Ancora spari sulla folla
Nei centri di distribuzione di Gaza pallottole al posto di cibo
Ancora sparatorie nei pressi dei siti di assistenza gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation: 36 morti e oltre 200 feriti il bilancio di ieri secondo il ministero della Sanità palestinese
Esteri - di Umberto De Giovannangeli

Trentasei morti e oltre 200 feriti: è questo il bilancio provvisorio del ministero della Sanità palestinese relativo a una serie di sparatorie avvenute ieri nella Striscia vicino ai siti di assistenza allestiti in zone militari off-limits per i media indipendenti e gestiti dalla Gaza Humanitarian Foundation. La Ghf, sostenuta da Israele e dagli Stati Uniti, è stata creata per gestire la distribuzione di aiuti umanitari nella Striscia di Gaza, un compito prima svolto dalle Nazioni Unite. L’esercito israeliano ha ammesso di aver sparato colpi di avvertimento contro persone che, a suo dire, si erano avvicinate alle sue forze in modo sospetto. I palestinesi uccisi dal fuoco delle Forze di difesa israeliane erano in attesa di ricevere aiuti umanitari nei pressi del Corridoio di Netzarim.
È salito a 55.104 morti e 127.394 feriti il bilancio delle operazioni delle Forze di difesa israeliane (Idf) lanciate nella Striscia di Gaza dal 7 ottobre 2023. Lo riferisce lo stesso Hamas, citato da al-Jazeera, secondo cui almeno 120 palestinesi sono stati uccisi e altri 474 sono rimasti feriti negli attacchi israeliani a Gaza nelle ultime 24 ore. Inoltre, almeno 57 persone sono state uccise e più di 363 ferite dalle Idf da ieri mattina nei pressi dei centri di distribuzione degli aiuti umanitari, portando il numero totale di persone uccise nelle vicinanze dei siti a 224 e quelle ferite a 1.858, ha aggiunto il gruppo islamista.
Racconta Emergency: “Uno dei nostri colleghi gazawi, qualche giorno fa, ci ha raccontato di essere sopravvissuto per caso a un bombardamento: doveva raggiungere uno dei luoghi di ritrovo degli sfollati per cercare una connessione. Poco prima del suo arrivo, quel luogo è stato colpito. Una volta sul posto, ha visto che anche alcuni suoi amici erano rimasti uccisi. Si è salvato solo per una manciata di minuti. In una quotidianità segnata dal terrore, dalla fame, dalla mancanza di tutto il necessario per vivere, l’assenza di energia elettrica rende la popolazione sempre più isolata e sconnessa. Anche ricaricare il proprio telefono o collegarsi alla rete sono diventate azioni tutt’altro che scontate. Eppure, anche in un contesto così estremo, restare connessi con il mondo è un bisogno essenziale: per ricevere notizie delle persone amate, per testimoniare ciò che accade ogni giorno e per condividere una situazione inimmaginabile”.
Ed ancora: “‘Non sono riuscito a prendere niente. Sono partito a mani vuote e sono tornato a mani vuote a causa della folla che aspettava di prendere qualcosa, degli spari, dei posti di blocco. Così me ne sono andato’. Come racconta uno dei nostri colleghi gazawi, nei punti di distribuzione allestiti per la consegna dei pochi aiuti umanitari fatti entrare nella Striscia, la vita delle persone viene messa a rischio tra panico, caos e insicurezza. ‘Quando la consegna degli aiuti umanitari era gestita dalle Nazioni Unite, c’erano circa 400 punti di distribuzione attivi. Oggi ne funzionano solo quattro, per oltre due milioni di persone. Le conseguenze sono drammatiche: si contano già più di 100 tra morti e feriti’ racconta Andrea Bona, nostro medico a Gaza. Dopo due mesi di blocco, la sofferenza dei civili è atroce, indicibile: nella Striscia tutto quello a cui assistiamo ogni giorno è difficile da vedere, da comprendere e da accettare.
La popolazione di Gaza è a rischio carestia: gli aiuti umanitari devono entrare il prima possibile ed essere distribuiti in modo incondizionato e sicuro[…]Esplosioni e colonne di fumo: le vediamo salire verso il cielo dalla nostra casa, dall’auto, dalla clinica… ovunque. A Gaza questa è la ‘normalità’. Qui nessun luogo è sicuro. Qui alle persone viene negato tutto. ‘È così ogni giorno’, racconta la nostra infermiera Eleonora. ‘Andando e tornando dal lavoro, vediamo colonne di fumo come questa alzarsi sopra Khan Younis. Il rumore delle esplosioni ci accompagna sempre, anche mentre visitiamo i nostri pazienti’. A Gaza ogni limite è stato già superato. Serve un cessate il fuoco immediato. Serve che tutti gli aiuti ancora bloccati siano resi accessibili alla popolazione in modo incondizionato il prima possibile”.