Il 25 aprile della premier
Meloni, se davvero sei antifascista ritira il decreto sicurezza e chiudi i Cpr
Dai migranti deportati in Albania al pugno duro contro i carcerati, privati di ogni diritto, il governo ha compiuto atti da regime autoritario. Li cancelli
Politica - di Piero Sansonetti

Giorgia Meloni ieri ha detto una cosa importante. “La nazione onora la sua ritrovata libertà e riafferma la centralità di quei valori democratici che il regime fascista aveva negato e che da settantasette anni sono incisi nella Costituzione repubblicana”. In pratica, finalmente, dopo due anni e mezzo da quando sta a Palazzo Chigi, ha ceduto alla richiesta delle opposizioni di dichiararsi antifascista. Nella sostanza. Perché mi pare che, formalmente, la parola “antifascista” lei ha evitato di pronunciarla. Non so se adesso continueranno a tempestarla con la richiesta di dirsi apertamente antifascista, usando un termine che, nella sua mente e nei suoi ricordi, è troppo simile alla parola comunista.
Il problema, credo, non è affatto quello delle parole. A me questa contesa pare pura retorica, e mi sembra anche un modo per vedere l’antifascismo come uno stiker, un distintivo, un rito. Credo che l’antifascismo sia un valore politico autentico e molto forte, assai moderno, che consiste nella difesa di grandi valori, come la libertà, il diritto, l’uguaglianza. Ed è proprio su questo terreno che questo governo mi pare che sia molto indietro. Vogliamo parlare di libertà, in un paese nel quale i disperati che arrivano via mare e via terra, stremati a chiedere soccorso e protezione vengono rinchiusi in un carcere e talvolta anche deportati, in violazione aperta della Costituzione? O vengono consegnati agli sbirri della Libia pagati dall’Italia per torturarli?
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Vogliamo parlare di libertà, o addirittura di garantismo – visto che in fondo la destra, in Italia, nasce per iniziativa di un liberale come Berlusconi – a proposito di un governo che in metà legislatura ha istituito una trentina di nuovi reati, ha aumentato le pene, ha inzeppato il codice penale di aggravanti, ha esercitato politiche proibizioniste, ha ridotto il diritto a manifestare e ha proibito ai detenuti di pronunciare persino sottovoce delle parole di protesta? Vogliamo parlare di diritto, in presenza di prigioni sovraffollate e dunque illegali, e di un governo che respinge con sdegno e arroganza le richieste di amnistia avanzate dal papa e persino dall’associazione dei magistrati, e che cancella la giornata di ricordo degli errori giudiziari offendendo anche la memoria di Enzo Tortora? Vogliamo parlare di uguaglianza di fronte a un governo che respinge la richiesta di fissare un minimo salariale in un’Europa dove tutti i paesi hanno un minimo salariale, e respinge peraltro una richiesta (9 euro lordi all’ora) che è inferiore, molto inferiore, alla quasi totalità degli altri paesi?
Io credo che siano queste le cose che servono per misurare il grado di fascismo o di antifascismo. Non la ricerca dei busti di Mussolini a casa della sorella di La Russa, dei quali francamente mi interessa proprio niente. Ieri il presidente della Repubblica è tornato a dar fiato allo splendido grido di Piero Calamandrei: “Ora e sempre resistenza”. Questo grido risale al 1952, quando il capo delle forze di occupazione tedesche in Italia, il generale Kesserling, fu scarcerato dopo avere avuto la grazia dagli inglesi. Non era un comunista, Calamandrei. Non era dei centri sociali o di Askatasuna. Era un liberale. Compagno di Rosselli, di Giovanni Amendola, seguace di Croce. Cosa voleva dire con quella espressione? E perché Mattarella ieri lo ha ricordato e ripetuto?
Perché non è vero che il fascismo è morto. Ha messo il belletto, ma è sempre lì: forcaiolismo, autoritarismo, xenofobia, egoismo e darwinismo sociale, classismo: questo è fascismo. E oggi la sua ideologia è molto diffusa in gran parte della maggioranza che ci governa. E danza attorno a Palazzo Chigi. Sarebbe stato un grande giorno se Meloni avesse detto: io non abiuro, anzi inneggio ad Almirante. Però ritiro il decreto sicurezza, chiudo il campo di concentramento in Albania, abolisco i Cpr, concedo indulto e amnistia e depenalizzo cento reati. Non vi sembra? Invece no. Belle parole, ma il rischio chesi faccia il monumento a Kesselring è sempre lì.