L'europarlamentare pd
Come l’Europa può fermare Netanyahu, parla Matteo Ricci: “Una Ue forte oltre Trump per fermare la vendetta d’Israele”
«Trump non ha interesse a portare la pace, vuol solo stoppare il conflitto russo-ucraino senza se e senza ma. L’Ue deve giocare in anticipo con iniziative diplomatiche su quel fronte e anche in Medio Oriente»
Interviste - di Umberto De Giovannangeli

Matteo Ricci, europarlamentare PD già sindaco di Pesaro e coordinatore nazionale dei sindaci Dem: il 2024 ha lasciato all’anno appena entrato un carico possente di disordine e guerre, dall’Ucraina al Medio Oriente ai tanti conflitti “dimenticati” in corso in Africa. E l’Europa sta a guardare. Il discorso vale in particolare per la Palestina e per la Siria del dopo-Assad.
Assistiamo ad uno scenario globale in cui la democrazia non va di moda. I valori della democrazia, della pace, del rispetto dei diritti fondamentali della persona sono in pericolo tanto nei contesti di conflitto quanto nei più insospettabili paesi, anche occidentali, considerati baluardo della democrazia. Dinanzi a questo contesto, l’Europa – dalla Siria all’Ucraina – ha dimostrato di non aver toccato palla. In questi giorni abbiamo ricordato la figura di David Sassoli, amico e compagno di strada, Presidente del Parlamento Europeo, un progressista e democratico del quale mi onoro di portare avanti gli insegnamenti. Ogni giorno, con il nostro lavoro, noi componenti del Gruppo S&D ricordiamo la sua umanità, la sua determinazione e il suo coraggio, portando avanti con orgoglio le sue battaglie per un’Europa più forte, giusta e democratica. Parlo di lui perché, per l’appunto, voglio fare mie le sue riflessioni. Nell’ottobre del 2020, Sassoli mandò un messaggio agli organizzatori della Marcia per la Pace Perugia-Assisi, un appuntamento al quale io stesso cerco di non mancare mai. Allora scrisse: “Soltanto dalla dimensione europea la politica può ripartire per incidere sulla realtà che intanto si è modificata e che chiede di noi. Dal mondo globalizzato non si può tornare indietro e, anche se lo volessimo, non sarebbe possibile. Ma possiamo andare verso un mondo globale in cui regole e diritti fondamentali vengono tutelati”. Rileggiamo il messaggio: “soltanto dalla dimensione europea”: David, 5 anni fa, prima dello scoppio dei conflitti che insanguinano l’Est Europa ed il Medioriente, ci diceva, con sguardo lungimirante, che solo un’Europa forte, convintamente impegnata nel suo percorso federale, poteva essere il faro, la guida globale, nella lunga marcia verso un mondo in cui regole e diritti fondamentali fossero davvero di tutti e davvero tutelati. E io credo che, in questi mesi, l’Europa non abbia appieno svolto questo suo compito fondamentale. Nel contempo, sono convinto che l’Europa debba tornare ad essere un soggetto di pace – come è nella sua natura, fin dalla fondazione dell’Unione Europea – a fronte dei disastrosi conflitti che continuano ad insanguinare i territori di cui stiamo parlando: l’Ucraina, il Medioriente, il Continente Africano.
Guardando alla politica portata avanti dal governo Netanyahu a Gaza, una domanda sorge spontanea: come si può accettare da parte dell’Europa una politica basata sulla vendetta?
Difatti, io credo che non sia accettabile. L’Europa ha giustamente condannato senza se e senza ma, fin dal primo istante, tutti gli atti terroristici di Hamas, perché si tratta di forze dichiaratamente terroristiche e antisemite. Ma è evidente che non abbiamo condannato abbastanza, non abbiamo avuto la capacità di fermare la politica di Netanyahu basata sulla vendetta: il diritto internazionale non può essere basato sulla vendetta. Quante altre migliaia di vittime civili devono ancora morire nella Striscia di Gaza? Stiamo assistendo alla morte di donne e bambini innocenti, mentre Gaza viene rasa al suolo. “Non possiamo minimamente accettare che si bombardi la popolazione civile o si attacchino infrastrutture necessarie alla sua sopravvivenza. Non possiamo accettare di vedere bambini morire perché sono stati distrutti ospedali o è stata colpita la rete energetica di un Paese”: sono parole di Papa Francesco, che sta ribadendo, fin dall’apertura dell’Anno Santo, l’urgenza di giungere ad una risoluzione del conflitto. Occorre un’Europa autorevole, in grado di fermare la politica basata sulla vendetta portata avanti da Netanyahu e che rilanci l’unico progetto concretamente realizzabile per quella parte del mondo: la soluzione dei due popoli, due Stati.
- Intervista ad Anna Foa: “Israele? I crimini di guerra a Gaza sono provati, Papa Francesco colpevole di dire la verità”
- UE masochista con l’Ucraina, Trump che vuole annettere Canada, Panama e Groenlandia: oggi domina l’irrazionalità
- Hamas ha sottostimato le vittime di Israele: i veri numeri della mattanza a Gaza secondo Lancet
Altro fronte esplosivo resta l’Ucraina. Il Parlamento europeo ha continuato a votare provvedimenti volti a portare l’Ucraina verso la vittoria. Ma una vittoria militare più che un’illusione non si sta rivelando una tragedia per il popolo ucraino?
Faccio mie le considerazioni del Presidente Sergio Mattarella, che, nel recente incontro con il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ricevuto al Quirinale, ha ribadito il “pieno, inalterato e costante sostegno all’Ucraina contro l’aggressione della Federazione Russa”. “Lo facciamo per la sicurezza dell’intera Europa”, ha sottolineato Mattarella. L’Italia fa, dunque, sicuramente bene a sostenere anche militarmente l’Ucraina, perché senza un aiuto concreto, non c’è possibilità di resistere, per il popolo ucraino, dinanzi all’invasione delle forze armate di Vladimir Putin. Chi, come noi italiani, conosce bene i valori della Resistenza, fondamento della nostra stessa amata Repubblica, sa che – dinanzi ad un invasore – si sta dalla parte del popolo che resiste. Oggi il popolo che resiste, da tre anni, è quello ucraino, che si oppone non solo all’invasione del proprio territorio, ma difende i valori della democrazia e dell’Europa stessa. Tuttavia, è ormai drammaticamente evidente che il conflitto non possa avere un vincitore: è una guerra che non può vincere nessuno. Non la può vincere Putin, perché vorrebbe dire che l’Occidente ne uscirebbe sconfitto, dopo il sostegno all’Ucraina. Sicché si tratta di uno scenario impensabile, se non ipotizzando l’inizio di una Terza Guerra Mondiale. Allo stesso tempo, non è possibile che vinca l’Ucraina, perché, pur stando noi nettamente dalla parte dell’Ucraina, è irrealistico che l’Ucraina possa vincere sul campo la guerra: la resistenza che è stata fatta finora è stata eroica, ma è difficile andare oltre. Il Donbass e la Crimea difficilmente potranno essere riconquistati, come ammette lo stesso Zelensky. Siamo, quindi, in direzione di un congelamento del conflitto. Stante questa situazione di impasse, penso che l’Europa debba intervenire appunto recuperando la sua naturale vocazione di paciere.
La sinistra, il PD e il movimento pacifista. Recentemente, lei ha affermato l’esigenza di un pacifismo pragmatico, non ideologico. Tradotto in politica?
Da tempo, in Italia, assistiamo ad un dibattito surreale, riassumibile in un’equazione assurda: si crede che chi sostiene l’Ucraina sia un guerrafondaio, un sostenitore della guerra; nel contempo, si crede che chi invoca la pace sia un putiniano, un sostenitore dell’aggressione ad opera della Russia del territorio ucraino. Considerazioni simili vedono, da un lato e dall’altro, i sostenitori della causa palestinese e quelli di Israele: chi sottolinea le morti dei civili nella Striscia di Gaza viene accusato di essere un supporter di Hamas, un’assurdità solo pensare che si possano sostenere atti terroristici. È quantomai urgente e doveroso uscire da questo insensato dibattito. Serve, appunto, accompagnare agli ideali di pace un sano pragmatismo. Tradotto in atti concreti, questo significa che l’Unione Europea deve farsi ispiratrice, per quel che riguarda l’Ucraina, di azioni diplomatiche volte a chiudere il conflitto, ottenendo una pace giusta: bene l’aiuto militare, ma siano avviate iniziative concrete per l’ottenimento di giuste condizioni di pace. Per quel che riguarda il Medioriente, l’Europa non può che sposare la soluzione del “due popoli, due stati”: giusto condannare il terrorismo di Hamas, ma non si accettino azioni militari condotte sulla scia di una politica della vendetta. Si lavori affinché un territorio martoriato possa rivivere tenendo conto delle istanze di entrambi i popoli.
Il 20 gennaio s’insedia alla Casa Bianca Donald Trump. C’è da temere?
A giudicare dalle prime, deliranti, dichiarazioni del presidente eletto, relative all’annessione della Groenlandia e di Panama, certamente c’è da temere. Inoltre, vorrei sottolineare che Donald Trump non desidera che l’UE sia forte e coesa, lo si vede anche dalle minacce di imporre dazi. Trump non ha interesse a portare la pace, ha meramente interesse a stoppare, senza se e senza ma, il conflitto russo-ucraino, senza tenere conto di un protagonismo necessario dell’Unione Europea per lo stop al conflitto. Ecco perché ritengo che l’UE debba anticipare le sue mosse, portando avanti iniziative diplomatiche di pace, tanto in Ucraina quanto in Medioriente.
A proposito dei rapporti tra la nuova-vecchia presidenza Trump e l’Italia: “Meloni consegna l’Italia a Musk”. È il titolo di questo giornale al viaggio-lampo della Presidente del Consiglio a Mar-a-Lago per incontrare il presidente eletto degli Stati Uniti, Donald Trump. “È andata – recita il sottotitolo – di soppiatto in America per cedere a Space X di Elon Musk il controllo della nostra rete”.
Abbiamo assistito ad una conferenza stampa della Presidente del Consiglio durante la quale il tema principale è stato non lo stato del Paese – dal disastro della sanità ai salari troppo basi, passando per l’emergenza casa e per il caos trasporti – ma il rapporto della stessa Giorgia Meloni con Elon Musk. Sappiamo che la missione a Mar-a-Lago era dovuta alla necessità di riportare in Italia Cecilia Sala e di questo non possiamo che dirci felici. Ma è un fatto che esista il tema del possibile accordo fra l’Italia e Musk, per i servizi forniti da Starlink, lo ha confermato la Presidente proprio in conferenza stampa, affermando che non ci sono alternative tecniche a questo accordo. È un tema sul quale la stessa UE sta monitorando: la sicurezza delle nostre comunicazioni, nonché il rispetto delle norme procedurali in materia di assegnazione di un simile appalto ad un’azienda privata, richiedono massima attenzione. Come Gruppo S&D, e io stesso, da vicepresidente della Commissione Tran, vigileremo.