La spy story
Paragon, lo scandalo si allarga: la società “straccia” i contratti con l’Italia dopo la bufera sullo spionaggio

C’è tanto ancora da chiarire sullo scandalo Paragon Solution, la società israeliana il cui software spyware, Graphite, è stato utilizzato per spiare 90 giornalisti e attivisti in tutto il mondo andando in particolare a fare breccia su WhatsApp, come confermato dalla stessa Meta, la holding di Mark Zuckerberg che possiede il sistema di messaggistica.
Solamente in Italia sono sette le persone spiate, due hanno pubblicamente rivelato di essere vittime di hacking: si tratta di Francesco Cancellato, direttore del giornale online Fanpage, e del capomissione e fondatore della Ong Mediterranea Saving Humans Luca Casarini.
Entrambi, assieme anche ad alcuni esponenti delle opposizioni che hanno presentato interrogazione parlamentari, hanno chiesto lumi al governo italiano su un eventuale coinvolgimento dei nostri servizi segreti.
Mercoledì il governo Meloni aveva smentito un suo coinvolgimento o degli apparati di intelligence: “Palazzo Chigi esclude che siano stati sottoposti a controllo da parte dell’intelligence, e quindi del Governo, i soggetti tutelati dalla legge 3 agosto 2007, n. 124 (Sistema di informazione per la sicurezza della Repubblica e nuova disciplina del segreto), compresi i giornalisti”.
Eppure qualcosa non torna. Come rivelato oggi dal quotidiano britannico Guardian, la società israeliana Paragon Solution (fondata dall’ex premier Ehud Barak e recentemente venduta a una società di private equity statunitense, AE Industrial Partners) ha interrotto i suoi rapporti con l’Italia, scelta che arriva meno di una settimana dopo che WhatsApp ha annunciato che lo spyware di Paragon è stato utilizzato per prendere di mira anche persone anche nel nostro Paese.
La fonte del Guardian in particolare ha spiegato che Paragon aveva inizialmente sospeso il contratto con l’Italia “per estrema cautela” venerdì scorso, cioè quando è emersa la prima accusa di potenziale abuso dello spyware. La decisione di rescinderlo è stata presa ieri, mercoledì 5 febbraio, dopo che la società israeliana ha stabilito che l’Italia ha violato i termini di servizio e il quadro etico concordato nell’ambito del suo contratto.
Un altro quotidiano, l’israeliano Haaretz, aggiunge poi che il produttore dello spyware Graphite, la società Paragon, “lavora esclusivamente con entità statali, tra cui l’establishment della sicurezza israeliano e l’Fbi e altri negli Stati Uniti, fornendo loro capacità di hacking sotto forma di spyware chiamato Graphite
Paragon, rivela l’articolo di Haaretz, “ha anche un certo numero di clienti in Europa, in particolare nell’Ue, tra cui l’Italia, dove lavora con due diversi enti, un’agenzia di polizia e un’organizzazione di intelligence“. È la prima volta, sostiene Haaretz, che l’azienda viene associata a casi in cui “la tecnologia potrebbe essere stata utilizzata impropriamente”.
Dunque resta il mistero, visto che le comunicazioni arrivate da Palazzo Chigi sono di segno opposto a quelle che emergono dai media internazionali: chi spiava e per conto di chi?
Il caso Paragon inoltre potrebbe finire anche sul tavolo della Commissione europea. L’eurodeputato Pd Sandro Ruotolo dopo le rivelazioni del Guardian ha depositato un’interrogazione alla Commissione sulla vicenda, sottolineando come quanto riferito dal quotidiano britannico “smentisce il Governo italiano sull’uso del software di spionaggio a danno di giornalisti e attivisti italiani e sostiene che l’esecutivo italiano avrebbe utilizzato lo spyware violando il contratto con l’azienda israeliana, mentendo su chi fossero i soggetti spiati”.