Tra sguaiataggine e noncuranza

Vance e Gasparri come Ric e Gian, il duo populista che irride i professori e il sapere

Il vice di Trump rinverdisce i fasti del senatore azzurro, che si scagliò contro i docenti (“Noi di destra, rispetto alla sinistra, abbiamo meno professori. E dunque meno scemi in giro”). Il populismo è nemico del popolo...

Politica - di Filippo La Porta

23 Febbraio 2025 alle 11:00

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Foto collage Lapresse
Foto collage Lapresse

J.D. Vance, neo-vicepresidente americano, ha dichiarato che “i professori sono il nemico”, alimentando il sospetto verso i saperi specialistici, la competenza, gli intellettuali, verso la cultura stessa. Chissà se aveva letto una dichiarazione di Gasparri di qualche anno fa, riportata da Marco Tarchi:Noi di destra, rispetto alla sinistra, abbiamo meno professori. E dunque meno scemi in giro”.

La destra attuale di governo intende riscrivere la storia nazionale. Beh dovrebbe sapere che nel celebre slogan “libro e moschetto, fascista perfetto”, motto dell’Opera Nazionale Balilla (1926), era assai più il moschetto a prevalere entro l’immaginario giovanile e ad affascinare i piccoli balilla, peraltro inquadrati militarmente in reparti disciplinati, con divisa e fez. Il motto successivo era “Mussolini ha sempre ragione”, mentre il giuramento militare escludeva qualsiasi attitudine al dubbio e al più elementare senso critico che pure dovrebbero caratterizzare la cultura, in qualsiasi accezione si consideri.

Ora, la diffidenza verso la cultura ha radici antiche, e in qualche caso perfino nobili: anche Leopardi anteponeva Achille, puro eroe della natura e del corpo, agli eroi successivi (tra cui lo stesso “pio Enea” e Goffredo di Buglione di Tasso), in quanto spiritualizzati e rammolliti dalla cultura, da un eccesso di interiorità, dalla fredda ragione. Però Leopardi era anche illuminista, e nonostante tutto riteneva che se la civiltà ha colpevolmente distrutto tutte le illusioni e le passioni vitali, soltanto una civiltà più avanzata potrà generare i necessari contravveleni. Torniamo a Vance.

La sua invettiva contro i professori sembrerebbe il distillato del più genuino populismo – elogio dell’uomo della strada contro le élites intellettuali -, sia a destra che a sinistra. Il saggio che ha saputo anticipare e in un certo senso teorizzare questo populismo è La ribellione delle élite di Christopher Lasch (caro tra l’altro a un giornalista di destra attento e colto come Francesco Borgonovo). Lasch vi parla di una ribellione delle nuove élite “di sinistra”, cosmopolite e multiculturalistiche, migratorie e slegate da ogni collettività – dalle quali dipende il dibattito politico – contro le masse. Anzi contro la middle America, considerata ottusa e reazionaria, retriva nei gusti culturali e repressiva nella morale sessuale. Il ragionamento di Lasch, autore del precedente La cultura del narcisismo e uno dei maggiori sociologi della contemporaneità (scomparso nel 1994), è straordinariamente lucido e fondato su una quantità di dati, osservazioni, pubblicazioni, etc. Tuttavia – e mi rivolgo ai suoi attuali estimatori – bisognerebbe seguirlo fino in fondo.

Non vi è pagina in cui non stenda un elogio della democrazia, per lui fondata essenzialmente sulla virtù civica, sul senso di responsabilità, su individui capaci di badare a se stessi (Jefferson), e ancora sullo scambio di idee e opinioni (lamenta che i bar e caffè, che educavano alla conversazione, siano sostituiti dagli anonimi shopping mall). Certo, si schiera con John Dewey contro il grande giornalista Walter Lippman, che voleva riservare le decisioni politiche agli esperti perché l’opinione pubblica sarebbe troppo emotiva e manipolabile, Ma Dewey voleva che ciascuno raggiungesse uno “sviluppo stabile ed equilibrato della mente e del carattere”. Lo stesso Lasch, rivalutando la teologia protestante, auspica continuamente una abitudine all’esame di coscienza, alla interrogazione su di sé, contro ogni forma di autoindulgenza e contro l’influenza pervasiva dei media.

Andatelo a dire a Elon Musk! E poi: lo stesso Vance, laureato nel suo Ohio in studi giuridici, poi frequentatore della prestigiosa Yale, top manager aziendale, autore di bestseller, etc. non somiglia per nulla all’uomo della strada. In fondo gli fa comodo che il popolo americano resti un po’ analfabeta, così da permettergli di esercitare il proprio potere irresponsabilmente. Una delle cause del successo di Trump è la caduta del sistema di istruzione pubblico negli Stati Uniti durante gli anni 70. La conseguenza è un “popolo” meno istruito, meno informato, meno consapevole, pronto ad accogliere acriticamente qualsiasi fake news e qualsiasi leggenda metropolitana, purché formulata in modo spettacolare.

Non si dice abbastanza spesso che il populismo, oggi politicamente trasversale, è il vero nemico del popolo. L’idea di democrazia, a partire da Kant, si regge sul presupposto di individui preparati e istruiti, dotati di intelligenza critica, capaci appunto di “razionalità”. E poi Lasch ci ricorda continuamente il suo ideale di società, il fatto che “il lusso è moralmente ripugnante”, che occorre creare una sfera di vita in cui il denaro abbia meno valore (proprio per impedire che chi ne ha di più si senta superiore). Soprattutto “l’idea romantica che le cose migliori della vita siano quelle che non costano niente”, contrariamente a quanto afferma cinicamente l’ideologia del mercato. Andatelo a dire a Trump!

Certo, l’illuminismo non gode di buona fortuna: la speranza in un sistema di valori capace di trascendere i particolarismi (di razza, classe, nazionalità) non è più in auge, e qualsiasi riferimento alla ragione appare come copertura di privilegi e interessi. Eppure quella virtù civica base della democrazia, auspicata da Lasch, ha bisogno di essere coltivata da studio (che non è solo strumento di carrierismo professionale), lettura, scambio continuo di idee, autoeducazione. Democrazia è cercare di innalzare il livello generale di competenza e impegno, e non un più ampio reclutamento delle élite. Significa che dobbiamo diventare tutti “professori”?

Certo che no. Piuttosto significa che ogni normale cittadino ha il compito di sviluppare la propria conoscenza, non per fare carriera ma per rafforzare la propria cultura civica e la propria capacità di autogoverno. E per non bersi tutte le clamorose bufale di Trump, dalle elezioni truccate ai vaccini e al presunto aumento di omicidi, etc. (secondo PolitiFact, testata americana di fact-checking, un terzo delle 400 affermazioni di Trump sono false). Lasch contro la meritocrazia (che fa leva sul bisogno di avanzamento e di successo dei singoli) invoca la diffusione generale degli strumenti della dignità e della cultura. Che poi equivale alla promessa contenuta nel deprecato illuminismo.

23 Febbraio 2025

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