Attaccate le basi Usa in Siria, Iraq e Qatar
In Iran già mille civili morti, la NATO difende USA e Israele: qual è l’obiettivo di Netanyahu
Netanyahu e Trump hanno chiarito, bombardando i palazzi delle istituzioni di Teheran, di mirare a un cambio di regime. Rutte a favore dei raid americani: “Non violano il diritto internazionale”
Esteri - di Umberto De Giovannangeli

Il “martello di mezzanotte” americano non basta al (quasi) padrone del mondo: Benjamin Netanyahu. Il premier israeliano ha un obiettivo dichiarato. E praticato. Che va ben oltre l’impedire all’Iran di dotarsi dell’arma nucleare. L’obiettivo di “Bibi” è il cambio di regime, l’annientamento del potere teocratico-militare iraniano. Ogni edificio pubblico è diventato un obiettivo da colpire. Bombardata l’Università di Teheran, l’aeroporto internazionale, il carcere di Evin.
L’Idf ha attaccato sei aeroporti iraniani nell’ovest, nell’est e nel centro del paese. Lo ha riferito il portavoce dell’esercito israeliano, il quale ha aggiunto che gli attacchi aerei hanno danneggiato piste, recinti sotterranei, un aereo di rifornimento e 15 caccia ed elicotteri F-14, F-5 e AH-1 appartenenti al regime iraniano. Ondate continue di missili balistici, lanciati a distanza di pochi minuti l’uno dall’altro, sono arrivate dall’Iran e continuano ad arrivare su tutto Israele. L’Idf fa sapere che sta intercettando i vettori missilistici. Il servizio di soccorso Magen David Adom rende noto che un missile non è stato abbattuto ed è caduto in Galilea. Gli attacchi israeliani hanno preso di mira anche la base Sarallah dei Guardiani della rivoluzione islamica (Irgc, pasdaran) a Teheran, in Iran. Lo riferisce l’emittente di opposizione iraniana con sede a Londra, «Iran International», secondo cui il quartier generale è un’istituzione per la gestione delle crisi di sicurezza e appartiene ai pasdaran della capitale. Alcune fonti parlano di decine di vittime.
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Sale a 950 morti (quasi il doppio di quelli indicati dalle cifre ufficiali) e 3.450 feriti il bilancio delle vittime degli attacchi condotti in Iran da Israele dal 14 giugno a ieri, secondo le stime aggiornate di Human Rights Activists News Agency (Hrana), organizzazione non governativa indipendente iraniana che si occupa di diritti umani. Lo si legge sul suo sito. L’ong calcola che in maggioranza si tratti di civili. La stessa fonte denuncia, inoltre, un numero di 640 arresti sul fronte interno in questi 10 giorni, sullo sfondo della stretta delle autorità di Teheran contro le proteste e i sospetti di spionaggio e collaborazionismo. L’esercito israeliano ha lanciato un avvertimento ai cittadini di Teheran annunciando che gli attacchi a siti militari intorno alla città continueranno anche nei prossimi giorni. L’avvertimento è giunto con un post su X: «Cari cittadini di Teheran, nei prossimi giorni l’esercito israeliano continuerà i suoi attacchi contro obiettivi militari nell’area di Teheran. Per la vostra sicurezza personale, vi chiediamo di stare lontani dai centri di produzione di armi, dai quartier generali militari e dalle istituzioni di sicurezza affiliate al regime», recita il messaggio in farsi.
Neanche fosse un funzionario Usa, ecco prendere la parola il segretario generale della Nato, Mark Rutte. «Non sono d’accordo sul fatto che ciò che hanno fatto gli Stati Uniti sia contrario al diritto internazionale», afferma Rutte, in merito alla «legalità» dei bombardamenti americani sui siti nucleari iraniani. «Gli alleati hanno concordato da tempo che l’Iran non deve sviluppare armi nucleari e hanno ripetutamente esortato il Paese a rispettare gli obblighi che incombono in virtù del trattato di non proliferazione», ha detto parlando alla stampa. Un Trattato mai sottoscritto da Israele. Tra una “martellata” e l’altra, a Washington regna la più totale confusione.
La Casa Bianca ha escluso che l’attacco ai siti nucleari iraniani abbia come obiettivo un cambio di regime a Teheran, smentendo di fatto il presidente Donald Trump, che in precedenza aveva evocato esplicitamente questa possibilità. «Non è politicamente corretto usare il termine “cambio di regime”, ma se l’attuale regime iraniano non riesce a rendere l’Iran di nuovo grande, perché non dovrebbe esserci un cambio di regime? MIGA!», ha scritto Trump su Truth social. Parole che hanno spinto i principali esponenti della sua amministrazione a intervenire per chiarire la posizione ufficiale. Il vicepresidente JD Vance ha dichiarato a NBC: «Non siamo in guerra con l’Iran», mentre il segretario di Stato Marco Rubio ha definito i raid come «non un’operazione per cambiare regime». La Casa Bianca ha ribadito che gli Stati Uniti non cercano un’escalation, ma restano pronti a rispondere a qualsiasi minaccia. Secondo quanto riportato da funzionari statunitensi, esiste un «rischio elevato» di ritorsioni da parte dell’Iran contro le forze statunitensi «nei prossimi giorni». L’allerta ipotizza un rischio immediato «entro 24 o 48 ore».