La riforma sulla sicurezza

Decreto sicurezza, il governo Meloni ha fretta di affossare libertà e diritti

Resta di fondo una domanda: quale è la sicurezza che si intende perseguire? Non sicuramente la sicurezza di poter esprimere in forma pacifica il proprio dissenso dinanzi a chiari attacchi alla nostra Costituzione.

Politica - di Pasquale Prencipe

5 Aprile 2025 alle 14:00

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Photo Valentina Stefanelli / LaPresse
Photo Valentina Stefanelli / LaPresse

Le notizie emerse finora sulla riforma sulla “sicurezza” del governo Meloni approvata dal Consiglio dei ministri, se confermate, sarebbero una presa in giro, contenendo il testo stesso modifiche irrilevanti rispetto al disegno di legge, che lascerebbero invariato l’impianto repressivo e illiberale, producendo un sovraffollamento carcerario ingestibile. I tempi ordinari della democrazia parlamentare sono troppo lunghi per l’attuale Governo che, utilizzando un decreto legge, ha l’intenzione di rimpiazzare il disegno di legge in discussione al Senato.

Il d.d.l. “sicurezza”, ex n. 1660 alla Camera, ora n. 1236 al Senato, avrebbe potuto concludere il suo iter nei prossimi giorni, ma un errore sulla copertura finanziaria, rende necessario il suo ritorno alla Camera. Il d.d.l. era stato presentato proprio in questo ramo del Parlamento a novembre 2023, e discusso per un anno e mezzo, sino a questo aprile 2025, comprendendo anche il passaggio al Senato dove tutt’ora si trova. Un tempo lungo, come sono i tempi parlamentari, che consentono però anche di approfondire le materie oggetto di legiferazione, di confrontarsi con la società civile e ascoltare pareri e critiche. I tempi della democrazia che, evidentemente, però per il governo equivalgono a del tempo perso a fronte della possibilità di utilizzare un decreto legge per introdurre l’ennesima riforma securitaria nel nostro ordinamento.

Tuttavia, il decreto legge è un atto normativo che si fonda su determinati e chiari presupposti. Come si intende giustificare la straordinaria necessità ed urgenza a fronte di un iter parlamentare in corso sulle medesime norme? Come è possibile considerare omogenee le norme di una riforma che spazia dalla distruzione della filiera della Canapa legale ai reati in materia di terrorismo? Si ricorda che l’adozione di un decreto in mancanza dei suoi presupposti configura un vizio di legittimità costituzionale. Si sta tentando quindi di forzare l’adozione di un provvedimento, seppur, va riconosciuto, con una visione coerente: all’infondatezza e illegittimità sostanziale e di contenuto, si persegue l’infondatezza e l’illegittimità procedurale.

L’Associazione Antigone ha alzato la propria voce sin dalla fine del 2023, evidenziando con documenti, approfondimenti e un testo (“Il più grande attacco alla libertà di protesta” edito da Momo Edizioni), il perché questa possibile riforma sia il più grande attacco alla libertà di protesta nella storia della Repubblica. Da quello che si evinceva nelle dichiarazioni dei giorni scorsi sembrava che il decreto avrebbe accolto le indicazioni del Capo dello Stato su alcune norme, estromettendo, nello specifico, le norme riguardanti l’eliminazione del rinvio obbligatorio della pena per donne madri con prole inferiore ad un anno di età o in stato di gravidanza, l’obbligo del permesso di soggiorno per l’acquisto di una Sim e il neo delitto di rivolta penitenziaria, che introduce tra le condotte penalmente rilevanti la resistenza passiva.

Mentre proprio le bozze delle ultime ore sembrano invece confermate molte di queste disposizioni. Nulla di rilevante è cambiato sulla criminalizzazione della disobbedienza civile. I detenuti sono trattati come rivoltosi anche se resistono passivamente a qualsiasi ordine dato da un poliziotto; non si specifica che l’ordine debba essere legittimo. Ugualmente anche sulle detenute incinte o con bimbi con meno di un anno si dispone la custodia cautelare obbligatoriamente negli Icam, che comunque sono a tutti gli effetti carceri, ma rimane la trasformazione del differimento obbligatorio della pena in facoltativo. Dunque un impianto che mantiene l’obiettivo di punire le forme di opposizione sociale e culturale. Punire il dissenso attraverso l’inserimento nel nostro ordinamento di reati e aggravanti che hanno come destinatari: eco-attivisti, migranti, movimenti contro le grandi opere, Ong, Rom e gli stessi detenuti. Una riforma che potrebbe produrre anche un cambio di paradigma, perché oltre a criminalizzare le categorie suddette, si appresta a delineare le basi per l’affermazione di uno Stato di Polizia.

Sono vari gli articoli che riguardano le forze dell’ordine: la concessione di armi senza licenza per gli agenti di pubblica sicurezza non in servizio, con un inevitabile ed esponenziale rischio di aumento di armi in circolazione, anche se limitate nella tipologia; un aumento ingiustificato del potere di azione conferito alle agenzie dei servizi segreti; la dotazione di videocamere alle forze di polizia, che restano una fondamentale garanzia per il cittadini e per gli stessi agenti, ma nell’articolo non vengono specificate le modalità esecutive, se sarà un obbligo o una facoltà, chi sarà a detenere i filmati e in che modo, in quali circostanze potranno essere attivate e disattivate, mutandone così la loro efficacia di tutela. Per concludere, la riforma introdurrà il divieto di coltivazione, produzione e commercializzazione dei fiori di canapa legale, distruggendo il mondo della Canapa light e l’occupazione di migliaia di lavoratori.

A nulla, dunque, sembrano valse le prese di posizione del Presidente della Repubblica Sergio Mattarella, dell’Osce, di sei Relatori Speciali delle Nazioni Unite, del Commissario per i diritti umani del Consiglio d’Europa e delle tante realtà della società civile che hanno espresso preoccupazioni per il colpo durissimo che questo provvedimento potrebbe infliggere allo Stato di Diritto. Resta di fondo una domanda: quale è la sicurezza che si intende perseguire? Non sicuramente la sicurezza di poter esprimere in forma pacifica il proprio dissenso dinanzi a chiari attacchi alla nostra Costituzione. La via del panpenalismo rischia di investire i principi del diritto penale liberale in maniera irreversibile.

5 Aprile 2025

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