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Altro che Nato e guerra Israele-Iran, Meloni pensa soltanto ai migranti

Alla riunione di governo, nessuno dei nodi dell’attualità. Meloni dedica però un summit riservato alle nuove ondate di arrivi dalla Libia...

Politica - di David Romoli

21 Giugno 2025 alle 08:00

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Foto Roberto Monaldo / LaPresse
Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Il governo si riunisce alla vigilia di una settimana cruciale, quella nella quale si decideranno le modalità dell’innalzamento del contributo dei singoli Stati europei alla Nato e gli strumenti con i quali accedere al rialzo drastico delle spese militari europee al quale punta Ursula von der Leyen. Ovviamente nulla di tutto questo figura all’odg del cdm: per ora non c’è niente da decidere ma solo da fare il punto sui capitoli fondamentali della politica internazionale. Dunque appunto sul riarmo ma anche su cosa fare per rendere la richiesta di de-escalation nella guerra israelo-iraniana qualcosa in più di un inerme auspicio. All’ultimo momento spunta un’emergenza, che la premier decide però di affrontare in un vertice separato, con solo i ministri competenti, al termine del cdm: l’onda di barche in partenza dalla Libia.

Agenda fitta, tanto più che Giorgia ci arriva reduce da un summit a Villa Pamphili con la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen sul piano Mattei e le politiche per l’Africa. Il vertice è un successo annunciato. Ci sono i capi di Stato di Angola, Congo, Tanzania e Zambia e i vertici delle istituzioni finanziarie globali. La presidente Ursula esalta il piano Mattei, “l’esempio perfetto” del Global Gateway, il programma di investimenti misto, pubblico-privato. Ringrazia la premier italiana per aver riportato l’Africa al centro dell’agenda. Nel concreto “il patto tra nazioni libere che scelgono di cooperare” prevede accordi per circa 1,2 miliardi di euro e un piano di abbattimento del debito africano, totale per i Paesi in condizioni peggiori, dimezzato per quelli meno disastrati, “a reddito medio basso”. L’obiettivo non è solo “far crescere l’Africa con le sue ricchezze e le sue risorse” come afferma l’italiana. È anche frenare le migrazioni per una volta non solo “arrestandoli a casa loro ma anche provando a intervenire alla radice ed è forse soprattutto contrastare, con forte ritardo, il dilagare dell’influenza cinese.

Ma sulla questione il capo dello Stato sembra rispondere a tono con parole inequivocabili: “La condizione dei rifugiati e dei profughi da un numero crescente di conflitti armati, tensioni regionali e gravi crisi umanitarie, indotte anche dall’impatto crescente di eventi climatici estremi – ha scritto Sergio Mattarella in un messaggio in occasione della Giornata Mondiale del Rifugiatodiviene sempre più grave. È una realtà che interpella le nostre coscienze e ci chiama a fare di più per chi si trova in condizione di fragilità e bisogno per affermare l’inviolabilità della dignità di ogni persona”. Immemore del monito, la riunione del governo corre via rapida. La premier non fa in tempo ad arrivare, il vertice sulla Libia incalza anche perché il problema è doppio: all’aumento del flusso migratorio si accompagna la paura di non meglio precisate manovre russe. Per il previsto vertice dei leader sul terzo mandato non c’è tempo. Forse lunedì ma ormai la partita è praticamente chiusa.

La premier un po’ ci teneva davvero a riaprire il dossier, soprattutto per mettere nei guai il centrosinistra in Campania riaprendo le porte per De Luca. Aveva offerto a Fi, che blocca la riforma, i sindaci di Verona e Milano, era pronta, Giorgetti permettendo, a stanziare i 4 miliardi necessari per portare l’Irpef dal 35 al 33%, cavallo di battaglia di Tajani. Ma gli azzurri hanno alzato la posta mettendo sul tavolo la cittadinanza, chiedendo cioè il semaforo verde per lo Ius Scholae. Sia per la Lega che per FdI era un baratto impossibile. Entrambe le forze considerano l’immigrazione una sorta di fiore all’occhiello, il capitolo sul quale si concentra il consenso del loro elettorato e che gode di ampia credibilità anche in un’Europa che considera ormai la “difesa dei confini esterni” una priorità condivisa.

Insomma, quella era una richiesta impossibile ed è molto improbabile che il leader di Fi non lo sapesse perfettamente. Metterla in campo serviva probabilmente solo a far naufragare la trattativa sul terzo mandato. La sorpresa è che l’affossamento ormai quasi certo dell’estensione dei mandati non ha fatto infuriare Salvini. La ha presa al contrario tanto sportivamente da confermare nei fatti quel che molti sospettavano da tempo. L’impossibilità della conferma di un governatore come Zaia, troppo potente per essere controllabile, alti lai di facciata a parte, non gli dispiace per niente.

21 Giugno 2025

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