La battaglia per il quorum
Giorgia Meloni e i referendum, l’indicazione “farsa” della premier sul voto: “Vado al seggio ma non ritiro le schede”

Una indicazione di voto che le opposizioni non faticano a commentare come “furba ma falsa”. È quella fornita oggi da Giorgia Meloni, con la presidente del Consiglio che nel giorno in cui si celebra la Festa della Repubblica si esprime per la prima volta in maniera chiara sui prossimi referendum dell’8 e 9 giugno su lavoro e cittadinanza.
La presidente del Consiglio, a margine delle celebrazioni, interpellata dai cronisti chiarisce finalmente la sua posizione sui quesiti referendari: “Vado a votare ma non ritiro la scheda. È una delle opzioni”, dice la premier.
Ma cosa significa in concreto quanto riferito da Meloni? Lo spiega chiaramente una circolare del Viminale, il Ministero dell’Interno: “Per quanto attiene la rilevazione del numero degli elettori, appare utile rammentare che coloro che rifiutano la scheda non dovranno essere conteggiati tra i votanti della sezione elettorale”.
Quando l’elettore rifiuta la scheda e chiede la verbalizzazione della propria astensione il presidente del seggio, “al fine di non rallentare il regolare svolgimento delle operazioni”, verbalizzerà la richiesta “in maniera sintetica e veloce, con l’annotazione nel verbale stesso delle generalità dell’elettore, del motivo del reclamo o della protesta, allegando anche gli eventuali scritti che l’elettore medesimo ritenesse di voler consegnare al seggio”, chiarisce il Ministero.
In sostanza con la sua scelta la premier, pur recandosi al seggio, non verrà conteggiata tra i votanti e dunque non contribuirà a raggiungere il quorum, ovvero il 50% più uno dei votanti necessario affinché i referendum siano considerati validi.
Un escamotage che l’opposizione smaschera immediatamente. Per il senatore Pd Dario Parrini, vicepresidente della Commissione Affari Costituzionali, la scelta della premier “è un modo di astenersi e di sabotare il raggiungimento del quorum che ai fini numerici è identico a un’astensione classica. Si tratta di una scelta legittima, ma deve essere raccontata per quel che è: un invito all’astensione. Se viene presentata come un’alternativa “partecipativa” all’astensione, è un imbroglio. E una Presidente del Consiglio non dovrebbe mai ricorrere all’inganno. Se lo fa, mostra scarso senso e rispetto delle istituzioni”.
Dello stesso avviso Riccardo Magi, leader di +Europa e presidente del comitato promotore del referendum sulla cittadinanza: per Magi quella di Meloni “è una dichiarazione furba ma falsa perché non si può andare a votare non ritirando le schede di alcun referendum”.
“Un invito di fatto all’astensione quindi, che fa impallidire soprattutto perché fatto durante la cerimonia del 2 giugno, quando gli italiani con un referendum scelsero la Repubblica”, rimarca ancora il segretario di +Europa.