Il documentario su La7

Il complotto secondo La7: il documentario Magma e i presunti collegamenti tra gli omicidi Moro, Mattarella e Bachelet

Tra gli omicidi di Mattarella, Aldo Moro, Vittorio Bachelet e la strage alla stazione di Bologna ci sarebbe un filo invisibile: un disegno eversivo guidato da Dc e Stati Uniti per fermare l’ascesa del Pci. Suggestivo ma falso, basta leggere le sentenze e stare ai fatti...

Giustizia - di Davide Steccanella

25 Febbraio 2025 alle 14:30

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Il complotto secondo La7: il documentario Magma e i presunti collegamenti tra gli omicidi Moro, Mattarella e Bachelet

Lunedì 10 febbraio, nell’ambito della trasmissione La torre di Babele condotta da Corrado Augias, è stato trasmesso in prima serata su LA7 un recente documentario dal titolo Magma. Mattarella, il delitto perfetto, ospiti in studio Rosy Bindi e il giornalista siciliano Lirio Abbate. Poiché la trasmissione era stata presentata dal conduttore con la domanda: “Quale filo unisce tra loro gli omicidi di Mattarella, Aldo Moro, Vittorio Bachelet e la strage alla stazione di Bologna del 2 agosto 1980?”, mi ha incuriosito vederla, posto che da quanto mi risultava si trattava di quattro fatti che ben poco c’entravano l’uno con l’altro, a parte la loro tragicità.

L’OMICIDIO DI PIERSANTI MATTARELLA

Diretto dall’esordiente Giorgia Furlan, Magma ricostruisce 45 anni dopo l’omicidio (6 gennaio del 1980) del presidente della Regione Sicilia Piersanti Mattarella, fratello dell’attuale capo dello Stato, sostenendo la tesi che si sarebbe trattato di un delitto politico e non solo mafioso, come si legge sulla targa al Parco Nemorense di Roma “vittima del terrorismo politico-mafioso”, tesi più volte affermata in termini di certezza nelle lunghe interviste che compaiono nel documentario a Luciano Violante, Saverio Lodato, Pino Arlacchi, Rosy Bindi e all’avvocato Andrea Speranzoni, legale di parte civile al processo per la strage di Bologna. Pur avvertendo nelle finali didascalie che per quel delitto furono processati e assolti in tutti e tre i gradi giudizio gli ex Nar Valerio Fioravanti e Gilberto Cavallini, il primo perché indicato agli inquirenti come il killer dalla vedova Irma Chiazzese, si dà per scontata la loro responsabilità, perché, dice Lodato: “la verità processuale non sempre coincide con quella storica e proprio il fatto che non siano stati condannati gli esecutori rende quel delitto perfetto”. A sostegno della tesi si indicano, oltre al riconoscimento della vedova, tre elementi: 1) l’omelia funeraria del Cardinale Pappalardo: “Una cosa sembra emergere sicura, ed è l’impossibilità che il delitto sia attribuibile a sola matrice mafiosa. Ci devono essere anche altre forze occulte, esterne agli ambienti, pur tanto agitati, della nostra Isola”, 2) la testimonianza della capo-segretaria Maria Grazia Trizzino, la quale racconta che dopo avere incontrato a Roma l’allora ministro Virginio Rognoni, Mattarella, visibilmente sconvolto, le avrebbe detto che se gli fosse accaduto qualcosa doveva attribuirsi a quanto appena appreso dal Ministro, senza specificarle il contenuto di quel colloquio, e che lei pertanto, dopo l’omicidio del 6 gennaio, avrebbe vanamente tentato di contattare la Procura di Palermo, ma nessuno le rispose, e 3) quella di Arlacchi, che ha ricordato l’assoluta convinzione di Giovanni Falcone che non si trattasse di un omicidio solo mafioso, dopo che Lodato aveva ricordato come anche Pio La Torre, ucciso nel 1982 avesse capito tutto pur non avendone le prove, riferendone al giudice Rocco Chinnici, a sua volta assassinato l’anno dopo. Per cui, anche se risultava singolare che il ministro Rognoni, persona al di sopra di ogni sospetto e che pure è mancato solo nel 2022, non avesse mai ritenuto di riferire agli inquirenti di quel colloquio riservato pochi giorni prima che l’esponente DC venisse ucciso, le autorevoli figure di Pappalardo, La Torre, Chinnici e Falcone, avvaloravano il fatto che si fosse trattato di un delitto politico e non solo di mafia.

I COLLEGAMENTI CON L’OMICIDIO BACHELET

La matrice politica del delitto Mattarella offre quindi lo spunto a tutti gli intervistati per concludere che quell’omicidio perfetto fosse collegato a quello di due anni prima di Aldo Moro e alla strage di Bologna di qualche mese dopo, in esecuzione di un più grande disegno eversivo da parte di servizi segreti deviati, P2, Gladio ecc appoggiati dagli Usa, per evitare, secondo Violante, che il Pci di Berlinguer andasse al Governo, nonché l’applicazione in Italia, secondo la Bindi, della Carta Costituzionale, che proprio nei ’70 era stata finalmente attivata con le tante riforme di quel decennio. Costituzione, dice la Bindi, maldigerita sin dalla sua approvazione dalle forze oscure che hanno inquinato in quegli anni la nostra democrazia a colpi di stragi e attentati terroristici, rossi o neri poco importa, essendo stata provata la complicità di Gelli e della Massoneria con i Nar condannati per la strage di Bologna, ed è a quel punto che, sempre la Bindi, inserisce nella trama oscura anche l’omicidio a Roma (12 febbraio 1980) del Vicepresidente del Csm Vittorio Bachelet, al quale assistette personalmente. Tutto molto interessante, se non fosse che proprio all’inizio del dibattito post-film, Augias precisa che dopo 45 anni la Procura di Palermo avrebbe finalmente indentificato i due killer di quel delitto perfetto (Madonia e Lucchese), due noti mafiosi, precisa in studio il giornalista Abbate, perché indicati dal pentito Francesco Di Carlo, il quale ha aggiunto che uno dei due (Madonia) somigliava molto a Valerio Fioravanti, anche a detta di Bernardo Brusca, con il quale avevano commentato “una foto apparsa sui giornali del terrorista nero”. Per cui cade l’intero teorema di partenza, secondo il quale Mattarella sarebbe stato ucciso in quanto erede di Moro nel volere aprire al Pci, e peraltro è lo stesso Abbate a precisare in studio che il movente del delitto di Palermo sarebbe stato molto probabilmente legato al fatto che Mattarella si era messo contro il noto Vito Ciancimino, già giudicato come pesantemente colluso con la mafia siciliana, e che quindi possa essere stato questo il contenuto del suo colloquio con Rognoni.

LA DC DAGLI OMICIDI MORO E MATTARELLA A MANI PULITE

La puntata potrebbe finire qui, visto che lo scoop è saltato, e invece prosegue con una interessante, va detto, analisi della Bindi sulla storia della DC di quegli anni, che la porta a nuovamente collegare i delitti Moro e Mattarella sulla base della seguente scansione: 1) nel 1976 Moro convince la DC ad aprire al PCI nei futuri governi, 2) nel 1978 per quel motivo le BR uccidono Moro, 3) due anni dopo Mattarella ci riprova in Sicilia e per questo viene ucciso anche lui, 4) al successivo congresso DC del febbraio 1980 senza Moro e Mattarella, passa la nuova linea politica DC del “preambolo” di Donat Cattin, che pone fine alla “solidarietà nazionale” con il PCI e fa prevalere l’alleanza con i socialisti e i partiti laici. A quel punto, sempre la Bindi, aggiunge un ulteriore tassello, quello del biennio 1992-94, che, dopo gli omicidi di Falcone e Borsellino, la strage del 1993 e Mani Pulite, avrebbe condotto, come ha modo di farle specificare Augias, al governo di Berlusconi. Tesi alquanto efficace, peccato che molte cose non tornino nella scansione certamente in buona fede di Rosy Bindi, che a mio parere confonde le proprie legittime aspettative politiche con i fatti. Tralasciando l’aggancio al più recente biennio 1992/94, e pur convenendo con i presenti che ciò che è arrivato dopo possa anche essere peggiore dei gloriosi tempi della DC “attenta ai problemi sociali” (come ricorda la Bindi), fermiamoci a quello che sarebbe stato a suo parere il biennio decisivo 1978/1980, ricostruendo per sommi capi – ci vorrebbero libri interi – quello che veramente accadde.

È certamente vero che gli anni 70 sono stati quelli delle grandi riforme (Statuto dei lavoratori, Servizio Sanitario Nazionale, riforme di famiglia, scuola, carcere, leggi Merli e Basaglia ecc), che in quegli anni ci sono stati golpe, bombe senza colpevoli, logge massoniche criminali cui aderirono importanti vertici istituzionali e che vigesse invalicabile il Patto di Yalta che teneva gli Stati occidentali Nato rigorosamente separati dall’altra metà di un mondo interamente spartito dalle due potenze uscite vincenti dalla Seconda Guerra Mondiale. Ciò detto, è affermazione opinabile sostenere che Moro fosse favorevole al compromesso storico proposto da Berlinguer nei due articoli pubblicati su Rinascita all’indomani del colpo di Stato cileno del 1973, come risulta dal suo discorso programmatico al IV° Governo l’anno dopo (dicembre 1974), in cui aveva espressamente definito: “la proposta berlingueriana una nuova anomalia del caso italiano, un deformante aggiungersi della componente comunista alle altre già impegnate a governare il paese”.

IL RAPIMENTO DI ALDO MORO

Vero semmai, che all’esito delle elezioni del 1975 e del 1976, in cui il Pci quasi sfiorò il sorpasso con la Dc e si profilava il drammatico 1977, si dovette trovare una mediazione con quella forza sempre più emergente con la “non sfiducia” del Pci, che è cosa ben diversa dai “comunisti al governo” di un Paese occidentale a dispetto degli Usa. Certamente è un falso storico attribuire al compromesso storico il movente politico del sequestro di Moro da parte delle Br, perché fu progettato per “fare il processo a un alto dirigente Dc” mentre era in corso a Torino quello ai militanti in prigione e ottenere lo scambio con alcuni di loro, prova ne sia che prima di optare per Moro, le Br avevano verificato la possibilità di sequestrare Andreotti e Fanfani, scartati solo per ragioni logistiche, perché abitavano in centro, mentre Moro proveniva dal quartiere Trionfale, e del resto, fu lo stesso Moro a scrivere nella sua prima lettera dalla prigione di via Montalcini: “Mi trovo sotto un dominio pieno e incontrollato”, a significare che dietro le Br c’erano solo le Br. Non intendo tornare sui tanti “misteri” del caso Moro che tali non sono mai stati, tanto che a distanza di quasi 50 anni, e nonostante miriadi di commissioni, non è mai stato trovato nulla di serio che smentisse la ricostruzione a suo tempo fornita dagli autori di quel sequestro, ivi compreso chi in seguito decise di dissociarsi o di pentirsi, anzi fu proprio grazie al primo pentito delle Br (Peci), che lo Stato apprese, due anni dopo, della base di via Montalcini dove era stato tenuto per 55 giorni l’ostaggio e neppure in modo diretto. Per la cronaca, Peci, che non sapeva dove fosse quella base, li indirizzò verso una certa Laura di Roma, identificando la quale (Braghetti), gli inquirenti risalirono al contratto di acquisto dell’immobile, dove trovarono le tracce rimosse della prigione di Moro. L’omicidio di due anni dopo di Bachelet, ai tempi vicepresidente del Csm, non c’entra nulla con Moro e Berlinguer, e il presidente Pertini disse che a suo parere era un attacco a lui che quel Csm presiedeva.

LA STRAGE DI BOLOGNA

Quanto infine alla strage di Bologna, è vero che nelle ultime, tra la tante, sentenze sul punto, che ogni anno sembrano riempire sempre più quella piccola aiuola posizionata di fronte alla stazione, passando da due a tre, quindi a quattro, e ora a cinque, si legge che quella terribile strage fu compiuta dai Nar a fronte di un cospicuo pagamento ricevuto dai vari Gelli, Ortolani e sodali. Questo perché la Procura Generale di Bologna avrebbe scoperto ingenti movimenti di denaro sottratti alle casse societarie da quella cricca, il primo in costanza di tempo con la strage e trasformato in contanti, e gli altri nei mesi di poco successivi, tuttavia non vi è alcuna traccia del successivo passaggio di quel denaro in favore dei cinque killer. Né si comprende cosa ne avrebbero fatto di quella vagonata di soldi presi da Gelli il 2 agosto, mentre risulta accertato che solo tre giorni dopo, il 5 agosto, i Nar compirono a Roma una rapina di autofinanziamento in piazza Agrippa, con tutti i rischi che questo avrebbe comportato per loro, rischio che chi è stato appena beneficiato di tali risorse non avrebbe avuto alcuna ragione di correre. Né è ben chiaro quali ragioni avesse Gelli per far saltare per aria nell’agosto del 1980 un centinaio di persone innocenti, considerato che in Italia non c’era più lo scenario da “strategia della tensione” del 1969 o anche dei primi anni ’70, e che di lì a breve ci sarebbe stata la marcia dei 40.000 a Torino, dove Berlinguer, presente alla FIAT per solidarizzare con gli operai, era ormai stato messo fuori gioco da un pezzo, come ricordato dalla stessa Bindi nel congresso del preambolo del febbraio 1980. Al termine del dibattito, Augias legge un passaggio del celebre articolo di Pasolini pubblicato sul Corriere il 14 novembre del 1974 dal titolo “io so”, dove per vero si attribuiva alla DC, Moro incluso, ogni genere di nefandezza, per dire che meno di un anno dopo anche Pasolini sarebbe stato ucciso in circostanze misteriose, per così concludere amaramente che “in Italia le cose vanno così”. Per cui, si è mandato in onda un documentario ormai superato dagli eventi, seguito da un dibattito, al termine del quale lo spettatore, anche per l’autorevolezza dei commentatori, viene indotto a credere che in quegli anni BR/NAR/MAFIA/P2//SERVIZI DEVIATI e GOVERNO USA abbiano operato in sinergia, “non si sa quanto consapevole” precisa la Bindi, per impedire l’ascesa di Berlinguer al governo e con essa il rispetto della nostra Costituzione.

Perché proprio perché non si sono mai trovate le prove che unirebbero i quattro fatti in un unico disegno eversivo, ci sarebbe stato “dietro” qualcuno interessato a “eliminare dai giochi” il PCI di Berlinguer, con tutto quanto di drammatico per la nostra democrazia, questo avrebbe comportato nei successivi 40 anni. Scrive Daniela Catelli nella presentazione del film su “Comingsoon”: “Si parla di un’Italia dilaniata dalle bombe e da trame segrete, sotto attacco da parte di chi non poteva accettare un’alleanza tra le frange più aperte della Democrazia Cristiana e il Partito Comunista (gli Stati Uniti in primis). E di chi si fece strumento, consapevole o meno, di un attacco alla democrazia senza precedenti nella nostra storia recente”. Ricostruzione, sia consentito, alquanto opinabile, e mi fermo qui.

25 Febbraio 2025

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