Parla il senatore dem

“Meloni grida al complotto, ma su Almasri dal governo bugie ed omissioni per proteggere un criminale”, parla Misiani

"Non c’è nessun complotto, invece di alzare la voce la premier dovrebbe spiegare perché ha imbarcato su un volo di Stato il torturatore libico Almasri. Frattanto l’Italia a crescita zero affonda”

Interviste - di Umberto De Giovannangeli

1 Febbraio 2025 alle 09:00 - Ultimo agg. 1 Febbraio 2025 alle 13:44

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Photo credits: Andrea Di Biagio/Imagoeconomica
Photo credits: Andrea Di Biagio/Imagoeconomica

Antonio Misiani, senatore, responsabile Economia e Finanze, Imprese e Infrastrutture del Partito Democratico nella segreteria nazionale di Elly Schlein: caso Almasri. La presidente del Consiglio attacca la magistratura mentre le opposizioni insorgono e chiedono che Meloni riferisca in Parlamento. Cosa racconta questa storia?
Racconta una storia di bugie e di omissioni che in altri Paesi avrebbe portato i responsabili a nascondersi dalla vergogna. Prendiamo il video della Meloni. È una sequenza impressionante di menzogne. Non è vero, come ci ha raccontato, che lei e gli esponenti del suo governo hanno ricevuto un avviso di garanzia. Non è vero che quanto fatto dai magistrati sia dipeso esclusivamente da una loro scelta. Non è vero che l’avvocato Luigi Li Gotti, colui che ha presentato la denuncia, sia un ex politico di sinistra molto vicino a Romano Prodi. Non c’è alcun complotto ai danni della Meloni: in passato, sono stati indagati sette degli ultimi dodici premier. La giustizia farà il suo corso e tutti gli indagati potranno avvalersi delle garanzie previste dalla legge. Detto questo, rimane un nodo di fondo tutto politico su cui finora né la premier né i suoi ministri hanno risposto: perché il governo ha permesso che un criminale di guerra come Almasri venisse rilasciato per poi andarsene indisturbato dall’Italia? Per di più imbarcato su un volo di Stato, autorizzato da Palazzo Chigi, a spese dei contribuenti italiani? Ecco, noi crediamo che i cittadini abbiamo il sacrosanto diritto di avere risposte su tutto questo.

Sul piano delle politiche economiche e sociali, che destra è quella che governa l’Italia?
È una destra molto conservatrice, che sta proteggendo un sistema economico e sociale spesso arretrato, pieno di ingiustizie e tendenzialmente declinante. Gli ultimi dati Istat ci dicono che negli ultimi sei mesi del 2024 il Pil è rimasto fermo, a crescita zero. La produzione industriale è in calo da ventidue mesi consecutivi. La povertà assoluta è al massimo storico. Cresce l’occupazione, ma spesso si tratta di lavoro povero e a tempo parziale. Il governo avrebbe dovuto mettere in campo una strategia d’urto, per affrontare i problemi strutturali del Paese. Abbiamo avuto invece un piano pluriennale e una legge di bilancio all’insegna del tirare a campare. Meloni e Giorgetti non stanno scassando i conti, i parametri europei formalmente sono rispettati, con l’apprezzamento dei mercati. Ma per il resto, il governo galleggia vivendo di rendita sul Pnrr. Il Piano però termina nel 2026 e nessuno ha capito cosa si farà dopo. Quali investimenti? Quali riforme? I numeri stessi del governo ci dicono che nei prossimi anni perderemo terreno rispetto al resto d’Europa. Ma senza crescita, non andiamo da nessuna parte. Se poi apriamo il capitolo disuguaglianze, peggio mi sento. I fondi per la sanità pubblica sono al minimo degli ultimi quindici anni. Le politiche contro la povertà sono state gravemente indebolite. Le politiche per la casa sono scomparse dai radar. Il sistema fiscale è stato reso ancor più ingiusto, favorendo rendite e evasione. Per il momento, le famiglie italiane reggono. Ma fino a quando?

E su quello dei diritti civili e la sicurezza?
In quasi due anni e mezzo di governo, la destra a colpi di decreti legge ha introdotto 48 nuovi reati e ha inasprito le pene di quelli esistenti per un totale di 417 anni di carcere in più. Questa escalation panpenalista ha preso di mira i rave, i cittadini stranieri, chi protesta, gli studenti, i detenuti, le famiglie arcobaleno. Il decreto sicurezza è l’apoteosi di questa ossessione securitaria. Il paradosso è che nel frattempo la criminalità in Italia è aumentata. Nel 2023 sono cresciuti gli omicidi, le rapine, le percosse, le truffe informatiche. Ma alla destra, evidentemente, importa poco. L’importante è soffiare sulle paure dei cittadini, per poi rispondere accentuando la repressione e restringendo sempre più una serie di spazi di libertà. È una deriva molto pericolosa, di fronte alla quale l’opposizione deve saper rispondere su più livelli. Serve grande fermezza nel contrastare le spinte autoritarie e forcaiole, sicuramente. Ma è anche necessario farsi carico della domanda di sicurezza dei cittadini e mettere in campo una strategia efficace per contrastare la criminalità.

A suo avviso, quale dovrebbe essere il core business politico di una sinistra che non rinnega se stessa?
Nel secondo dopoguerra la sinistra politica e sociale è stata protagonista della costruzione di un compromesso tra capitalismo e democrazia che ha garantito decenni di crescita economica, coesione sociale e libertà. Dopo la caduta del muro di Berlino, la sinistra è rimasta spesso sulla difensiva, sottovalutando le conseguenze sociali di una globalizzazione sregolata e smarrendo la propria funzione e radicamento. Oggi in tutto l’Occidente i progressisti prendono i voti soprattutto nel ceto medio, tra chi ha un elevato livello di studio e nelle aree urbane. Il resto, che è tantissimo, è appannaggio della destra. Ora si è aperta una fase inedita, la sfida globale delle destre nazionaliste mette in discussione tutto il vecchio ordine. Il core business della sinistra del XXI secolo è riformare il capitalismo per ridurre le disuguaglianze, affrontare la crisi climatica e difendere le democrazie liberali. Che possono sopravvivere solo se garantiscono alle persone di vivere dignitosamente e arrivare a fine mese. Vaste programme, direbbe il generale De Gaulle. Ma non abbiamo alternative. Rimanere fermi, limitandosi a gridare contro Trump e ai suoi imitatori, vuol dire condannarsi all’irrilevanza.

La presidente del Consiglio si fa vanto dell’essere stata l’unica leader europea presente all’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca.
L’immagine di Giorgia Meloni relegata in quinta fila ad omaggiare Donald Trump non mi ha fatto piacere, come italiano. È una pia illusione pensare che basti essere amica di Elon Musk per poter salvare l’Italia dalle conseguenze dirompenti delle politiche trumpiane. La verità è che noi siamo tra quelli che hanno più da perdere. Abbiamo un surplus commerciale enorme, con gli Stati Uniti: oltre quaranta miliardi di euro. E spendiamo per la difesa molto poco, un punto e mezzo di Pil. Nel mondo di Trump contano i rapporti di forza. Meglio negoziare con una voce europea unica. Andare in ordine sparso temo sia una strategia perdente.

Trump 2.0. C’è da aver paura?
Beh, le prime decisioni del nuovo Presidente sono davvero impressionanti, dall’uscita dagli accordi di Parigi sul clima al ripristino della pena di morte federale, dagli immigrati imbarcati in catene sugli aerei fino al blocco degli aiuti umanitari internazionali. È un inizio brutale. Shock and awe, direbbero i militari: colpire e terrorizzare. Detto questo, di fronte a sfide di questa portata non bastano i girotondi e le proteste. La destra nazionalista si è profondamente radicata nei ceti popolari, ne interpreta efficacemente le paure, lo smarrimento. Offre al mercato politico risposte semplici a problemi complessi. Il riflesso condizionato della sinistra è la paura e l’indignazione. Forse servirebbe l’umiltà di capire cosa è accaduto. E attrezzarsi di conseguenza.

Gli analisti politici, habitué del Transatlantico, raccontano di un centrosinistra in perenne difensiva e di un Pd moltiplicatore di correnti interne.
Dopo la liberazione di Cecilia Sala, la Meloni stava vivendo il suo “momento Onna”, un apogeo paragonabile a quello di Berlusconi nel 2009. Il bello della politica italiana è però che non ci si annoia mai e i fronti si capovolgono molto rapidamente. Prima o poi il logoramento si farà sentire. Il problema del centrosinistra è farsi trovare pronto, perché senza una alternativa di governo credibile la destra può andare avanti comunque. Il Pd ha recuperato parecchio, rispetto alle elezioni politiche 2022. Grazie a Elly Schlein e alla scossa che ha impresso al partito, abbiamo ripreso voti e credibilità. Ora dobbiamo impiegare il 2025 per il cambio di passo che serve. Siamo tutti consapevoli che la stagione dell’Ulivo non tornerà, i tempi e le condizioni politiche sono radicalmente diverse. Ma non possiamo accontentarci di marciare divisi per colpire uniti nei collegi. Nei territori, dove le forze di opposizione si sono presentate insieme hanno vinto quasi dappertutto. Costruire l’unità nella diversità è il grande tema politico che dobbiamo urgentemente mettere a terra.

1 Febbraio 2025

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