Israele sospende gli aiuti

I desaparecidos di Gaza, nella Striscia mancano all’appello 350mila persone: in gran parte donne e bambini

Lo rivela una ricerca dell’ateneo americano redatto dal professore israeliano Yaakov Garb. Nella Striscia ci sarebbero 450mila abitanti in meno rispetto a prima dell’assedio. Intanto Israele annuncia lo stop agli aiuti

Esteri - di Umberto De Giovannangeli

27 Giugno 2025 alle 07:00

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AP Photo/Jehad Alshrafi – Associated Press/LaPresse
AP Photo/Jehad Alshrafi – Associated Press/LaPresse

Hanno ucciso Gaza. Fisicamente. E ora mediaticamente. Hanno oscurato una mattanza infinita, usando la guerra all’Iran come arma di distrazione di massa. Distrarre il mondo da un crimine contro l’umanità che, in modalità e dimensioni, non ha precedenti dalla fine della Seconda guerra mondiale. 377 mila. Sono i desaparecidos di Gaza. Il 75% donne e bambini.

Secondo un recente studio di Harvard redatto dal professore israeliano Yaakov Garb, dal titolo “The Israeli/American/GHF “aid distribution” compounds in Gaza: Dataset and initial analysis of location, context, and internal structure”, le Forze di difesa israeliane (Idf) ) starebbero stimando che approssimativamente la popolazione in vita ancora a Gaza sia: 1 milione, nell’area di Gaza City; 350.000, nell’area centrale; 500.000, nell’area attorno a Mawasi come si può ben vedere nell’immagine dello slideshow. Questo rapporto fornisce mappe, dati di localizzazione e una breve analisi iniziale dei complessi di distribuzione degli aiuti israeliani/americani/GHF, rapidamente costruiti e operativi a Gaza nel maggio del 2025. La relazione geografica d’insieme di questi complessi con la popolazione di Gaza e con le infrastrutture di controllo militare israeliano su Gaza, nonché la loro architettura interna coerente, suggeriscono che la loro progettazione sia prevalentemente in risposta alla strategia e alle tattiche militari israeliane, piuttosto che finalizzata a un intervento umanitario di ampio respiro. Per le Idf , quindi, ci sarebbero a Gaza circa 450.000 palestinesi in meno rispetto a prima dell’assedio, ovvero prima di ottobre 2023. È noto che quelli che sono riusciti ad uscire non superano i 100.000. Che ne sarebbe dei 350.000 palestinesi che, escludendo quelli che sono riusciti ad andar via, le Idf non starebbero conteggiando più tra la popolazione di Gaza?

Nel report, pubblicato da Harvard Dataverse, emerge un dato agghiacciante: che gela il sangue: quasi un quinto della popolazione non è più registrabile da nessuna parte. Se metà della popolazione di Gaza sono bambini, significa che oltre 150.000 minori sono spariti, probabilmente morti sotto le macerie, Garb analizza in dettaglio la posizione e la struttura dei centri GHF, descrivendoli come “aree fortificate”, progettate con una logica più affine alla tattica militare che all’emergenza umanitaria. I complessi, infatti, sono ubicati in zone isolate, adiacenti a installazioni militari israeliane, accessibili solo attraversando “campi di macerie sterili”, corridoi militarizzati e zone cuscinetto soggette a fuoco diretto. In pratica: irraggiungibili per la maggioranza dei civili. Per chi riesce ad arrivarci, l’esperienza si trasforma in una marcia della disperazione: chilometri a piedi, sotto il sole, portando scatole di 15 kg di viveri, senza ripari, acqua o servizi igienici. Nessuna infrastruttura medica o spazio per soggetti vulnerabili. Il tutto sotto la supervisione di personale di sicurezza privato con esperienza militare.

Altro che aiuti umanitari

Garb afferma che l’intera architettura dei centri GHF è costruita come un “imbuto fatale”, ossia un punto di strozzatura dove l’accesso è controllabile, monitorato e, all’occorrenza, repressibile. Le strutture risponderebbero non a criteri di neutralità e assistenza, ma alla volontà di mantenere il massimo controllo con il minimo personale. Le vittime di questa architettura della dominazione sono i civili. Secondo il Ministero della Salute palestinese, almeno 450 persone sono state uccise e oltre 3.500 ferite nei pressi o durante il tragitto verso i centri GHF, attivi dal 17 maggio. Le testimonianze parlano apertamente di “trappole mortali”. Il meccanismo – secondo il rapporto – è perverso: chi sopravvive, è costretto a tornare più volte in questi centri per approvvigionarsi, creando una dipendenza ciclica e un’esposizione continua al pericolo. Garb avverte: «Questo ciclo può generare incidenti che poi vengono usati per giustificare ulteriori spari e uccisioni». Secondo il report, gli aiuti distribuiti sono sufficienti a sfamare 5,5 persone per 3,5 giorni. Un razionamento calcolato, che costringe la popolazione a spostamenti continui, in condizioni di estremo rischio. Non si tratta solo di inefficienza, ma – come conclude Garb – di una strategia deliberata, che “usa la fame e il soccorso come armi di guerra”.

Israele ha sospeso le consegne di aiuti a Gaza

Lo riporta Channel 12, che cita un funzionario israeliano. La notizia arriva poco dopo che l’ufficio di Benjamin Netanyahu ha annunciato di aver ordinato all’esercito di presentare entro i prossimi due giorni un piano per impedire ad Hamas di rubare gli aiuti umanitari. La fonte citata da Channel 12 afferma che la dichiarazione dell’ufficio del Primo Ministro è arrivata dopo che il ministro delle Finanze Bezalel Smotrich aveva minacciato di uscire dal governo se non fossero state prese misure immediate per impedire il saccheggio degli aiuti da parte degli uomini di Hamas. Affamare Gaza. Nel silenzio complice del mondo.

27 Giugno 2025

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