I racconti dei prigionieri
Tutti gli orrori di Hamas: la violenza è una infamia che deve superare le barriere
Possiamo, un giorno, trovarci uniti nel sostenere che l’orrore della violenza sui prigionieri, sulle donne e gli uomini è una infamia che supera le barriere politiche e gli schieramenti?
Esteri - di Piero Sansonetti

I racconti dei prigionieri di Hamas sono agghiaccianti. I giornali ne parlano poco. Sembra quasi che se denunci gli orrori di Hamas allora vuol dire che stai dalla parte di Netanyahu. È vero anche il contrario. Se protesti per le atrocità israeliane a Gaza, e per le stragi e le distruzioni, qualcuno ti accusa di reggere bordone ad Hamas e di aver fatto il tifo per l’orrore del 7 ottobre.
Il problema non è la saldezza delle posizioni e la differenza drastica dei punti di vista. Personalmente, in questa crisi, sto dalla parte dei palestinesi che hanno visto uccidere quaranta o cinquantamila dei loro fratelli e sorelle, e hanno visto massacrati dalle bombe, morti o mutilati, alcune migliaia di bambini delle elementari. E sto dalla loro parte in modo molto fermo e indignato. So che esistono molte persone, assolutamente oneste, che stanno dalla parte di Israele per una serie di ragioni, alcune validissime, che esamineremo un’altra volta. Non credo però che stare da una parte o dall’altra ci debba impedire di vedere gli orrori che travolgono ogni senso dell’umanità,
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Ho letto l’altro giorno i racconti degli ostaggi liberati dopo più di 500 giorni. Non mi ha colpito tanto la cerimonia oscena del rilascio, prova di una cultura politica e di guerra (se mai potesse esistere una cultura di guerra) molto rozza. Mi colpiscono le torture. Il fatto che uomini e donne come me e come voi sono stati tenuti per un anno e mezzo in un cunicolo. Senza aria, senza luce. Talvolta senza la possibilità di alzarsi in piedi. Con un bicchiere d’acqua al giorno, con pochissimo cibo. E che sono state picchiate, ferite, bastonate. Sottoposte continuamente a torture. Tenute all’oscuro di tutto quello che succedeva fuori.
Appese per i piedi a testa in giù per ore e ore. Spinte al suicidio senza che potessero neppure avere i mezzi per suicidarsi. Io credo che ci sia un modo solo per comprendere e giudicare queste cose: pensare a se stessi. Immaginare i sentimenti, il dolore, la disperazione nera che potrebbe prendere ciascuno di noi in queste condizioni. E immaginare che questa cosa sia avvenuta davvero, proprio in questi giorni, e continui ad avvenire oggi, a dei nostri fratelli e a delle nostre sorelle, persino a dei bambini, ebrei, ma non cambierebbe niente se fossero cristiani o musulmani.
La parola ebrei, comunque, conta. Perché nell’orgia sadica che sta avvenendo nei sotterranei di Gaza si mescola odio e antisemitismo. L’antisemitismo, forse più di ogni altra forma di razzismo, è sempre alimentato dall’odio. È fatto con la stessa sostanza materiale e umana. Ed è una cosa orrenda, dalla quale bisogna guardarsi. Non si tratta di coltivare il complesso dell’olocausto, della Shoah. Si tratta di sapere che antisemitismo e Shoah sono mescolati e sono due “circostanze” non distinguibili. Non esiste l’antisemitismo dolce. Concettuale. Nonviolento. L’antisemitismo è sempre una forma di approvazione o comunque di ridimensionamento della Shoah. L’antisemitismo più innocuo ha sempre a che fare con la banalità del male.
Non capisco perché non si possano sostenere queste tesi confermando la condanna più ferma dell’azione criminale del governo Netanyahu. Non vedo perché sia necessario, per condannare e combattere le atrocità di Hamas, una qualche indulgenza verso i crimini di guerra dell’esercito israeliano. Non mi appassiona la discussione sul genocidio. È o no genocidio la criminale azione di guerra dei Israele? Non lo so. Credo che abbia ragione Liliana Segre quando invita a distinguere tra genocidio e crimini contro l’umanità. E a non usare la parola genocidio per alludere a una somiglianza tra lo Stato ebraico e lo sterminio organizzato da Hitler. Ha ragione. La storia della civiltà moderna è macchiata da una colpa incancellabile che è la Shoah. E la Shoah non va minimizzata, non va degradata, non va paragonata. Putin non è Hitler. Netanyahu non è Hitler. Hamas non è Hitler.
La Shoah è il male assoluto e gli autori della Shoah sono gli europei e in particolare i tedeschi e gli italiani. Cerchiamo di non sfuggire. Usare la parola genocidio come una clava è sbagliato e rischia di accendere l’antisemitismo. Posso però paragonare il delitto di Netanyahu a quelli commessi in Vietnam da Johnson e da Nixon? O dai francesi in Algeria? O dai giapponesi in Cina? E posso, mentre faccio questo, manifestare l’orrore per le infamie di Hamas, restando filo-palestinese e non considerando il termine “pro-pal” come una specie di offesa? Possiamo, un giorno, trovarci uniti nel sostenere che l’orrore della violenza sulle donne e gli uomini è una infamia che supera le barriere politiche e gli schieramenti?