Parola al professore e filosofo
“La sinistra è tale se insegue la pace, non applaudendo von der Leyen che riarma la Germania”, parla Massimo Cacciari
«Il mondo esplode e i progressisti, invece di inseguire la pace, battono le mani a von der Leyen che arma fi no ai denti i tedeschi. Putin? La caccia al nemico serve a due tipi di politici: deboli o autoritari»
Interviste - di Graziella Balestrieri

La notte che tutti aspettavano ma che nessuno si sarebbe sognato è arrivata: il presidente americano Donald Trump ha annunciato i dazi, e la notte del “Make America great again”, secondo atto, è iniziata. Intanto l’Europa resta a guardare, visibilmente spiazzata dall’improvviso abbandono degli Stati Uniti. I dazi che colpiranno la Cina e l’estremo Oriente, luoghi nei quali ignoravamo potesse esistere un’economia di scambio. Una Unione Europea che non sa come affrontare una crisi che dalla Germania alla nostra Italia, colpisce ogni settore. E se i dazi saranno un problema serio da affrontare in maniera immediata, la guerra e il bisogno così impellente “di difendersi” ma con le armi, resta il principale pilastro (di cartapesta) di un’Europa che non sa quali pesci pigliare ma ancora di più non sa, in quale porto attraccare, la propria nave che sta affondando…E poi l’Italia: in 48 ore, ancora due femminicidi, con dinamiche che definire orrende è troppo poco. E poi il PD…un partito che… Ne parliamo con il professore, filosofo ed ex sindaco di Venezia, Massimo Cacciari.
Dopo il via libera ai dazi di Trump, Von der Leyen ha dichiarato che ci saranno delle conseguenze terribili per milioni di persone…
Certamente influiranno sulle esportazioni europee negli Stati Uniti, non c’è dubbio alcuno. Difficile valutarlo al momento. Ci saranno dei settori più colpiti, altri meno ovviamente, ma è chiaro che un aumento dei dazi così forte e in così poco tempo non permetterà alle imprese di adattarsi con la necessaria rapidità e perciò subiranno contraccolpi, è ovvio. D’altra parte, l’Europa sull’argomento ha dormito come tutti gli altri. Perché una reazione americana era anche prevedibile, visto il deficit commerciale, la debolezza economica, strutturale, produttiva che grava sugli Stati Uniti e che denunciano soprattutto nei confronti delle economie dell’Est, che infatti sono state quelle più colpite dai dazi, incomparabilmente di più che quelle europee.
Quindi non è un attacco all’Europa?
È anche quello, certamente, ma è chiaro che il competitore ultimo e strategico degli Stati Uniti in questa fase storica è la Cina e sono in generale le economie dell’Est quelle che stanno marciando a ritmi incredibili. Vede i dati applicati sul Vietnam, no? E noi neanche sappiamo che esiste, sono 60-70 milioni di persone che lavorano come cani, come bestie e vanno avanti con il 7-8% di aumento del Pil all’anno. Di più. Le economie dell’Est adesso non è che producono ogni tanto, fanno anche ricerca, fanno anche innovazione, fanno investimenti strategici. Quindi è chiaro che la competizione vera gli Stati Uniti ce l’hanno con l’economia dell’Est e con la Cina in primis. È chiaro che in questa strategia di Trump, quella di puntare a riportare in casa tutta una serie di produzioni, c’è una matrice assolutamente e tradizionalmente protezionistica. È chiaro che con gli effetti che può avere – non so quali francamente – questa scelta determinerà complessivamente un aumento dell’inflazione in casa. In altre parole può darsi che si sia dato la zappa sui piedi da solo Trump. Ma era certo che gli Stati Uniti, vista la loro debolezza potessero ricorrere a svolte del genere. Insomma, era nelle cose.
Trump e Musk sono il prodotto di che cosa?
Sono il prodotto di una trasformazione complessiva del capitalismo mondiale e dei suoi rapporti con la politica. Era evidente che il rafforzamento di un capitalismo oligopolistico, insofferente a ogni tipo di controllo e di governo politico, potesse produrre una simbiosi tra personaggi come Trump, politici come Trump e grandi capitalisti come Musk. C’è stata una trasformazione radicale del capitalismo nel corso dell’ultima rivoluzione economico-tecnologica.
Questo non riguarda ovviamente soltanto l’America, riguarda anche l’Europa?
Ma certo, ma certo!
E qual è il ruolo della sinistra di fronte all’ avanzata di queste nuove destre hi-tech?
Non c’è nessun ruolo semplicemente perché la sinistra non esiste.
Bertinotti sull’Unità ha detto che la politica non esiste più e che la sinistra per ritornare sinistra deve ritornare radicale.
È del tutto evidente. Però bisogna capire cosa intendiamo per radicale. Radicale come è stato Bertinotti, ovvero far fallire ogni più timido tentativo prima ancora che iniziasse? Se per essere radicali s’intende questo, allora vabbè… Radicali vuol dire essere radicali nei progetti, nei programmi, nella serietà politica, nella serietà strategica, non fare un po’ di casino o di manifestazioni.
Quindi la radicalità che nella sinistra di oggi lei non vede, non c’è?
No, proprio non c’è. Non c’è. Non c’è, ma non è che butti la croce addosso a qualcuno. No, no. È un compito immane, cioè, rivedere una politica economica, una politica sociale, una politica fiscale, un riassetto istituzionale, le grandi riforme, eccetera, eccetera. Era un compito immane resistere all’attacco del nuovo capitalismo globale, ripeto: era un compito immane. Però il compito non è stato neanche impostato, non ci si è neanche resi conto della difficoltà del compito, si è cercato di pensare che si potesse aggirare il problema con qualche mezzuccio, con qualche leaderino. Si è pensato che si potesse fare un po’ di politica d’opinione rispetto a questo assalto strutturale, organico, da parte del nuovo capitalismo. Niente di più. Dopodiché si sarebbe probabilmente fallito lo stesso, perché appunto il compito era straordinariamente difficile. Adesso l’avvento di Trump può anche risvegliare qualcosa, qualcuno, a patto però di non andare tutti dietro compatti a von der Leyen. A patto di non pensare che la risposta di fronte a questo frangente storico possa essere limitata a von der Leyen, perché altrimenti siamo dei comici, neanche delle persone serie…
La sinistra non ha come argomento principale la pace…
Ma a me pare evidente; come fa la sinistra a pensare di essere sinistra seguendo una politica di riarmo? Rispetto a quello che sta avvenendo, rispetto alla posizione americana, noi seguiamo von der Leyen con il riarmo, buttando via mille miliardi per riarmare chi? La Germania? Siamo alla follia.
Come Unione Europea noi esistiamo? Si parla di esercito, ma noi ci possiamo definire europei?
Beh, certo, c’è una storia europea, che è una storia di rapporti tra le grandi famiglie europee, c’è un qualcosa che costituisce la famiglia europea, poi nelle famiglie ci sono anche le guerre civili chiaramente, ma certamente siamo europei.
Però non era meglio affidarsi alla pace e non al riarmo?
È quello che sto dicendo. Se essere europei significa riarmarsi siamo fritti, è chiaro! Ma essere europei significava fare una politica estera di pace, essere europei significava intervenire con una politica di mediazione, di compromesso in tutti i conflitti che si sono accesi, era fare una politica di convergenza sul piano sociale e fiscale che non c’è stata, era affrontare anche la questione di prospettiva della politica commerciale con gli Stati Uniti, perché è evidente che gli Stati Uniti, in una condizione di grande debolezza come quella che stanno attraversando, sotto tutti gli aspetti, difficilmente avrebbero potuto sopportare un continuo aumento dei deficit commerciali come quello che hanno avuto negli ultimi anni, no? Chiaro.
Dell’Europa colpisce anche questa caccia al nemico: c’è la minima possibilità che Putin possa invadere l’Europa?
La figura del nemico è necessaria per organismi politici deboli, è sempre stato così, o per politiche autoritarie allora è il gioco del nemico, o perché sei debole e allora devi coprire le tue debolezze convogliando tutta l’attenzione dell’opinione pubblica sul nemico stesso, che può essere l’immigrato, può essere Putin, può essere la Cina… Hanno inventato un nemico per cercare di tenere insieme la baracca: è tipico di situazioni di questo genere, la creazione del nemico. Dopodiché che Putin non sia un amico, non ci piove sopra, ma che possa essere il nemico tanto quanto poteva esserlo Hitler, queste sono cose poco serie anche da pensare.
La stessa cosa si può dire di Netanyahu?
Netanyahu è certamente il nemico mortale dei palestinesi, ma non certo di noi europei; infatti nessun europeo si sogna di definire Netanyahu il nemico. Che sia il nemico dei palestinesi non c’è dubbio… Ma insomma lì è guerra, quando c’è la guerra spari, per forza lì sei il nemico, è evidente che Putin è il nemico di Zelensky, perché sono nemici. Stiamo parlando di guerra, quando c’è la guerra ci sono nemici. Netanyahu non c’entra niente, è la creazione di Putin come il nemico da parte dell’Europa, il punto della questione. Che poi adesso non sia affatto un amico e che sia il nemico dell’Ucraina non c’è dubbio, ma l’Europa dovrebbe cercare, piuttosto che riarmare, di definire finalmente una propria strategia di pace o di accordo, di compromesso…
In queste ultime 48 ore sono avvenuti altri due femminicidi, due ragazze ventenni, perseguitate entrambe dai loro ex fidanzati… quanto c’entra il patriarcato con tutto questo?
Se per patriarcato intendiamo una struttura sociale, familiare, in cui è davvero riconosciuto come qualcosa che va da sé, come qualcosa quasi di naturale, il primato del maschio, beh questo primato del maschio è zero, quindi dal punto di vista della struttura sociale, familiare, parlare di un patriarcato come di un regime che viene assunto dall’opinione pubblica, dalla nostra cultura come qualcosa di naturale, è sbagliato perché è una cosa che non esiste più da decenni. Altra cosa è la debolezza psicologica di tutta una serie di persone, maschi che hanno perso il loro ruolo, che sono in condizioni economiche o psicologiche di disagio di vario tipo, spesso in condizioni di assoluta fragilità, vittime di senso di marginalizzazione totale, di insensatezza della propria esistenza, della propria vita, che si aggrappano a figure femminili, questa è la situazione che si va determinando. Dopodiché sa -chi ha le statistiche precise di quello che avveniva su questo piano due, tre, quattro generazioni fa? Chi ha i dati precisi della violenza domestica? Della violenza per strada magari possiamo avere delle statistiche anche attendibili, ma della violenza domestica? Ricordo mio padre, che era pediatra, era un pediatra che girava tra le case più popolari e quante volte tornava a casa con l’aria disfatta e distrutta, raccontando quello che gli capitava di vedere in certe aree popolari, di particolare disagio, culturale, quelle non erano le uniche cose che emergevano, adesso per fortuna emergevano di più. C’è un coraggio a denunciare certi fatti, una volta non esisteva eh, e ribadisco non esisteva, non esisteva. Quando ho cominciato a fare il sindaco, abbiamo creato la prima struttura, trenta anni fa, auna casa di accoglienza per le donne… I primi giorni non sapevamo dove metterle tutte, avevamo dodici stanze, perché c’è stato il corri-corri. Prima dove stavano queste donne? Come facevano? Senza andare all’epoca di mio padre o di mio nonno. Trenta quaranta anni fa non esisteva ancora questa capacità che le donne oggi mostrano di denunciare queste situazioni eccetera eccetera, di cercare di difendersi. Dopodiché succedono cose inaudite, perché continuamente quello che uccide era uno che doveva essere sorvegliato, era uno che doveva essere tenuto lontano, ci sono anche limiti enormi nella protezione che viene offerta a queste donne. Ma il patriarcato come regime… 40-50 anni fa c’era il patriarcato! Il 90% delle donne subiva pensando che le toccava subire. Si rende conto come poteva essere quando non c’era il divorzio, e anche questi minimi strumenti di difesa? E non stiamo parlando di cinque secoli fa, non parliamo dell’epoca di Giulio Cesare. Le donne hanno fatto delle grandi battaglie, continuo a dirlo sempre: l’unica vera rivoluzione culturale che c’è stata negli ultimi cinquanta anni è stato il femminismo. Lì qualcosa si è ottenuto, qualche novità culturale è emersa.
Lei con il PD oggi c’entra qualcosa o è proprio fuori? Non ci rientrerebbe per nessun motivo?
A far che?
Comunque è un filosofo, un intellettuale, è stato sindaco. Possibile che il Pd non abbia bisogno di una figura come Massimo Cacciari?
Ma la sinistra non ha mai avuto bisogno di me neanche prima, neanche il PCI! (ride, molto) Quindi non c’è proprio problema, soltanto che una volta pensavo che ci potesse essere ancora un, come dire, un qualche terreno che magari qualcosa accoglieva. Adesso proprio… mi sono perfettamente disperato, quindi sono tranquillissimo.