Parla l'ambasciatore

Intervista a Nelli Feroci: “Gaza, Panama, Canada, Groenlandia: perché Trump e Musk sono un pericolo per il mondo”

“Chi si aspettava che il tycoon avesse messo la testa a posto, dopo la conferenza stampa di Mar-a-Lago sarà rimasto molto deluso”, commenta il presidente dello Iai. “Dalla minaccia dell’intervento militare per il controllo di Panama, all’acquisto della Groenlandia: dichiarazioni strampalate che hanno spiazzato tutti. Si conferma la pericolosità del personaggio...”

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

9 Gennaio 2025 alle 08:00 - Ultimo agg. 9 Gennaio 2025 alle 10:01

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Brandon Bell/Pool via AP, File – Associated Press / LaPresse
Brandon Bell/Pool via AP, File – Associated Press / LaPresse

Una conferenza stampa da brividi, quella di colui che dal 20 gennaio tornerà ad essere il presidente dell’iperpotenza mondiale. Altro che “moderato”: il “nuovo Trump” minaccia il mondo. L’Unità ne discute con l’Ambasciatore Ferdinando Nelli Feroci, presidente dell’Istituto affari internazionali (Iai), tra i più autorevoli think tank italiani di geopolitica e politica estera.

«Se Hamas non rilascia gli ostaggi succederà l’inferno. Non escludo l’uso della forza per occupare Panama e Groenlandia. Trivelleremo in molti posti»: e per non farsi mancare niente aggredisce, per ora solo verbalmente il Canada, postando una bandiera a stelle strisce con il Canada come parte degli Stati Uniti d’America. Così Donald Trump da Mar-a-Lago, in attesa di reinsediarsi, il 20 gennaio, alla Casa Bianca. Ambasciatore Nelli Feroci, che dire?
Per certi aspetti conferma il personaggio Trump, un misto di imprevedibilità e di provocazioni a raffica. Certo che chi si aspettava un Trump che avesse messo la testa a posto e si presentasse alla vigilia dell’insediamento come un personaggio più ragionevole e gestibile, sarà rimasto profondamente deluso. Questo è il minimo che si possa dire dopo aver ascoltato la sintesi della conferenza stampa a Mar-a-Lago.

Nello specifico?
Beh, su alcuni temi è tornato in maniera provocatoria con affermazioni che confermano cose già anticipate. Penso alla richiesta agli europei di spendere di più per la difesa, si torna al 5%, che è un obiettivo irrealizzabile…

Per l’Italia significherebbe un incremento di 85 miliardi di euro oltre a quelli già messi in bilancio. Più di due leggi finanziarie…
Appunto. Su altri, penso alle affermazioni su Gaza, sono la conferma, sempre formulata in maniera provocatoria, di una totale adesione alla linea del governo israeliano. Poi ci sono le cose più strampalate…

Vale a dire?
La minaccia all’intervento militare per recuperare il controllo e la sovranità sul canale di Panama o l’insistenza sull’acquisto della Groenlandia. Cose che francamente risultano stupefacenti, del tutto al di fuori di qualsiasi ipotesi di praticabilità concreta. Ad alcune di queste affermazioni è difficile, se non impossibile, dare un senso compiuto.

Resta il fatto che non si può più parlare di propaganda elettorale. Qui parla colui che dal 20 gennaio guiderà l’iperpotenza mondiale, divenendone il presidente e come tale il commander in chief.
Mi verrebbe da dire che questa è la conferma della pericolosità del personaggio. Per quanto ci si sia illusi che esistesse un Trump ragionevole, gestibile, la conferenza stampa di Mar-a-Lago lascia tutti molto perplessi e spiazzati. Vale sicuramente per gli alleati europei ma non solo.
Per quanto su alcune cose Trump abbia confermato la linea già anticipata in campagna elettorale, è il modo come lo ha fatto che è francamente sconcertante. Penso, per esempio, al sostegno allo sviluppo delle energie fossili, alla richiesta dell’aumento delle spese per la difesa per gli alleati europei. Penso alle provocazioni reiterate nei confronti del Canada, che farebbe bene a diventare il 51° stato degli USA. O al fatto che si propone di cambiare nome al Golfo del Messico, denominandolo Golfo d’America. Tutte affermazioni davvero sconcertanti.

Ambasciatore Nelli Feroci, su Trump pendono ancora giudizi e sentenze dei tribunali. C’è la possibilità di impeachment?
C’è l’ipoteca di una pronuncia della Corte suprema che ha fissato il principio dell’immunità del presidente in carica da questi processi. L’ipotesi più realistica è che i processi che vedono imputato Trump vengano sospesi per tutta la durata del mandato presidenziale. Per quanto riguarda l’impeachment, si può far partire, ma per potere andare avanti ha bisogno di certe maggioranze al Senato e alla Camera. Non ci sono le condizioni politiche, i numeri, perché un impeachment possa andare avanti. Gli equilibri di potere che si sono concretizzati con le elezioni del novembre scorso, dicono che nei due rami del Congresso, i Repubblicani hanno una confortevole maggioranza.

Torniamo ai contenuti della conferenza stampa. Sulla tragedia di Gaza, Trump ha affermato che se Hamas non libera gli ostaggi prima del suo insediamento, da presidente scatenerà l’inferno. Ma cosa ci può essere di più infernale di quello che da quindici mesi vivono i gazawi?
Ancora una volta voglio sperare che siano dichiarazioni da prendere col beneficio d’inventario. L’amministrazione americana uscente non ha mai ipotizzato un intervento diretto nel conflitto. Se dovessimo prendere alla lettera le affermazioni di Trump sembrerebbe che stia ipotizzando un intervento diretto americano su Gaza. Voglio immaginare che si sia fatto prendere da una foga, da un eccesso declamatorio, e che sia semplicemente, alla Trump, l’ennesima manifestazione del suo sostegno al governo Netanyahu.

Certo è che il Trump 2.0 pone problemi ancora più seri, di quanto si paventava, all’Europa.
È così. Al netto del modo di come certe cose sono state manifestate in questa conferenza stampa, certi eccessi retorici, al fondo c’è la conferma di tante questioni su cui Trump si era già pronunciato. Penso alla politica energetica, alle richieste sulla spesa per la difesa agli alleati europei, solo per citarne alcune. Temo che dovremo prepararci a fronteggiare, come europei, un presidente americano che ci creerà non pochi problemi. Nella conferenza stampa non ha accennato ai dazi per l’Europa, ma è ovvio che se si dovesse estrapolare quello che ha detto a Mar-a-Lago, verrebbe da dire che le promesse o le minacce che Trump ha fatto in campagna elettorale siano tutte destinate a concretizzarsi.

Qualche giorno fa a Mar-a-Lago era volata la presidente del Consiglio, Giorgia Meloni. Alla luce delle esternazioni di Trump, come si dovrebbe ridelineare il rapporto Italia-Stati Uniti, Meloni-Trump?
In questi casi, direi calma e gesso. Si dovrà fare una tara, almeno me lo auguro, su queste dichiarazioni e vederlo all’opera quando Trump comincerà ad adottare decisioni concrete, magari anche ordini esecutivi. Non mi pare che in conferenza abbia accennato alle minacce, a suo tempo fatte, di deportare 10 milioni di immigrati clandestini; tuttavia, dovremmo aspettarci qualcosa anche su quel fronte. I suoi collaboratori saranno quelli chiamati a mettere in musica e rendere gestibili richieste che sono al limite della provocazione.

A proposito della squadra presidenziale. Le indiscrezioni giornalistiche raccontano di scelte molto nette e radicali almeno su alcune figure-chiave del governo in formazione.
Non c’è dubbio. Tra le nomine che si salvano ce ne sono due che sono molto importanti: il Segretario di Stato, Marco Rubio, per quanto allineato alle posizioni di Trump, è una persona affidabile, e lo stesso si può dire del Segretario al Tesoro, Scott Bessent. Si tratta di due persone sufficientemente competenti. Destano maggiori preoccupazioni la nomina a Segretario alla Difesa, Pete Hegseth, o quella del Segretario alla Salute, Robert Kennedy Jr., giustamente motivo di preoccupazione anche tra gli stessi repubblicani.

Sullo sfondo, restano personaggi che hanno anticipato per certi versi questa ulteriore radicalizzazione di Trump. Penso a Steve Bannon e a Elon Musk.
Di Steve Bannon si parla meno in questa congiuntura. Non so se abbia ancora una qualche influenza su Trump. Quanto a Musk, è un personaggio ad altissimo rischio. Lo abbiamo visto intervenire a gamba tesa su questioni di politica interna di alcuni paesi europei in maniera del tutto inaccettabile, sia in Germania che nel Regno Unito, e per certi aspetti anche in Italia. Preoccupa che questa figura, oltre al suo ruolo di imprenditore di grande successo, dovrebbe assumere anche un ruolo non secondario nell’amministrazione federale. Si tratterà di vedere se le indiscrezioni saranno confermate e di cosa si tratterà. È certamente molto vicino a Trump, anche se credo che, alla lunga, i due personaggi dotati come sono di un ego ipertrofico, difficilmente continueranno a convivere pacificamente, nel medio e lungo periodo.

Se rimarranno solo provocazioni, lo si vedrà vivendo. Resta il fatto che la presidenza Trump2 pone l’Europa di fronte a un bivio: rafforzarsi politicamente o soccombere come vassalla dell’America “trumpiana”.
In questa congiuntura ci sarebbe bisogno più che mai di una Europa compatta, solidale, unita sulle scelte di fondo. Purtroppo, questo non è il caso, perché in Europa abbiamo assistito ad una polarizzazione di posizioni contrapposte su molte questioni. Le cose da fare in Europa sono note e chiare. Ma riuscirle a fare non sarà per niente facile, viste le profonde divisioni che esistono tra gli Stati membri. A ciò si aggiunge, aggravando ulteriormente il quadro, l’indebolimento sostanziale dei due maggiori paesi europei, la Francia e la Germania. Un quadro in cui complessivamente i processi decisionali europei mostrano limiti enormi nella loro capacità di produrre decisioni.

Per tanto tempo, l’Occidente, i suoi valori, i suoi principi, sono stati, a torto o a ragione, identificati innanzitutto con gli Stati Uniti d’America. Trump non è anche il “virus” che può corrodere quella democrazia liberale che è stata vanto dell’Occidente?
È un rischio enorme per la democrazia. Lunedì scorso, Trump ha celebrato il terzo anniversario di quel 6 gennaio 2021, quando i suoi fedelissimi presero d’assalto il Campidoglio, cercando di sovvertire il risultato elettorale, come se questo fosse stato un episodio da celebrare. Fu un attentato gravissimo al funzionamento della democrazia americana che Trump non ha minimamente voluto mai riconoscere come tale. Ci sono dei rischi che perfino una democrazia come quella americana, che era contraddistinta da un ottimo funzionamento del sistema del “Counterbalance of powers”, l’equilibro dei poteri, in questa congiuntura mostri le sue debolezze.

Trump non viene da Marte. Ha saputo interpretare gli umori, le paure, le speranze di una parte, maggioritaria al voto, dell’America.
Questo è vero. Messaggi molto semplici, molto chiari, facilmente percepibili, di sicura presa su una componente molto importante dell’elettorato americano. Ma c’è stata anche una enorme debolezza del Partito democratico, che ha sofferto della determinazione di Biden di voler competere in questa campagna elettorale, di essersi deciso solo all’ultimo minuto a rinunciare, e della sostanziale debolezza della candidata democratica. Comunque sia, l’esito delle elezioni del 4 novembre 2024, conferma la forte spaccatura della società americana. Non c’è dubbio che Trump abbia vinto nettamente, non ci sono contestazioni di sorta. Però quella americana resta una società profondamente divisa e spaccata.

9 Gennaio 2025

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