Le illusioni di Palazzo Chigi
Meloni aspetta Vance per implorarlo sui dazi
La premier: “Guerra commerciale da scongiurare, ma se necessario risposte adeguate”. Ma la guerra Trump l’ha già iniziata. Parigi: risposta europea in due fasi
Politica - di David Romoli

“Resto convinta che si debba lavorare per scongiurare una guerra commerciale, che non esclude di immaginare risposte adeguate a proteggere le nostre produzioni”. I toni di Giorgia Meloni sono ancora molto cauti e distanti dai proclami bellici che arrivano da Bruxelles. L’Italia resta, con la Francia, un Paese che in Europa spinge per evitare che si inneschi subito una spirale senza ritorno fatta di dazi e controdazi.
Ma la premier è anche consapevole che in ogni trattativa, ammesso che una trattativa sia possibile, bisogna avere armi a disposizione: la controparte non avrebbe né motivo di mercanteggiare né interesse in una trattativa. C’è anche la pressione di Mattarella a spingere il governo verso toni più fermi. Il presidente, che conosce bene le sottigliezze della politica e della diplomazia, non prende posizione in pubblico. Il Colle fa però filtrare le parole adoperate dal capo dello Stato nel colloquio con il presidente dell’Estonia Karis: “I dazi sono un errore profondo. Serve una risposta europea serena, compatta, determinata”. L’accento, più che sugli attributi, cade in questo caso sul sostantivo: quella di Mattarella è un aperto impulso a reagire. Senza perdere il controllo sui nervi ma anche senza arrendevolezza.
I toni nella maggioranza, alla vigilia della dichiarazione di guerra del presidente americano, non sono identici e del resto in politica estera le distanze si accentuano sempre di più. Il ministro Urso (FdI) preme sul freno quasi a tavoletta: “Chiederemo cautela nel reagire ai dazi con altri dazi per evitare un impatto negativo che colpirebbe fortemente l’Italia”. Tajani, che fa leva applaudendole anche sulle parole del presidente: “Mattarella dice cose sagge. Se il dialogo non porterà risultati dovrà per forza esserci una reazione della Ue. Se dobbiamo reagire, reagiremo. Dobbiamo avere un approccio pragmatico e dialogante mantenendo la schiena dritta”. Salvini, va da sé, suona un’altra musica: “Vendicarsi non è intelligente”, aveva detto già domenica commentando le parole estremamente bellicose della presidente von der Leyen, un’insalata molto amara di “ritorsioni”, “rappresaglie” e “vendetta”.
Ma l’alternativa morale fra vendetta e perdono è quanto di più lontano dal problema reale con il quale deve fare i conti la premier. Il suo accenno a una risposta adeguata, ieri, si è soffermato sull’impatto che la misura di Trump avrebbe sull’agroalimentare. Che però non è affatto la voce principale nella lista: quella spetta alla meccanica, seguita dai mezzi di trasporto, voce ricca che non comprende solo le auto. Nel complesso, per Confindustria, l’impatto si aggirerebbe sulla ventina di miliardi, cifra da far tremare le vene ai polsi. La realtà però è anche più tenebrosa. L’Italia fa parte del gruppo ristretto di Paesi europei più colpiti dai dazi ma anche di quello, altrettanto esiguo, di Paesi a cui il riarmo costerà di più, essendo il suo punto di partenza tra i più bassi. E’ il solo Paese a comparire in entrambe le liste. In breve: un disastro. Impossibile cercare una via d’uscita alla vigilia del discorso di Trump e probabilmente anche oltre.
Col presidente americano si gioca sempre al buio, data l’imprevedibilità da un lato e la frequenza con la quale cambia idea dall’altro. Altrettanto incerta, ma anche più determinate, la posizione dell’Europa. Tajani conferma che “la politica commerciale è competenza esclusiva della Commissione europea. Noi possiamo intervenire solo con una strategia di tipo commerciale ma non imporre dazi”. Però, soprattutto se Trump si orienterà in una politica commerciale basata su rapporti bilaterali, diversificando cioè i dazi Paese per Paese, probabilmente tutti e anche l’Italia cercheranno un varco per migliorare la propria comunque difficile situazione. Se il vicepresidente Jack Vance arriverà davvero a Roma per pasqua, non è ancora certo, il piatto forte dei colloqui, ancor più della difesa e dell’Ucraina sarà questo: i dazi.