Limitato l'accesso alle aree di distribuzione
Chi sono i miliziani jihadisti armati da Israele a Gaza
Netanyahu ha ammesso che le autorità stanno sostenendo un clan palestinese a Gaza che si oppone ad Hamas. Si tratterebbe di una banda che opera a Rafah ed è accusata di saccheggiare i camion con gli aiuti umanitari. “Che c’è di male?” ha detto Bibi
Esteri - di Umberto De Giovannangeli

Le sta provando tutte nella guerra di annientamento scatenata a Gaza. Bombardamenti, la fame, e ora anche il sostegno a un gruppo armato jihadista. Il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha riconosciuto che le autorità stanno sostenendo un clan palestinese a Gaza che si oppone ad Hamas, in seguito alle dichiarazioni di un ex ministro secondo cui Israele avrebbe fornito armi al gruppo. Secondo i media israeliani e palestinesi, questo gruppo include membri di una tribù beduina guidata da Yasser Abu Shabab.
Il Consiglio europeo per le Relazioni estere descrive Abu Shabab come il capo di una «banda criminale che opera nell’area di Rafah ed è accusata di saccheggiare camion di aiuti umanitari» a Gaza. Avigdor Lieberman, membro del parlamento ed ex ministro della Difesa, ha dichiarato in un’intervista all’emittente pubblica israeliana Kan che il governo di Benjamin Netanyahu stava «fornendo armi a un gruppo di criminali e malfattori». «Cosa ha rivelato Lieberman? Che fonti di sicurezza hanno attivato un clan di Gaza che si oppone ad Hamas? Cosa c’è di sbagliato in questo?», ha dichiarato Netanyahu in un video pubblicato ieri sul suo account di X: «va tutto bene, salva la vita dei soldati israeliani» nella Striscia di Gaza, ha aggiunto il premier. Netanyahu «dopo aver finito di dare milioni di dollari ad Hamas, è passato a fornire armi alle organizzazioni vicine allo Stato Islamico (Is) a Gaza, il tutto senza una pianificazione strategica, tutto ciò porterà a ulteriori disastri». Lo ha detto su X il leader dell’opposizione e presidente di Yesh Atid, Yair Lapid, sottolineando come «le armi che entrano a Gaza finiranno per essere rivolte contro i soldati delle Forze di difesa (Idf) e i cittadini israeliani. Questo governo deve tornare a casa», ha concluso.
Il caos armato e gli aiuti come strumento di guerra
Gli spostamenti verso le aree di distribuzione degli aiuti umanitari nella Striscia di Gaza sono consentiti solo nelle ore diurne, tra le 6 e le 18. È la nuova disposizione per i palestinesi che arriva dalle forze israeliane, come riporta il Times of Israel mentre proseguono le operazioni militari contro Hamas nella Striscia dall’attacco del 7 ottobre 2023 in Israele. Dalle 18 alle 6, fa sapere via X il portavoce Avichay Adraee, «l’area è considerata zona militare chiusa» ed «entrare comporta gravi pericoli per le vostre vite». «E’ severamente vietato entrare nei centri di distribuzione e nell’area limitrofa» in queste 12 ore, aggiunge, con la sollecitazione a «rispettare le istruzioni degli organizzatori (la Gaza Humanitarian Foundation), in particolare per quanto riguarda orari di entrata e uscita». L’Onu ha denunciato tra le altre cose la terribile condizione di quasi tremila bambini sotto i 5 anni che soffrono di malnutrizione acute. A Berlino il ministro degli esteri tedesco Johann Wadephul, ricevendo il collega Gideon Sa’ar, ha rinnovato l’appello al governo israeliano perché allenti in modo sostanziale il blocco agli accessi dei camion umanitari. Gli aiuti devono crescere in “quantità e velocità” di fornitura, gli ha fatto eco da Londra il premier britannico Keir Starmer.
Il numero di giornalisti uccisi a Gaza dall’inizio della guerra ha raggiunto quota 226, dopo la conferma odierna dell’uccisione del cameraman di Al Arabiya TV, Ahmed Qaljah. Lo ha reso noto l’ufficio stampa del governo di Gaza. La dichiarazione non ha specificato dove Qaljah sia stato ucciso, ma i corrispondenti di Al Jazeera hanno riferito che fonti mediche presso l’ospedale al-Ahli di Gaza City hanno affermato che un giornalista e’ morto a causa delle ferite riportate in seguito all’attacco alla struttura medica avvenuto giovedì. L’ufficio ha invitato “tutti gli organi giornalistici di tutti i paesi del mondo a condannare questi crimini sistematici contro i giornalisti palestinesi e i professionisti dei media nella Striscia di Gaza”. “Invitiamo inoltre loro a esercitare una pressione seria ed efficace per fermare il crimine di genocidio, proteggere i giornalisti e i professionisti dei media nella Striscia di Gaza e fermare le loro uccisioni”, ha aggiunto.
“Sono una mamma come tante altre qui, senza più niente. Questo è il mio destino ed è il destino di troppe persone a Gaza“. Lo dice in un’intervista al Corriere della sera Alaa al-Najjar, la pediatra dell’ospedale Nasser di Khan Younis che ha perso nove dei suoi dieci figli e il marito (anche lui medico) in un bombardamento israeliano sulla loro casa. La dottoressa risponde alle domande accanto al letto di Adam, 11 anni, l’unico figlio che le è rimasto, gravemente ferito: le sue condizioni stanno migliorando, ma ha ancora bisogno di cure. “Il mio obiettivo è portarlo fuori da Gaza, se potessimo davvero uscire sarebbe un sollievo. Adam ha bisogno di essere curato in una struttura che funziona” dice. La pediatra racconta di aver detto al figlio ciò che è successo alla loro famiglia: “Cerco di non fargli pensare a come è diventata la nostra vita. Giochiamo il più possibile”. Poi ringrazia chi denuncia la distruzione nella Striscia e fa un appello: “Non dimenticate gli altri”. E a Roma oggi, in Piazza San Giovanni, saranno in tante e in tanti a non voler dimenticare Adam e gli altri 50mila bambini uccisi, feriti, amputati, traumatizzati a Gaza.