Si avvicina il cessate il fuoco?

Il cessate il fuoco tra Israele e Hamas in tre fasi: dallo scambio ostaggi, al governo della Striscia di Gaza

La bozza dell’accordo prevede tre fasi: nella prima, che Hamas si appresta ad accettare, 5 soldatesse israeliane verranno liberate in cambio di 250 palestinesi

Esteri - di Umberto De Giovannangeli

15 Gennaio 2025 alle 07:00

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AP Photo/Ariel Schalit, File
AP Photo/Ariel Schalit, File

Per un giorno, una buona notizia dalla martoriata Terrasanta. L’accordo tra Hamas e Israele per un cessate il fuoco a Gaza è raggiunto: verranno scambiati prigionieri israeliani in cambio di ostaggi e nello scambio ci sono anche 5 soldatesse per 250 prigionieri. In base alla bozza di accordo fra Israele e Hamas su un cessate il fuoco a Gaza e sugli ostaggi, di cui Associated Press ha preso visione, Israele rilascerebbe 50 detenuti palestinesi per ognuna delle 5 soldatesse israeliane che verrebbe liberata.

L’accordo in 3 fasi di cui riferisce AP, basato su un quadro delineato dal presidente degli Stati Uniti Joe Biden e approvato dal Consiglio di sicurezza delle Nazioni Unite – inizierebbe con il rilascio graduale di 33 ostaggi nell’arco di 6 settimane, fra cui donne, bambini, adulti anziani e civili feriti, in cambio di centinaia di donne e bambini palestinesi detenuti da Israele. Fra i 33 ostaggi ci sarebbero appunto 5 soldatesse israeliane, ognuna delle quali verrebbe rilasciata in cambio di 50 prigionieri palestinesi, fra cui 30 militanti condannati all’ergastolo. Alla fine della prima fase dell’accordo, tutti i civili – vivi o morti – verrebbero rilasciati. Per la prima fase dell’accordo la bozza prevede una durata di 42 giorni. Il testo prevede che durante questo periodo le forze israeliane si ritireranno dai centri abitati, i palestinesi potranno iniziare a tornare nelle loro case nel nord di Gaza e ci sarà un’ondata di aiuti umanitari, con circa 600 camion che entreranno ogni giorno nella Striscia.

I dettagli della seconda fase saranno poi da negoziare durante la prima. Questi dettagli rimangono difficili da risolvere e l’accordo non include garanzie scritte che il cessate il fuoco continuerà fino al raggiungimento di un accordo. Ciò lascia la possibilità che Israele riprenda la sua campagna militare dopo la fine della prima fase. I tre mediatori tuttavia – cioè Usa, Qatar ed Egitto – secondo quanto riferito da un funzionario egiziano hanno dato a Hamas garanzie verbali che i negoziati continueranno come previsto e che faranno pressione prima della fine della prima fase per un accordo per attuare la seconda e la terza fase.

L’accordo consentirebbe a Israele, durante la prima fase, di mantenere il controllo del Corridoio Filadelfia, cioè la fascia di territorio lungo il confine di Gaza con l’Egitto, da cui Hamas aveva inizialmente chiesto il ritiro di Israele. Tuttavia, Israele si ritirerà dal Corridoio Netzarim, una fascia che attraversa la parte centrale di Gaza, dove Tel Aviv aveva cercato di istituire un meccanismo per controllare i palestinesi quando sarebbero tornati nel nord della Striscia per evitare che avessero armi. Nella seconda fase, secondo la bozza di accordo, Hamas rilascerebbe gli ostaggi ancora in vita, soprattutto soldati maschi, in cambio di altri prigionieri e del “completo ritiro” delle forze israeliane da Gaza. Infine, la terza fase dell’accordo prevede che i corpi degli ostaggi rimanenti verrebbero restituiti in cambio di un piano di ricostruzione da 3 a 5 anni da realizzare a Gaza sotto la supervisione internazionale.

“La palla è ora nel campo di Hamas. Se Hamas accetta, l’accordo è pronto per essere concluso e attuato”, afferma ha il segretario di Stato americano Antony Blinken a Washington, parlando al think tank Atlantic Council. Per poi aggiungere: “L’Autorità Nazionale Palestinese dovrebbe gestire Gaza nel dopoguerra insieme alle Nazioni Unite e ai partner stranieri”. Grida allo scandalo l’ultradestra israeliana. Grida ma non abbandona le poltrone governative. “L’accordo è davvero catastrofico”. Lo ha dichiarato il ministro della Sicurezza Nazionale Itamar Ben Gvir su Telegram, riferendosi alla tregua a Gaza. Dopo il ministro delle Finanze di estrema destra Bezalel Smotrich, il membro dell’estrema destra del governo del premier israeliano Benjamin Netanyahu è il secondo ministro a opporsi pubblicamente a un accordo, ma ha affermato che non avrebbe fatto cadere la coalizione al potere. “Ciò cancella di fatto i risultati ottenuti con fatica durante la guerra, ottenuti a caro prezzo del sangue dei nostri soldati a Gaza”, ha affermato Ben Gvir. “Si tratta di una decisione consapevole, presa con la volontà di pagare il prezzo con la vita di molti altri cittadini israeliani, che purtroppo dovranno sopportare il peso di questo accordo”.

Annota Alon Pinkas, analista politico di Haaretz, un passato, importante, in diplomazia: “Gli ostaggi malati che marciscono nei tunnel da 15 mesi e gli oltre 120 soldati israeliani uccisi da quando Benjamin Netanyahu ha rifiutato un precedente accordo con Hamas per il cessate il fuoco e gli ostaggi sono l’ultima delle preoccupazioni del primo ministro israeliano. Voleva essere messo sotto pressione proprio in vista dell’insediamento di Trump… Si tratta di un accordo straordinariamente tenue, considerando ciò che Hamas è e i precedenti di Netanyahu. Non sorprenderebbe nessuno se Netanyahu dicesse ai suoi ministri riluttanti e imbronciati: ‘Non preoccupatevi, il cessate il fuoco non reggerà’. Per quanto lo riguarda, questo potrebbe proteggerlo sia dalle turbolenze politiche che da Donald Trump”.

 

15 Gennaio 2025

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