Il fuggi-fuggi di consulenti
Rivolta nell’ufficio del garante: “Per i detenuti non fa nulla”
Dopo lo storico avvocato Passione, si dimettono le colleghe Brucale e Calcaterra e lo psichiatra Rossi, ma altri esperti sono pronti a lasciare. “Mancanza di terzietà, niente più visite a sorpresa in carcere e neppure la relazione al Parlamento”
Giustizia - di Angela Stella

È fuga di avvocati ed esperti dalla lista di consulenti del Garante nazionale dei diritti delle persone private della libertà personale (Riccardo Turrini Vita, Irma Conti, Mario Serio). Dopo quelle di Michele Passione, sono arrivate le dimissioni anche di altri professionisti. Com’è noto il 9 giugno, Mimmo Passione, storico avvocato del Garante, ha comunicato la rinuncia al proprio mandato: alla base della decisione ci sono le crescenti difficoltà riscontrate nell’ottenere il riconoscimento del proprio lavoro, nonché una diminuita attenzione alla dignità delle persone ristrette da parte di chi ha istituzionalmente la responsabilità della loro custodia e tutela.
In particolare ci racconta il legale: “Non è in discussione la mia figura, che non conta nulla, quanto piuttosto alcuni temi politici che io ho posto all’attenzione del Garante attuale che non ha mai ritenuto di doversi mettere in contatto con me, né prima, quando avevo preannunciato le dimissioni, né dopo”. Le questioni poste da Passione: “l’assoluta molteplicità di voci all’interno di un collegio che dovrebbe parlare con una voce sola, la percepita mancanza di terzietà da parte di alcuni componenti del collegio, il fatto che non si svolgano più visite non programmate ed in particolare non si sia ancora andati nel Cpr in Albania, la mancata presentazione della relazione al Parlamento. E del resto sarebbe impossibile trasmettere una relazione se non si va nei luoghi tutti di privazione della libertà personale”.
A lasciare anche l’avvocato Maria Brucale che aveva prestato anni addietro la sua disponibilità pro bono al Garante: “Negli anni la mia è stata una esperienza entusiasmante che mi ha profondamente arricchita grazie alla possibilità di partecipare alle missioni, alla redazione di atti nell’interesse delle persone recluse violate nei loro diritti, allo studio e al confronto sempre produttivo e stimolante fino alla corposa e capillare relazione annuale al Parlamento”. Purtroppo, spiega ancora Brucale, “dall’insediamento del nuovo Garante, nessuno mi ha mai contattata. La mia presenza nella lista mi appare oggi spoglia e ormai svuotata della sua essenza. Non trovo più quel terreno condiviso che aveva da principio supportato l’adesione al tempo prestata e la volontà di offrire il mio impegno e la mia dedizione. Ho chiesto, pertanto, allo stato, la cancellazione del mio nome dagli esperti a titolo gratuito”. Ad abbandonare pure l’avvocato Antonella Calcaterra e lo psichiatra Giovanni Rossi, che si occupava di valutare le condizioni dei ristretti nei reparti psichiatrici e nelle Rems, anche per vedere se venivano messe in atto contenzioni, Tso ed elettroshock. Ma non sarebbero gli unici a lasciare: anche altri esperti sono in procinto di abbandonare l’incarico. Il motivo è sempre lo stesso: “non ci fanno più fare nulla”.
Per l’ex presidente del Collegio, Mauro Palma, “il vero punto di cesura cedo sia stato nel fatto che il nuovo Collegio – nella composizione con il presidente poi defunto e nella nuova con il nuovo presidente – non ha mai fatto – e tantomeno voluto fare anche se sollecitato – un incontro con il Collegio precedente neppure per il formale passaggio di consegne. Questo è il nodo originario di varie conseguenze. E sottolineo che l’indipendenza e la pienezza del mandato in tutti gli aspetti che le norme internazionali prevedono per un organismo di prevenzione di maltrattamenti e tortura restano l’aspetto centrale che chiede un ‘raddrizzamento’ dell’attuale impostazione”. Sulla questione ha preso posizione anche Osservatorio carcere e la Giunta dell’Unione Camere Penali: “la rilevata esistenza” all’interno del collegio del Garante “di ‘soggettività ideologiche’ dei singoli rischia di condizionare l’operato e le scelte pubbliche del Garante, destando evidente preoccupazione in quanto tale organismo dovrebbe averne una soltanto costituita dalle finalità e dagli scopi della sua primitiva costituzione: individuare le criticità presenti in ogni luogo di privazione della libertà”.
Il riferimento è ad una intervista dello scorso 15 giugno al membro del collegio del Garante, il professore Mario Serio, al Manifesto in cui sostanzialmente parlava dell’esistenza di prese di posizione personali che priverebbero della necessaria uniformità di azione e di pensiero l’ufficio del Garante, chiamato invece ad esprimersi attraverso una decisione univoca, al netto delle “soggettività ideologiche” dei singoli componenti. Inoltre per i penalisti guidati da Francesco Petrelli, “in questi momenti di rimozione collettiva dello scandalo che investe l’istituzione carceraria, le cui drammatiche condizioni offendono l’immagine stessa del nostro Paese, si percepisce la carenza di un’effettiva azione di tutela dei diritti dei detenuti, di una concreta e tangibile opera di prevenzione di ogni forma di violenza praticata sulle persone ristrette, di una significativa attività di informazione pubblica sullo stato dell’intero sistema dell’esecuzione penale”. Infine “in questo particolare contesto si percepisce in tutto il suo più ampio valore politico la mancanza, da due anni, della prescritta relazione annuale al Parlamento sul lavoro svolto dal Garante e sulle prospettive future del settore ad esso assegnato”.
Anche la Società della Ragione ha espresso “profonda preoccupazione per le dimissioni dell’Avv. Michele Passione” e conclude “le ragioni, gravi e circostanziate, con cui l’avv. Passione ha motivato la sua sofferta scelta, non possono essere ignorate e richiedono una risposta, in tempi rapidi, da parte del Ministro Nordio, interrogato sulla questione a riferire in Parlamento” da Italia Viva e Partito democratico. Intanto ieri con una nota il ministero della giustizia ha reso noto che un agente scelto di Polizia penitenziaria, in servizio presso l’Istituto penale per i minorenni di Nisida, indagato per atti sessuali con minorenne, commessi nel giugno 2025 ai danni di un giovane detenuto nell’Ipm, è stato sottoposto alla misura cautelare degli arresti domiciliari. Anche per lui, come per tutti gli altri indagati, vige la presunzione di innocenza.