Lavoro o profitti? Diritti di tutti o sovranismo?
Sui referendum è scontro vero tra destra e sinistra
Il referendum sul lavoro ti costringe a scegliere tra diritti dei lavoratori e diritti dell’impresa; Il referendum sulla cittadinanza tra diritti uguali per tutti e propaganda del respingimento. Non ci sono grandi dibattiti da fare. C’è solo da scegliere.
Politica - di Piero Sansonetti

Giorgia Meloni ha annunciato che lei andrà a votare al referendum ma non voterà. La sua è una scelta originale ma impossibile. Credo di avere capito che si recherà al suo seggio e saluterà gli scrutatori e il presidente, poi andrà via. Forse si soffermerà a salutare anche i clienti del bar di fronte al seggio e poi chiederà al giornalaio se ha venduto qualche giornale.
Va bene così. È un passo ulteriore della politica verso la farsa. Francamente meglio il vecchio La Russa, fascista vero, che non ha alcun timore a dichiarare che si asterrà. È una scelta legittima, che quasi tutti i partiti hanno già praticato in precedenza con lo scopo di far fallire un referendum. C’è una legge un po’ folle che prevede che il referendum sia valido solo se vota la metà più uno degli aventi diritto. Questo permette, in ogni referendum, ai sostenitori del “no” di godere di un bonus spropositato a proprio favore pari al numero di elettori che si astiene abitualmente. Cioè un po’ più del 40 per cento, quasi il 50. Utilizzando questo bonus è sufficiente raccogliere il 6 o il 7 per cento dei consensi (espressi con l’astensione) per vincere, battendo una maggioranza di sì anche molto consistente. Diciamo che calcolando l’astensione abituale a 22 milioni di votanti, bastano 3 milioni di votanti per la vittoria del “no”. Il “sì”, invece, deve raccogliere almeno 25 milioni di voti.
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Stando così le cose una vittoria dei “sì” risulta praticamente impossibile. Se però il sì raccogliesse in alcuni dei cinque referendum una percentuale di votanti superiori al 30/ 35 per cento, cioè circa 15 milioni di voti, sarebbe un successo incredibile. Con 10 o 15 milioni di voti vinceresti qualsiasi referendum senza quorum. E a quel punto anche per la maggioranza sarebbe difficile non tenerne conto e non mettere le mani sulle leggi contestate dai referendum. Lo scontro stavolta è netto e fortissimo. Ci sono pochi equivoci. Se si vota a favore del referendum sulla cittadinanza si aprono le porte dei diritti a molte centinaia di migliaia di cittadini stranieri e si da un colpo alla politica dei respingimenti.
Se si vota a favore del referendum che in pratica ripristina l’articolo 18 dello Statuto dei lavoratori (che fu abolito dal governo Renzi, che cancellò in quel modo una delle grandi conquiste dei socialisti e dei riformisti negli anni sessanta) si aumenta molto il potere contrattuale dei lavoratori nei confronti degli imprenditori, potere oggi ridotto ai minimi termini. E’ chiaro che sono in gioco interessi collettivi. E anche politici. Il referendum sul lavoro ti costringe a scegliere tra diritti dei lavoratori e diritti dell’impresa; Il referendum sulla cittadinanza tra diritti uguali per tutti e propaganda del respingimento (che porta molti voti). Non ci sono grandi dibattiti da fare. C’è solo da scegliere.