Il summit Ue
Vertice di Parigi, sull’Ucraina l’Europa esce debole e divisa: sì a più spese militari, no a soldati a Kiev
Tra proteste dei non invitati, posizioni pro Usa (Orban e Meloni) e velleità risibili (“Vogliamo mandare truppe a Kiev, ma chiederemo a Washington”), il summit è un flop
Esteri - di Umberto De Giovannangeli

In tempi “festivalieri”, il summit di Parigi sull’Ucraina può prendere come sua colonna sonora il refrain di una evergreen sanremese: “Si può dare di più”. Più armi, più soldati, più sanzioni. A patto, però, che vi sia l’accordo dell’America. Solita musica, verrebbe da scrivere. Se non fosse che l’America di Trump sull’Ucraina gioca in proprio e non nel Vecchio continente ma a Riad. Con la Russia, e senza l’Ucraina. Con l’Arabia Saudita, e senza l’Europa.
Un’Europa che, anche questo è un deja vu, si presenta al vertice straordinario voluto da Emmanuel Macron, in ordine sparso. Tra malpancisti, Giorgia Meloni, e quelli del “non qui, non ora”. Come Olaf Scholz cancelliere federale tedesco a Parigi per il vertice da Macron, che, prim’ancora dell’inizio dei lavori, dichiara, a margine di una iniziativa elettorale (domenica si vota in Germania) che sia troppo presto per parlare della possibilità di impiegare truppe di pace in Ucraina. «È molto importante capire che manca ancora molto fino a quel momento», ha ribadito Scholz secondo il quale fino a quando ci sarà guerra non si potrà parlare di truppe europee in Ucraina. Si tratta, secondo il cancelliere, di capire come possa essere assicurata la pace senza decidere sulla testa degli ucraini. E poi, ci sono quelli che a Parigi non ci sono e che sparano ad alzo zero contro il vertice.
«I leader europei anti-Trump e sostenitori della guerra si sono riuniti oggi (ieri per chi legge, ndr) a Parigi per bloccare gli sforzi di pace in Ucraina». Lo ha dichiarato il ministro degli Esteri ungherese, Peter Szijjarto, ieri in visita ad Astana. Il ministro – secondo quanto riportato dal portavoce del governo di Budapest – ha sottolineato che Ungheria e Kazakistan hanno sempre sostenuto la pace, la sovranità e l’interesse nazionale, posizioni che li hanno resi bersagli di attacchi liberali. Tuttavia, con Donald Trump in carica, «l’era della politica interventista è finita». Szijjarto accoglie quindi con favore la ripresa dei colloqui di alto livello tra Stati Uniti e Russia, affermando che il dialogo tra Trump e Putin offre la migliore speranza per porre fine alla guerra. «A differenza di coloro che si vedono a Parigi, che hanno alimentato l’escalation per tre anni, noi sosteniamo gli sforzi di pace e i negoziati», ha aggiunto.
Alla faccia dell’unità d’intenti del Vecchio continente. Quanto a Kiev, il presidente ucraino Volodymyr Zelensky ha dichiarato che il suo Paese non prenderà parte ai colloqui tra Stati Uniti e Russia in programma nei prossimi giorni per porre fine alla guerra e non accetterà l’esito dei colloqui se l’Ucraina non parteciperà. Parlando ai giornalisti in una conferenza telefonica dagli Emirati Arabi Uniti, Zelensky ha affermato che il suo governo non era stato invitato ai colloqui previsti per martedì in Arabia Saudita e ha aggiunto che non avrebbero «prodotto alcun risultato», data l’assenza di funzionari ucraini.
Sono le 16,40 quando all’Eliseo inizia il summit informale. Il primo capo di governo a essere accolto da Macron nella sede della presidenza francese è stato il britannico Keir Starmer, seguito dal premier olandese, Dick Schoof, dal cancelliere tedesco Olaf Scholz e dal primo ministro spagnolo Pedro Sanchez. All’Eliseo anche il segretario generale della Nato, Mark Rutte e i vertici Ue, Antonio Costa e Ursula von der Leyen. Leggero ritardo per il capo del governo polacco Donald Tusk. La premier Giorgia Meloni è arrivata per ultima, alle 17. Prima dell’inizio della riunione, ha fatto sapere l’Eliseo, Macron ha avuto un colloquio telefonico con il presidente americano, Donald Trump. I leader discutono, dichiarano, mediano. Ma le questioni che contano fanno parte della “diplomazia sotterranea” o quasi.
I leader europei stanno decidendo sull’invio di truppe in Ucraina come parte di un accordo di cessate il fuoco e stanno anche sondando il team di Trump su quale tipo di supporto militare statunitense otterrebbero. Lo scrive il Washington Post citando quattro fonti a conoscenza del dossier. Secondo il Post il piano europeo prevederebbe una forza di “deterrenza” di poche brigate, forse 25.000-30.000 soldati, che non sarebbero di stanza lungo la linea di contatto ma sarebbero pronti a intervenire come dimostrazione di forza se le forze russe cercassero di riavviare la guerra. Le richieste europee agli Usa includerebbero capacità di intelligence, sorveglianza e ricognizione, nonché una potenziale copertura aerea o un qualche tipo di aiuto nelle difese aeree per proteggere la forza, hanno affermato le fonti che concordano sul fatto che il sostegno degli Stati Uniti sarebbe fondamentale e che accoglierebbero con favore chiari avvertimenti da parte di Washington alla Russia, in forma pubblica o privata, contro qualsiasi tentativo di attaccare la forza o di riaccendere un conflitto in piena regola.
Un’altra questione chiave per gli europei è come rispondere se la Russia dovesse attaccare la forza europea: sul tavolo la possibilità di inserire una clausola di mutua difesa tra i paesi coinvolti nella coalizione europea, che non opererebbe sotto la bandiera della Nato. No a una “pace imposta tramite diktat all’Ucraina”. Lo dice il cancelliere tedesco, Olaf Scholz, lasciando l’Eliseo dopo il vertice informale dei leader. “L’Ucraina non può accettare tutto ciò che le viene presentato, a nessuna condizione”, ha aggiunto. “L’Ucraina può fidarsi di noi”, gli europei “continueranno a sostenere” Kiev. Come? È «altamente inappropriato» discutere ora dell’invio di truppe in Ucraina, taglia corto Scholz. Cala il sipario.