La posizione del Colle

Mattarella ‘richiama’ Meloni e Schlein, il Quirinale detta la linea: “Meno pacifismo, per favore”

In un’intervista concessa alla tv giapponese il Quirinale lancia frecciate a Giorgia (“No a una pace ingiusta che sia omaggio alla prepotenza”) senza risparmiare neanche Schlein (“La difesa europea è necessaria”)

Politica - di David Romoli

8 Marzo 2025 alle 12:00

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Foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica – Foto Ufficio Stampa Quirinale/LaPresse
Foto di Francesco Ammendola – Ufficio per la Stampa e la Comunicazione della Presidenza della Repubblica – Foto Ufficio Stampa Quirinale/LaPresse

Sergio Mattarella, dal Giappone, trova modo di farsi sentire nella discussione sulla difesa europea e le scelte dell’Unione e dell’Italia sulla Crimea. Lo fa a modo suo, con la massima attenzione a non sconfinare dal perimetro del suo ruolo istituzionale, in forma indiretta dunque, lanciando messaggi impliciti e tuttavia chiari.

L’occasione è un’intervista all’emittente giapponese NHK e non nasconde il suo pensiero: “Se l’invasione russa dell’Ucraina avesse successo potrebbe arrivare un’era molto pericolosa”. Quindi dettaglia: “La tragedia della seconda guerra mondiale si è verificata quando la Germania nazista ha usato la forza per imporre la sua volontà a Paesi come la Polonia: questo terribile precedente potrebbe ripetersi”. La conclusione è perentoria: “Se una potente nazione armata impone con successo la propria volontà a un’altra, seguiranno altre aggressioni”. Il messaggio, probabilmente, ha due referenti precisi: Giorgia Meloni ed Elly Schlein.

Il presidente è ben consapevole di quanto la linea della premier stia slittando rispetto al passato. La ricerca di un rapporto privilegiato con Trump la spinge a considerare possibile quel che ieri era escluso: una pace decisa a prescindere dall’Ucraina, imposta con le cattive a Zelensky o a chi per lui, basata su concessioni territoriali. Ma questa, per Mattarella, non sarebbe una pace, neppure una pace ingiusta. Sarebbe il prologo a nuove e più sanguinose guerre. È la stessa posizione su cui era attestata la premier. Molti segnali indicano che non è più così e tuttavia il governo italiano ufficialmente non ha cambiato parere e ha firmato senza esitazioni i 5 punti fissati giovedì dal Consiglio europeo come condizioni per la pace, tra i quali figura l’integrità territoriale dell’Ucraina. Giorgia vuole un rapporto sempre più stretto con Washington ma senza neppure incrinare quello con Bruxelles. Mattarella si spende quindi per ancorarla alla posizione rigida. Lo fa con prudenza, chiedendo “una soluzione che non mortifichi nessuno”. Però ripetendo che la pace non può essere “un omaggio alla prepotenza delle armi”.

Il segnale però è indirizzato anche, e forse anzi ancor di più, alla segretaria del Pd. Se il rischio è quello di nuove aggressioni e dunque di una guerra su scala più vasta bisogna da un lato essere pronti e dall’altro essere in grado di mettere in campo una forza tale da funzionare come strumento di dissuasione. Va da sé che in una situazione così estrema come il presidente considera essere quella in cui ci troviamo mettersi a disquisire su quanto il piano di riarmo si avvicini a una vera difesa europea e quanto invece si limiti a riarmare i singoli Stati è, se non proprio un particolare, certo neppure l’elemento centrale. Nel caso non fosse chiaro lo dice apertamente: “Rafforzare la difesa europea è uno sviluppo dell’integrazione europea”.

La posizione assunta da Elly non può piacere al capo dello Stato per almeno due ragioni. La prima è appunto che da molti mesi, senza aspettare l’avvento di Trump, il presidente suona l’allarme sui rischi di un conflitto più esteso e dunque sulla necessità del riarmo. È probabile che neppure lui consideri il modello von der Leyen il migliore ma di qui a bocciarlo ce ne passa. In secondo luogo, il piano di riarmo è comunque un passo, sia pur timido, verso una maggiore integrazione europea, elemento che ha sempre considerato prioritario.

Per il Pd, che ha sempre considerato il Colle un faro, prendere una posizione diversa da quella che piacerebbe al Quirinale è una specie di trauma e spingerà probabilmente Elly a non schierarsi contro il riarmo con la nettezza necessaria per imporsi come leader di un vero fronte pacifista. Sarebbe la formula peggiore: la segretaria sconterebbe uno scontro più lacerante di quanto non appaia con il Pse, con il Colle e con una parte del suo partito senza incassare in compenso i dividendi politici.

8 Marzo 2025

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