La replica alle invettive di Mosca

Mattarella non si piega e bacchetta il Cremlino: “La Russia rispetti l’Onu e il diritto internazionale”

“Deve rispettare la sovranità altrui e la carta dell’Onu”, è il nuovo affondo che arriva dal Montenegro. Ma è anche un pungolo all’Europa

Politica - di David Romoli

19 Febbraio 2025 alle 08:00 - Ultimo agg. 19 Febbraio 2025 alle 10:03

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Foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica/ Quirinale/LaPresse
Foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica/ Quirinale/LaPresse

La risposta di Mattarella arriva dal Montenegro, in conferenza stampa, e non è affatto estemporanea e improvvisata come sembra. Il presidente aveva deciso di sfruttare la visita in Montenegro per replicare al nuovo attacco di Mosca già lunedì pomeriggio, quando la versione ufficiale parlava di “sereno silenzio”. Un po’ perché comunque una risposta in conferenza stampa ha peso e pesantezza diversi da una dichiarazione ufficiale del Quirinale e un po’ per evitare il rischio di intralciare i lavori del vertice di Parigi, terminati peraltro senza concludere quasi niente come era ampiamente prevedibile e previsto.

Stavolta il Presidente pesa le parole, tutt’altro che reticente ma attento a non offrire appigli facili alla Russia per rinfocolare la polemica. Dunque nessun paragone azzardato con il Terzo Reich ma solo la denuncia della violazione del diritto internazionale da parte di Mosca: “La posizione dell’Italia è nitida, limpida, chiarissima: l’invito al ristabilimento del diritto internazionale e della sovranità di ogni Stato, qualunque sia la sua dimensione”. Sempre per evitare equivoci Mattarella ricorre di nuovo alla storia ma a quella recente e specifica, alla decisione dell’Ucraina di privarsi di un ricchissimo arsenale nucleare in cambio dell’impegno a rispettarne indipendenza e integrità territoriale.

Il presidente cerca anche una formula in grado di dissipare ogni sospetto di pregiudizio antirusso. Esprime l’auspicio che la Russia “torni a svolgere il suo rilevante ruolo nel contesto internazionale nel rispetto della sovranità di ogni Stato, del diritto internazionale e della Carta dell’Onu”. La conclusione è ugualmente netta: va ricercata sì la pace ma una pace “giusta e non fittizia, fragile, superabile o accantonabile nell’arco di poco tempo”. All’origine della replica calibrata ma anche dura del presidente italiano non c’è un classico botta e risposta polemico. La scelta di replicare risponde anche e soprattutto alla convinzione che la Russia abbia reagito con tanta aggressività e proprio ora, nonostante Mattarella ripeta le stesse cose da anni perché si sente molto più forte grazie a Trump e mira a imporre all’Europa di tenersi fuori dai giochi senza impicciarsi delle trattative a due tra Putin e Trump. La risposta di ieri di Mattarella era in nome dell’Italia ma anche dell’Europa.

Il presidente non è il solo italiano ad aver alzato ieri la bandiera europea. Mario Draghi, presentava di fronte al Parlamento europeo il suo report sulla competitività e la situazione gli ha offerto l’occasione adatta per tornare alla carica. “Possiamo aspettarci di essere lasciati in gran parte soli a garantire la sicurezza dell’Ucraina e della stessa Europa”, affonda subito la lama l’ex premier. I dazi, prosegue, colpiranno l’Europa due volte e la mazzata più dolorosa non saranno le tasse sui prodotti esportati negli Usa ma la riconversione cinese sui mercati europei conseguente ai dazi contro la Cina, il nodo dell’energia e dei suoi costi è cruciale. Tanto più, incalza l’ex presidente della Ue, vanno adottate le ricette che indicava già nel suo report ma ora con urgenza ancora maggiore. Bisogna agire come uno Stato unico mettendo da parte le differenze. La difesa comune è una priorità e l’ordine degli investimenti necessari è ciclopico: sugli 800 miliardi all’anno se va bene. La sola via è il debito comune e la rimozione delle barriere interne.

Una volta, molti anni fa, Prodi ammise i limiti dell’edificio europeo, aggiungendo però “ma a un certo punto arriverà una crisi”. Intendeva dire che la necessità di fronteggiare le crisi avrebbe costretto l’Unione a diventare quel che non era al momento della sua nascita. Di crisi ne sono da allora arrivate almeno tre. Qualche passo avanti si è fatto, sia ai tempi della crisi dei debiti sovrani sia in quella Covid. Ma sono stati passi minimi e non definitivi. La crisi che si prospetta ora è più grave e più strutturale. Prodi il pragmatico prova a sfruttarla per ottenere quel cambio di marcia europeo che persegue da sempre. Ma in una Unione dove non si ha neanche il coraggio di dire come saranno spesi i 500 miliardi già stanziati per la difesa per paura di rafforzare la AfD in Germania, le chances di successo, per i Draghi e per i Mattarella d’Europa, sono più che ridotte.

19 Febbraio 2025

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