Lo scandalo Paragon si allarga

Il silenzio del governo sullo scandalo Paragon: tutti smentiscono ma qualcuno mente…

I casi sono due. O il governo non era a conoscenza di questa mascalzonata oppure sapeva, e taceva, e allora può solo offrire le dimissioni di qualche suo rappresentante e chiedere scusa al Paese.

Politica - di Piero Sansonetti

20 Febbraio 2025 alle 15:30

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Foto Roberto Monaldo / LaPresse
Foto Roberto Monaldo / LaPresse

Il sottosegretario Alfredo Mantovano, che è il responsabile dei servizi segreti italiani, 24 ore fa ci aveva fatto sapere che il governo non avrebbe detto più una parola sullo scandalo Paragon, cioè sul software che spiava illegalmente molte persone, soprattutto giornalisti e attivisti delle Ong, e che era finanziato dal governo stesso.

Ieri il ministro Nordio si è presentato in Parlamento e ha smentito in modo aperto e clamoroso – forse intenzionale – il governo (e anche il presidente della Camera che si era fatto portavoce dell’indicazione di Mantovano), parlando proprio dello scandalo Paragon davanti al Parlamento. E giurando in modo solenne che né la magistratura né la polizia penitenziaria hanno mai utilizzato Paragon per spiare. E in questo modo ha rotto la catena dell’omertà. Fino a un certo punto però. Perché nessuno, neanche Nordio, ci vuole dire chi spiava: i carabinieri hanno smentito, la polizia ha smentito, i servizi segreti hanno smentito, ora anche il ministero della Giustizia ha smentito. Quindi? Quindi qualcuno mente. Il governo sa chi mente o comunque è in grado di saperlo. Deve dirlo al Parlamento. Anche perché se non lo dice alimenta il sospetto che il governo sapesse dell’attività di spionaggio. Sapeva anche che tra gli spiati, seppure in forma indiretta, c’erano le alte gerarchie ecclesiastiche, cardinali e vescovi?

Luca Casarini, che è una delle persone più impegnate nell’opera delle Ong che salvano vite nel Mediterraneo – ostacolate dal governo e appoggiate dal Vaticano – è spiato da più di un anno. E in questo anno ha incontrato e ha avuto contatti telefonici con decine di Vescovi e di Cardinali. Ha anche incontrato il papa e partecipato al Sinodo che è durato diverse settimane. Però in queste occasioni, lui stesso ci assicura, non aveva con se il telefono. Ora si capisce bene che di fronte a uno scandalo così grande è difficile trincerarsi dietro un silenzio che offende il buon senso. I casi sono due. O il governo non era a conoscenza di questa mascalzonata – ma allora deve scoprire i responsabili e denunciarli – oppure sapeva, e taceva, e allora può solo offrire le dimissioni di qualche suo rappresentante e chiedere scusa al Paese. Non solo al Paese. Anche alla Chiesa e alle gerarchie vaticane. Dopo l’orrendo pasticcio del caso Almasri non sarebbe tollerabile un’altra penosa sceneggiata del silenzio.

20 Febbraio 2025

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