Io sono ancora qua
Allegri: uno spettro si aggira per la Serie A, è lo spettro del Corto Muso: la nostalgia di Juventus e Milan
All’Allianz Stadium è finita con i fischi alla squadra e con i cori per l'ex allenatore. Un vero convitato di pietra, l'elefante nella stanza. “Uno di noi”. Lo stesso Allegri bistrattato, maltrattato, allontanato, contestato fino a pochi mesi fa sia in tutti i luoghi e in tutti i laghi
Sport - di Antonio Lamorte

Per quanto si possa darli per spacciati, li trovi sempre lì, lì nel mezzo, o sulla fascia, o insomma da quelle parti. Passano gli anni e le stagioni, le sessioni di calciomercato o le aste del Fantacalcio, ma niente: non se ne vanno, in qualche modo resistono. Li chiameremmo i “resilienti” se la definizione non fosse stata così abusata in questi anni, arrivando a comparire persino nel piano che dovrebbe salvare l’economia dell’Europa. Ma alla fine quello sono. Calciatori, allenatori, altri attori del mondo del pallone messi in discussione una volta sì e un’altra pure, a volte gratuitamente, a volte a ragione, che però non mollano. E li trovi sempre lì, a dirlo con i piedi e con il fiato: eh già, io sono ancora qua, come canta Vasco Rossi. Questa rubrica è dedicata e ispirata a loro.
Uno spettro si aggira per il Campionato di Serie A più aperto, combattuto, bipolare, ciclotimico, fluttuante, instabile, precario delle ultime stagioni: è lo spettro de “lo spettacolo si fa al circo”, del pesce ratto, del corto muso. È lo spettro di Massimiliano Allegri, il Conte Max uscito in malo modo dal grande calcio con la giacca e la cravatta sfilate e lanciate via nell’ultima finale di Coppa Italia – vinta con la Juventus, contro l’Atalanta – e una causa con la società bianconera risolta tra le parti senza andare in tribunale. Più semplicemente: l’allenatore più vincente ma anche più detestato, contestato, denigrato, sminuito negli ultimi anni di Serie A.
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È lo spettro che appena prima dell’ultimo turno di Campionato compariva come il candidato numero 1 “per rilanciare le ambizioni del Milan” già incredibilmente esausto dell’appena arrivato Sergio Conceiçao. “Attenzione, non si tratta di una suggestione o di un titolo a sensazione, ma è progetto concreto sul quale il club di via Aldo Rossi sta lavorando”. A Lecce il Milan ha vinto: suggestione rimandata alla prossima crisi, a quanto pare a fine stagione. A Milano sarebbe comunque un ritorno – nel 2011 il primo Scudetto in carriera – come un ritorno era stato nel 2021 alla Juventus, dopo il ticket Sarri-Pirlo, e dove in tutto aveva conquistato cinque campionati prima dello strappo tecnico ed emotivo delle ultime stagioni.
Poco spettacolo, niente bel gioco o tiki-taka, regressione tattica a fronte di un calcio europeo in costante progresso. O almeno questo gli hanno imputato mentre mano mano la rosa bianconera si indeboliva e la società era tormentata da questioni extracalcistiche durissime e lunghissime. A giugno era partito il nuovo corso con Thiago Motta, in tandem con il direttore tecnico Cristiano Giuntoli, cui andrebbe dato tempo ma alla Juventus non è mai stato questo il punto. “Vincere è l’unica cosa che conta”, lo slogan di Giampiero Boniperti.
Avevamo fatto notare la settimana scorsa come la Juventus dal passo sbilenco, non sempre convincente, dall’aria un po’ naif dell’allenatore italobrasiliano fosse arrivata a sei punti dalla vetta della classifica dopo cinque vittorie di fila. Non rinneghiamo quel dato di fatto dopo la pesantissima sconfitta per 4 a 0 subita contro l’Atalanta – in casa non succedeva dal 1967 – poiché avevamo ricordato sia gli infortuni, le deludenti performance di alcuni già prima di questa gestione così come l’eccessivo turnover, un atteggiamento cervellotico, la mancanza di fiducia in certi calciatori, quell’aria da professore universitario fuori luogo, l’hype del predestinato pompato dai media.
L’altra sera, però, all’Allianz Stadium è finita con i fischi alla squadra e con i cori per Massimiliano Allegri: il personaggio più citato nella Serie A che di questa Serie A non fa parte. Un vero convitato di pietra, l’elefante nella stanza. “Uno di noi”. Lo stesso Allegri bistrattato, maltrattato, allontanato, contestato fino a pochi mesi fa in tutti i luoghi e in tutti i laghi, sia dagli spalti che dai media. È un atteggiamento sacrosanto da parte dei tifosi, non proprio per osservatori e commentatori nei confronti di un allenatore che potrà sicuramente non esaltare, piacere, conquistare ma i cui risultati sono un dato di fatto. Il calcio permette a tutti di giocarci, a prescindere da fisico ed estrazione sociale, e vanta un’infinita quantità i stili, modi, tecniche, atteggiamenti: soluzioni. Non ne esiste solo una, figuriamoci se alla moda, figuriamoci per chi “vincere è l’unica cosa che conta”.
La classifica di Serie A alla 28esima giornata di campionato
Due vittorie al cardiopalmo, al vertice, per Inter e Napoli. In rimonta, dei nerazzurri in vetta, contro un Monza passato in vantaggio per due reti al San Siro. Con il brivido finale per la squadra di Antonio Conte in casa con la Fiorentina. Domenica 16 a Bergamo arriva l’Inter mentre il Napoli andrà a Venezia in trasferta. Vincono ancora la Roma, a Empoli, e il Bologna, in casa con il Verona. Per il resto, oltre le già citate, soltanto pareggi tra Cagliari e Genoa, Como e Venezia, Parma e Torino, Lazio e Udinese