente e imparziale, opponendosi quindi ad ogni scelta di distribuzione degli aiuti attraverso hub gestite dai militari israeliani. Tra i Ministri degli Esteri firmatari della Dichiarazione c’è il nostro Vicepresidente del Consiglio Antonio Tajani. Salvo che poi l’Italia ha dato voto sfavorevole, insieme alla Germania, alla proposta di inserire queste condizioni nella proposta di revisione del Trattato in essere tra UE ed Israele.

Qual è il suo giudizio in merito?
Il 21 maggio ha segnato una data dolorosa per la politica italiana. Il Parlamento ha bocciato la mozione di PD, AVS e Movimento 5 Stelle che chiedeva, tra le altre, misure immediate per l’entrata degli aiuti, la sospensione di forniture, autorizzazioni e compravendita di armi con Israele, il cessate il fuoco immediato in Palestina, la condanna a qualsiasi piano di espulsione dei palestinesi da Gaza, il sostegno in sede europea all’adozione di sanzioni nei confronti del Governo israeliano per la sistematica violazione del diritto internazionale, la fine dell’occupazione militare illegale dei territori palestinesi in Cisgiordania e degli insediamenti dei coloni, la presa di posizione a favore della sospensione dell’accordo di associazione EU-Israele, la piena attuazione ai mandati di arresto emessi dalla Corte Penale Internazionale nei confronti di Netanyahu e Gallant. Come organizzazioni non governative, a nome delle associazioni e cittadine e cittadini che ci stanno supportando con donazioni al fine di garantire l’accesso agli aiuti, chiediamo al Governo la coerenza nei fatti: se davvero si riapriranno i valichi ed entreranno gli aiuti, non si permetta l’affido della distribuzione in hub gestiti nella Striscia dai militari israeliani o soggetti altri, ma siano le Agenzia Umanitarie ONU insieme a noi a farlo. Il Governo italiano si prenda le sue responsabilità, non sia più complice di questi massacri. Non si può continuare ad assistere a tutto questo, il possibile e quel che pare impossibile deve esser fatto per trovare la via della pace giusta e di diritti per il popolo palestinese, garantendo così anche la sicurezza ad Israele, perché la politica attuale del suo Governo ha messo in serio pericolo il Paese. Lo dimostra l’attentato terroristico di queste ore che ha visto l’omicidio a Washington di due diplomatici israeliani, come i proiettili che ieri hanno sfiorato la delegazione diplomatica internazionale, tra cui il console italiano, in Cisgiordania. Serve altro per svegliar le coscienze della politica?

Qual è stato l’obiettivo della Carovana per Rafah, chi avete incontrato, quali risultati avete ottenuto e cosa intendete continuare a fare?
Dal 16 al 18 maggio si è tenuta un’iniziativa di continuità con quella organizzata a marzo di un anno fa: la Carovana per Rafah, promossa dalla Rete AOI, ARCI, Assopace Palestina, insieme a parlamentari dell’intergruppo per la pace tra Palestina e Israele, eurodeputati, docenti universitari, giuriste e giuristi, giornaliste e giornalisti. 54 partecipanti. Il primo obiettivo era quello di arrivare a Rafah, niente affatto scontato, perché il passaggio del Sinai richiede permessi che non vengono facilmente accordati. L’impegno dell’Ambasciata italiana al Cairo perché si potesse raggiungere il valico come richiesto è stato encomiabile. La Carovana ha incontrato al Cairo all’arrivo e anche prima di ripartire per l’Italia attori dell’umanitario, organizzazioni palestinesi e anche rappresentanti della Lega Araba, raccogliendo testimonianze e aggiornamenti sull’operatività umanitaria nella Striscia, sulle violazioni, sulle condizioni. Il quadro è risultato quello che ahimè i freddi numeri ci restituiscono, dietro ai quali ci sono le vite e le storie delle persone, le famiglie divise o cancellate, le città dove si è nati e cresciuti ridotte a paesaggi lunari o da distruzione post conflitto nucleare globale. Sarà difficile per chi ha fatto parte della delegazione dimenticare i bellissimi sorrisi di bambine e bambini e ragazze e ragazzi dei Centri educativi per sfollati palestinesi visitati: 5 Centri attivi con 3.500 iscritti e richieste che superano le 9.000, perché le scuole egiziane non li ammettono. Una nuova generazione che nonostante tutto, insieme alle famiglie quando ci sono ancora, non intende smettere di credere in un mondo migliore anche per loro. Attiviste e attivisti per i diritti umani hanno chiesto di intensificare l’attività diplomatica della società civile per lo stop al genocidio, denunciando la tendenza nei palestinesi alla perdita totale di fiducia nella comunità internazionale. Giornaliste e giornalisti italiani si sono confrontati con i colleghi palestinesi: 217 di loro sono stati uccisi, tra cui 27 donne e 400 feriti gravemente e alcuni resi disabili. Sono obiettivi sensibili per l’esercito israeliano, perché testimoniano l’orrore in tempo reale. Un viaggio tra sofferenza, distruzione ma anche resilienza. La Carovana ha continuato il viaggio verso Rafah con la tappa ad Al-Arish, nel Sinai del Nord, dove ha potuto sentire il rumore assordante degli attacchi militari nella Striscia. Ogni secondo è causa di una morte. Con l’arrivo a Rafah, sotto la scorta militare egiziana per tutto il viaggio, è riuscita nell’obiettivo di registrare il blocco del valico, le centinaia e centinaia di camion di aiuti fermi, le tende degli sfollati. Anche RAI3 ha trasmesso le immagini di quella giornata. La Carovana è stata la delegazione più numerosa, tra quelle dei Paesi internazionali arrivati in 17 mesi al valico. L’altro obiettivo, il più difficile, arduo, che la Carovana si era proposta era l’entrata a Gaza. Quel valico è da mesi sbarrato alle persone, agli aiuti. Israele non lascia la presa. Davanti al valico è stato steso dalla delegazione un grande striscione con la scritta “Basta complicità”. Se non si agisce subito il valico verrà riaperto solo per deportare la popolazione palestinese e completare l’annessione della Striscia di Gaza. La Carovana non si ferma a Rafah, le organizzazioni promotrici continuano il cammino di denuncia e azione pacifica per silenziare il frastuono delle bombe e ottenere giustizia per le vittime e tutto il popolo palestinese. Il 21 maggio durante la discussione in Parlamento eravamo presenti in Piazza Montecitorio con lo striscione esposto a Rafah “Stop Complicity”. Serve un evento nazionale dove convergano tutte le cittadine e i cittadini che provano rabbia, vergogna, solidarietà per uscire dal torpore e dai social e riprendersi la piazza: 150.000 persone con le maglie rosso sangue il 18 maggio all’Aja hanno marciato compatte; cittadine e cittadini, movimenti e aderenti ai partiti, organizzazioni e Reti nazionali.

Papa Francesco si è espresso in questi lunghi mesi per la Pace a Gaza, come in Ucraina. Lo ha ripetuto fino all’omelia di Pasqua, il giorno prima della sua morte. Crede che Leone XIV darà continuità a questo impegno? È importante secondo voi?
Affacciandosi per la prima volta come Papa Leone XIV, l’ex Cardinale Prevost, ha detto di volere l’affermazione di una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante”, rivolto alla piazza e al mondo in ascolto. Al momento del suo insediamento ha detto esplicitamente: “A Gaza, i bambini, le famiglie, gli anziani, i sopravvissuti sono ridotti alla fame”. Quando ha un’occasione lo ricorda. Un ottimo inizio di Pontificato. Leone XIV è stato missionario in zone del mondo dove violenza e fame creano vittime civili innocenti. È un Agostiniano e l’ong di questo ordine aderisce ad AOI. Il cammino di Francesco non credo che sulla Pace giusta si fermi. Presto, mi auguro, speriamo di incontrarlo. Intanto accogliamo le sue parole come stimolo e sostegno.

24 Maggio 2025

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