Il caso

Così ho scoperto che Paragon mi spiava: messo sotto controllo dai servizi segreti, i miei dati in mano agli israeliani

È stato Meta ad avvisarmi: “C’è un trojan nel tuo dispositivo”. Sono stato poi informato che il software israeliano ha messo controllo 90 persone: tutti attivisti dei diritti umani e giornalisti

Editoriali - di Luca Casarini

6 Febbraio 2025 alle 14:00

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AP Photo/Domenico Stinellis
AP Photo/Domenico Stinellis

E chi mi doveva dire che sarebbe stato Zuckerberg ad avvisarmi che i servizi segreti mi stavano spiando? Potremmo chiamarlo il “paradosso Matrix”. Venerdì scorso ero in treno, in viaggio da Roma a Bologna. Mi arriva un messaggio su Whatsapp:Ciao Luca. Informazioni importanti sulla sicurezza. Questa è una comunicazione di sistema”. Penso subito a quelle truffe del tipo “papà ho perso il telefono, mi mandi i soldi?”. Scrollo, e mano mano capisco che non è uno scherzo.

Meta, la multinazionale che gestisce i vari social e whatsapp, mi informa che il mio telefono ha subito un “attacco” da uno spyware molto sofisticato, che ha avuto accesso ad ogni contenuto presente all’interno della memoria, “mettendo a rischio la mia privacy”. Meta mi consiglia di cambiare telefono, perché lo spyware è così potente da non poter essere rimosso. Ma poi mi dice che se sono “un giornalista, o un attivista della società civile”, potrei trovare interessante rivolgermi a CitizenLab, per saperne di più, e mi mette un link per contattarli. Alle 18 sono in una casa e mi connetto in videocall con questo centro di ricerca basato all’Università di Toronto.

Efficientissimi, mi spiegano che l’attacco informatico “è di alto livello”, che il tipo di software utilizzato è dei più sofisticati al mondo, ed è in uso solo ad agenzie governative. Si chiama “Paragon”, prodotto dalla Paragon Solution israeliana, e come dichiara la società stessa “fornito all’amministrazione Usa e ai suoi governi alleati”. I “target” di questa operazione mi spiegano, sono 90, sparsi in diversi paesi, e sono “giornalisti e attivisti sociali”. CitizenLab offre il suo supporto alle vittime di questa storia, ma per il telefono non c’è niente da fare: bisogna proprio buttarlo. Me l’ha ammazzato Paragon, ed era quasi nuovo (mannaggia). Ora lo stanno dissezionando, per trovare tutte le tracce dell’incursione spiona. Ovviamente a me risulta chiarissimo il motivo di tanto costoso e morboso attenzionamento: chi si impegna nel soccorso civile in mare, e nella costruzione di reti di aiuto alle persone migranti, incarcerate nei lager libici o deportate nel deserto dalle autorità tunisine, è spesso trattato come un criminale, un “favoreggiatore dell’immigrazione clandestina”.

Ma se tutta la narrazione sulla “lotta agli scafisti su tutto il globo terraqueo” si è sciolta nella pozzanghera putrida della gestione del caso Almasri, anche questa della cyberwar contro soccorritori e giornalisti d’inchiesta sgraditi al governo, promette bene. In fondo siamo tutti spiati, ripresi, fotografati, registrati. Non servono i servizi segreti, bastano le protesi ipertecnologiche delle quali sembra che non possiamo più fare a meno. Siamo, come in Matrix, sempre connessi alla “macchina”, che ci inietta realtà virtuali funzionali al potere, dai magici effetti onirici sulle menti e dagli effetti anestetici sui corpi.

Ma tutto questo strapotere sulle moltitudini che abitano questa parte di mondo, poi rivela come in questo caso, i suoi lati deboli: Matrix è anche la multinazionale della comunicazione, in competizione di “affidabilità per il cliente” con tante altre sul mercato, che ti manda l’alert per avvisarti che sei spiato dai servizi. Che ti consiglia anche di rivolgerti a chi, nel mondo degli spiati, si sta organizzando non solo per scoprire quando ti spiano, ma anche per trovare soluzioni tecnologiche che possano impedirlo. E quindi, io che non conoscevo CitizenLab di Toronto, mi sono fatto dei nuovi amici, alleati nella lotta contro le macchine.

Ma in fondo, cosa possono essere se non macchine, senz’anima né vergogna, coloro che con la scusa della “ragion di Stato”, fanno morire degli innocenti nel mar mediterraneo, o li condannano ad un inferno come quello che hanno ideato e costruito in Libia? Chi, se non ciniche macchine, si presenta davanti al paese per rispondere della incresciosa vicenda di un torturatore fatto fuggire e addirittura accompagnato al suo posto di lavoro in pompa magna, e in mezzo ad una montagna di ridicole bugie, non trova nemmeno il coraggio di dire che quei torturati, quelle ragazze stuprate, quei cadaveri pronti per le fosse comuni, sono inaccettabili, chiunque ne sia il responsabile e qualunque sia la ragione di stato o non di stato?

Siamo dentro Matrix certo, e siamo un’anomalia. Quella della pillola rossa, e dunque tanti agenti Smith ci spiano, ci pedinano, orchestrano provocazioni per fermarci. Ma non ce la fanno, questo è il punto fondamentale. La loro costruzione del Male, ha difronte una “cospirazione del bene” che li preoccupa, che piano piano si allarga. Ragionevolmente, ma davvero spiare a questo livello, dei giornalisti e degli attivisti che praticano la solidarietà, è questione di “sicurezza nazionale”? Ma chi ci crede? Forse, nel nostro caso, siamo anche in presenza di una Matrix, ma all’italiana. Una “Amatrixiana”. Ci scommetterei che quelli che si sono fatti beccare nell’operazione Paragon, sono i nostri.

6 Febbraio 2025

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