La pdl
Come evitare la condanna della Cedu sul degrado delle nostre carceri
Il degrado delle nostre carceri è confermato anche dalle relazioni delle Asl ottenute dall’Associazione Coscioni. La società civile continua con le sue denunce pubbliche.
Giustizia - di Marco Perduca

Da una prima lettura delle 66 relazioni delle visite delle ASL nelle carceri italiane, ottenute dall’Associazione Luca Coscioni a seguito di una richiesta di accessi agli atti di dicembre scorso, si nota che nella stragrande maggioranza dei casi non siano stati effettuati neanche quegli interventi di ordinaria manutenzione spesso necessari a rendere le condizioni ambientali e igienico-sanitarie a norma di legge. Allo stesso tempo si registrano carenze di personale e disomogenea offerta di servizi socio-sanitari.
Niente che non fosse già noto grazie alle visite ispettive di parlamentari e associazioni varie, ma che adesso viene confermato dalle Aziende sanitarie locali di mezza Italia – l’altra metà non ha ancora risposto. Questa diffusa negligenza, di per sé già grave, si acuisce alla luce della relazione “Infrastrutture e digitalizzazione: Piano Carceri” pubblicata il 5 maggio dalla Corte dei Conti, in cui si mette in mora lo stato di attuazione del famigerato Piano Carceri evidenziando situazioni critiche di grave sovraffollamento in particolare in Lombardia, Puglia, Campania, Lazio, Veneto e Sicilia. Secondo il sito sovraffollamentocarcerario.it, predisposto dal giornalista indipendente Marco Della Stella che monitora le presenze quotidiane in carcere, al 4 maggio 2025 nei 189 istituti di pena italiani erano recluse 62.487 persone. A fronte di una capienza regolamentare di 51.280, ben 4.488 posti non sono però disponibili, portando l’affollamento al 133,542%!
Poco prima di Pasqua, l’associazione Nessuno Tocchi Caino aveva lanciato un appello per un “Giubileo della clemenza”; la commozione per la morte di Papa Francesco e tutto il gran parlare di “ultimi” che ne è scaturito andrebbero colti per far accadere uno di quei fatti straordinari che, come usa dire, avvengono “ogni morte di Papa”. L’ultima legge straordinaria in materia di deflazione carceraria risale al 29 luglio 2006 quando il Parlamento approvò un indulto che riguardò tutti i reati commessi fino al 2 maggio 2006 nella misura non superiore a tre anni per le pene detentive e non superiore a 10.000 euro per quelle pecuniarie. Dal provvedimento furono esclusi i reati di maggiore allarme sociale come associazioni sovversive, sequestro di persona, atti di terrorismo, pornografia minorile, violenza sessuale, tratta di persone e usura. Grazie a quella decisione circa 25.000 persone furono liberate anticipatamente. Ne seguirono polemiche a destra e sinistra ma le carceri poterono “respirare” consentendo importanti interventi di manutenzione anche straordinaria.
A tre anni da quell’indulto, il proibizionismo punizionista fece letteralmente scoppiare le carceri rendendo la Repubblica italiana un’osservata speciale da parte della Corte europea dei diritti umani con la famigerata sentenza pilota Torreggiani del gennaio 2013. Un’analisi attenta delle cause del “sovraffollamento” di questi giorni, e delle sue dimensioni, dovrebbe suggerire di evitare una nuova condanna da parte della CEDU. Oltre alle relazioni, l’Associazione Luca Coscioni ha chiesto alle ASL anche le eventuali linee guida seguite per i sopralluoghi, la lista delle istituzioni con cui sono stati condivisi i rilievi e le eventuali risposte dell’amministrazione penitenziaria. Da quanto ricevuto fin qui si evince che solo un paio di Regioni prevedono regole precise per le ispezioni. Nessuna ASL ha fornito la documentazione relativa agli impegni assunti dal DAP o dal Ministero della Giustizia a seguito delle segnalazioni di criticità.
Se la società civile continua con le sue denunce pubbliche, e gli scioperi della fame di Rita Bernardini, il problema di uno sconto di pena, o liberazione anticipata, resta tutto politico. Nessuno Tocchi Caino e il Deputato d’Italia Viva Roberto Giachetti stanno lavorando a un “indultino” di un anno per chiunque è recluso. La proposta ha già fatto storcere molti nasi, ma è il minimo necessario per evitare nuovamente la messa in mora continentale di un sistema penitenziario che impone trattamenti inumani e degradanti contrari alla nostra Costituzione e lo Stato di Diritto internazionale.