Fermata la Global march per Gaza
Perché Israele ha attaccato l’Iran: cosa sta succedendo in Medio Oriente
L’Egitto ferma la Global march per Gaza. Attivisti espulsi. Bloccati anche 15 italiani. La portavoce della delegazione: “Stiamo parlando di vere e proprie deportazioni ”
Esteri - di Umberto De Giovannangeli

Al “piromane di Tel Aviv” non basta spianare Gaza. Vuole fare saltare l’intera polveriera mediorientale. Israele sarebbe pronto ad attaccare l’Iran: lo scrive il New York Times, riferendo come fonti funzionari europei e statunitensi. Non è chiaro quanto l’attacco possa essere imponente: ma la notizia arriva dopo mesi di pressioni da parte del premier israeliano Netanyahu per convincere Trump a cogliere un momento che secondo Israele sarebbe di debolezza dell’Iran per colpirlo. Anche il Washington Post ieri sera ha scritto che gli Stati Uniti sono in massima allerta in vista di un possibile attacco israeliano contro l’Iran.
Il dipartimento di Stato ha autorizzato l’evacuazione di parte del personale in Iraq, mentre il Pentagono ha dato il via libera alla partenza dei familiari dei militari in tutto il Medio Oriente. L’inasprimento delle misure di sicurezza arriva mentre il presidente Donald Trump ha mostrato meno ottimismo sulla possibilità di raggiungere un accordo con l’Iran che limiti il suo programma nucleare e scongiuri una nuova potenzialmente catastrofica escalation militare. «Sono meno fiducioso ora rispetto a un paio di mesi fa – ha dichiarato al New York Post – è successo qualcosa, ma sono molto meno convinto che si possa raggiungere un accordo».
Israele sta valutando la possibilità di intraprendere un’azione militare contro l’Iran – molto probabilmente senza il supporto degli Stati Uniti – nei prossimi giorni, nonostante il presidente Donald Trump sia in trattative avanzate con Teheran per un accordo diplomatico volto a limitare il suo programma nucleare. Secondo cinque fonti citate dalla Nbc, Israele sta prendendo sempre più seriamente in considerazione un attacco unilaterale all’Iran, mentre i negoziati tra Stati Uniti e Iran sembrano avvicinarsi a un accordo preliminare o quadro che include disposizioni sull’arricchimento dell’uranio che Israele considera inaccettabili.
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Funzionari americani sono stati informati del fatto che Israele è pronto a lanciare un’operazione contro l’Iran. Lo riporta CbsNews citando diverse fonti. Secondo l’emittente inoltre, gli Stati Uniti temono che l’Iran potrebbe effettuare ritorsioni su alcuni siti americani nel vicino Iraq, e questo è uno dei motivi per cui ad un certo numero di cittadini americani è stato consigliato ieri di lasciare la regione: il Dipartimento di Stato ha ordinato ai funzionari governativi non in situazioni di emergenza di lasciare l’Iraq a causa delle «accresciute tensioni regionali», e il Pentagono ha autorizzato i familiari dei militari ad abbandonare volontariamente le proprie sedi in tutto il Medio Oriente, ha dichiarato un funzionario della Difesa a CbsNews. Il personale statunitense è stato trasferito da alcuni Paesi del Medio Oriente perché la regione «potrebbe essere un posto pericoloso»: lo ha detto Donald Trump ai giornalisti prima di assistere al musical I Miserabili al Kennedy Center di Washington, dopo le notizie di un trasferimento del personale dell’ambasciata Usa in Iraq.
Secondo alcuni media, sarebbe un segno che i negoziati tra Usa e Iran sul nucleare non stanno andando nel verso giusto. Un alto funzionario iraniano ha detto all’agenzia Reuters che un paese “amico” nella regione ha avvertito Teheran di un possibile attacco israeliano. Il funzionario ha ribadito che “l’Iran non rinuncerà al suo diritto di arricchire l’uranio, nonostante le crescenti tensioni nella regione”, aggiungendo: “Questa è una guerra psicologica volta a influenzare Teheran nei colloqui sul nucleare con gli Stati Uniti”. Il capo di stato maggiore delle Forze Armate iraniane, Mohammad Bagheri, ha ordinato l’avvio di una serie di esercitazioni militari, note come «esercitazioni dell’autorità». Lo scopo di queste esercitazioni è rafforzare la forza difensiva, la prontezza operativa e le capacità di deterrenza delle forze armate iraniane, ha affermato Bagheri.
Le esercitazioni di quest’anno «sono state programmate con modifiche al normale calendario militare e sono progettate per rispondere all’evoluzione delle minacce regionali e dei movimenti avversari», riferisce Mehr, senza specificare dove le esercitazioni avranno luogo. Israele ha esortato la comunità internazionale a «rispondere con decisione» e impedire all’Iran di sviluppare armi atomiche, dopo che l’Aiea ha adottato una risoluzione che condanna Teheran per inadempienza dei suoi obblighi nucleari. «L’Iran ha costantemente ostacolato le verifiche e il monitoraggio dell’Aiea, ha espulso gli ispettori e ha ripulito e nascosto siti sospetti non dichiarati», ha denunciato il ministero degli Esteri israeliano su X. «Queste azioni minano il regime globale di non proliferazione e rappresentano una minaccia imminente alla sicurezza e alla stabilità regionale e internazionale».
Non c’è pace in Medio Oriente
Arresti, deportazioni, espulsioni. Gli attivisti internazionali della Global March verso Gaza, arrivati al Cairo con l’intenzione di marciare fino a Rafah, sono stati prelevati dagli alberghi, accompagnati in aeroporto e formalmente espulsi dall’Egitto o bloccati all’ingresso. Del gruppo fanno parte almeno una quindicina di italiani, già in volo o in attesa di rimpatrio. “È stata una notte difficile per noi e per il nostro legal team. Stiamo parlando di vere e proprie deportazioni – dice in un video postato nella mattinata di ieri, la portavoce della delegazione italiana Antonietta Chiodo – si tratta di una chiara violazione del diritto internazionale”.
Sono stati rilasciati 35 degli attivisti Pro Pal italiani bloccati all’aeroporto del Cairo per partecipare alla marcia internazionale per Gaza. Altri sette, invece, sono stati rimpatriati. È quanto si apprende da fonti vicine ai movimenti.
La «Global March to Gaza», che si svolge in coordinamento con la carovana terrestre «Sumud» e la missione della nave «Madleen», mira a ottenere l’apertura del valico di Rafah attraverso negoziati con le autorità egiziane, coinvolgendo ong, diplomatici e istituzioni umanitarie. Secondo gli organizzatori, circa 150 italiani si sono uniti alla mobilitazione, insieme a migliaia di partecipanti provenienti soprattutto dai Paesi del Maghreb. La situazione è diventata ancor più incandescente anche per l’intervento di Israele. Secondo il Jerusalem Post, il ministro della Difesa israeliano Israel Katz di fatto ordinato all’Egitto di fermare i manifestanti, bollati come “jihadisti” e “sostenitori di Hamas”, in grado di “mettere a repentaglio anche la stabilità del regime egiziano al potere e di altri governi arabi moderati nella regione”. E ha minacciato: “se l’Egitto non dovesse riuscirci, l’Idf ha già ordine di intervenire. Non ci saranno linee rosse”. La vergogna non ha confini. La solidarietà per i disperati di Gaza è un crimine. Non solo a Tel Aviv ma anche al Cairo.