L'internazionale nera di Trump
Il saluto nazista di Bannon ennesima grana per Meloni: le relazioni pericolose della premier
Prima Musk contro Zelensky, poi il braccio teso del guru trumpiano. Opposizioni all’attacco: “Indegno, Meloni deve ritirare la sua partecipazione”
Esteri - di David Romoli

L’esercizio di alto equilibrismo di Giorgia diventa ogni giorno più difficile. Come se non bastasse dover camminare sulla fune sottile tesa tra l’Europa e la nuova Casa Bianca ci si mettono pure quelli che scuotono i pali come forsennati. Tipi che o sono vicinissimi al tycoon presidente come Elon Musk o lo sono stati e sognano di tornarlo come Steve Bannon.
Il guaio più serio è quello che provoca Elon ma probabilmente con regia dello stesso presidente. Garbato come sempre pubblica sul suo X un post in cui definisce Zelensky “un dittatore che si nutre dei cadaveri dei suoi soldati e guida una gigantesca disgustosa macchina della corruzione”. Potrebbe trattarsi di una incontinenza del patron di Tesla, tanto più che nelle stesse ore l’inviato di Trump per l’Ucraina Kellogg, reduce da un incontro con Zelensky il giorno prima, parlava di “discussioni approfondite con un leader coraggioso”. Se non fosse che dalla Casa Bianca facevano partire indiscrezioni sull’ideuzza di spedire il presidente ucraino in esilio a Parigi.
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Non è affatto escluso che il massacro degli ultimi giorni avesse come preciso obiettivo convincere Zelensky a concedere agli americani quello che vogliono: minerali e terre rare. Se le cose stanno così, Trump potrebbe essere accontentato molto presto. Ieri pomeriggio il Consigliere per la sicurezza nazionale Mike Waltz ha anticipato che l’accordo, al quale Zelensky aveva provato a opporsi per “non svendere l’Ucraina”, sta invece per essere firmato. Cameriere, champagne. Se l’assedio dei giorni scorsi doveva avere la funzione di pistola alla tempia del recalcitrante la resa dovrebbe quanto meno mettere fine alla campagna contro Zelensky. Per la premier italiana sarebbe una buona notizia.
La formula alla quale pensa di appigliarsi per stare con Trump senza rompere con l’Europa prevede la conferma di tutte le posizioni prese in passato, dunque nessuna ambiguità su chi ha iniziato la guerra e nessuna ombra sul presidente ucraino. Salvo poi, a partire da quelle posizioni distinte da quelle di Washington, arrivare alle medesime conclusioni del presidente Usa: l’Ucraina, aggredita o meno, deve cedere terre a Putin in cambio della pace. Per tenersi in equilibrio su una simile posizione scivolosissima, però, la premier ha bisogno che la cacciata e l’esilio di Zelensky non diventino una priorità per Trump, o tutto diventerebbe molto più difficile. E se non è escluso che il pestaggio mirasse a rendere più malleabile l’ucraino non lo è neppure che invece la sua testa sia una delle condizioni poste da Putin. In quel caso per Meloni evitare di schierarsi contro Trump, l’ultimissima cosa che vuol fare, diventerebbe un’impresa.
Il guaio provocato da Bannon ha molto meno spessore. In compenso ha rilievo mediatico molto più immediato e diffuso. L’ex consigliere di Trump ha concluso il suo intervento di fronte alla convention dei Conservatori a Washington con il braccio destro teso nel noto saluto. Il presidente del partito di Marine Le Pen Rassemblement National Jordan Bardella, il cui intervento alla Convention era in calendario per oggi, ha declinato. Un comunicato indica nel “gesto fatto in riferimento all’ideologia nazista” il motivo del forfait. Oggi dovrebbe parlare, in video, anche Giorgia Meloni e tutta l’opposizione in coro, con la significativa eccezione dei 5S, “trumpiani del centrosinistra”, le ordina di non partecipare, pena il rivelarsi “più a destra di Bardella”.
In realtà la situazione dei partiti di Giorgia e di Marine Le Pen è molto diversa. Il Rassemblement è la formazione di destra meno trumpiana che ci sia, la più tiepida nel complimentarsi con la vittoria del tycoon nel novembre scorso. Per ragioni di nazionalismo, anzi di sciovinismo, la grandeur francese che mal sopporta l’idea di una destra occidentale a guida americana. Per Bardella smarcarsi è quindi più facile che per l’italiana, che mira invece a imporsi come referente privilegiato della Casa Bianca in Europa. Ma è un fatto che quel saluto romano, probabilmente un tentativo di Bannon di superare a destra il rivale Musk, sommato alle fucilate che continuano a prendere di mira Zelensky rende per Giorgia tutto ancora più difficile.