Il brusco stop della Presidente
Perché i socialisti hanno stoppato la nomina di Fitto, il veto sul ministro: “FdI non è in maggioranza”
Il Pse pone il veto sulla vicepresidenza all’uomo di Meloni, idem verdi e i liberali: “FdI non è in maggioranza”. Cauto il Pd: “Valuteremo”
Politica - di David Romoli
Per Ursula le cose si complicano, tanto da costringerla a rinviare sino al 17 settembre la presentazione della sua nuova Commissione, e a complicarle è la maggioranza che porta il suo nome: tutta con la sola eccezione del Ppe, che certo è il partito più forte ma da solo non basta a garantire il voto a favore dei commissari. Per primi sono stati i liberali, poi i verdi, ieri e in grande stile, con un lungo comunicato, i socialisti. Non fanno nomi ma nel mirino c’è Raffaele Fitto e in particolare la sua nomina a vicepresidente esecutivo.
Il rifiuto a Fitto è il rifiuto a Fratelli d’Italia
Non è solo il commissario italiano il problema per i socialisti. Forse non è neppure il principale. Ma neppure secondario perché la sua vicepresidenza segnerebbe di fatto l’allargamento della maggioranza a un partito, FdI, che i tre alleati del Ppe vogliono, essenzialmente per questioni di politica interna in vari Paesi, tenere sul confine del cordone sanitario. Non proprio appestati come i Patrioti di Orban e Le Pen o, peggio, come l’AfD tedesca. Ma neppure un partito sdoganato e pienamente legittimato. Nel loro comunicato i socialisti dicono di aspettarsi, tra le altre cose, “un’equa distribuzione delle vicepresidenze esecutive che rifletta la maggioranza nel Parlamento europeo”.
È un veto chiaro, accompagnato dalla minaccia esplicita di non votare i commissari scelti dalla presidente. All’origine dell’ira del gruppo socialista S&D c’è soprattutto la bocciatura del loro Spitzenkandidat, il lussemburghese Nicholas Schmit. Per lui era stata richiesta la conferma delle deleghe al Lavoro e alle Politiche sociali, che invece andata alla rumena Roxana Mintzau, socialista anche lei. Il governo di centrodestra lussemburghese ha indicato al posto di Schmit Christoph Hansen. I socialisti insistono soprattutto sul rientro in squadra di Schmit ma martellano anche sull’idea di “portare proattivamente l’Ecr nel cuore della Commissione”. Non si può escludere a priori che il veto contro la vicepresidenza Fitto sia una merce di scambio adoperata per imporre la delega al lussemburghese affondato dalla vicepresidente ma è quanto meno improbabile. La manovra dei Popolari è stata in effetti sfrontata: prima hanno accettato di mettere all’angolo i Conservatori, in modo molto plateale e persino umiliante per la loro leader Giorgia Meloni.
Poi, una volta incassata l’elezione della loro candidata alla presidenza, si sono voltati verso destra, riaprendo, anzi spalancando con la visita di Weber a Roma, le porte per i Conservatori. Però non si è trattato solo di una classica manovra di potere spregiudicata, anche se effettivamente l’apertura a destra era sin dall’inizio il progetto del Ppe, del suo presidente Weber e di von der Leyen. La situazione è molto più sfumata perché l’esigenza di dare spazio a una destra europeista invece di spingerla tra le braccia dei duri di Orban è sensata e la porta sbarrata degli altri tre partiti della maggioranza non è dovuta ad alte considerazioni etiche ma alla paura di avvantaggiare la destra in Francia e Germania accettando la legittimazione di una premier che, pur se non antieuropeista, è parte integrante della destra europea.
La nomina di Fitto e i dubbi del Partito Democratico
Lo scontro interno alla maggioranza di Ursula von der Leyen, perché di questo si tratta, mette nei guai Fitto, che rischia di perdere la vicepresidenza, ma anche Elly Schlein. La segretaria del Pd, senza sbilanciarsi del tutto, aveva aperto alla possibilità di votare a favore di Fitto. La minoranza del partito va anche oltre e si schiera senza esitazioni per quel voto. La sollevazione del gruppo Socialisti e Democratici pone la sua componente italiana di fronte a un dilemma: schierarsi contro il resto dei Socialisti europei o bocciare l’assegnazione all’Italia di una postazione non solo prestigiosa ma potenzialmente anche preziosa nel difficile frangente in cui si trova il Paese. Per ora il Pd evita di scoprirsi troppo. Ricorda che “non è stata la delegazione italiana a porre il problema Fitto nel gruppo SeD”. Promette che Fitto “sarà valutato senza pregiudizi ma è necessario che dia segnali ampiamente europeisti nella sua presentazione”.
“Oggi abbiamo fatto la prima riunione di delegazione dopo il rientro. Innanzitutto – spiega il capodelegazione del Pd, Nicola Zingaretti, in un punto stampa al Parlamento europeo a Bruxelles – noi ci siamo sempre augurati, e continuiamo a farlo anche dopo le scelte del Governo italiano, che l’Italia abbia il giusto peso che merita e che spetta a un grande paese fondatore. Sul tema della rappresentanza del nostro paese non solo non abbiamo cambiato idea, ma non la cambiamo, anzi”. Quanto alle critiche del Pse, “questo svolge il ruolo che deve svolgere un grande gruppo della sinistra europea all’interno delle dinamiche parlamentari. Chiede coerenza con un programma politico votato non dieci anni fa, ma 90 giorni fa, nelle aule del Parlamento, e la presidente von der Leyen ha presentato con dei pilastri molto chiari”, ha aggiunto commentando l’avvertimento del Pse a von der Leyen, con la critica di “portare proattivamente l’Ecr nel cuore della Commissione”.
“Quindi è un tema di richiamo del Pse che riguarda tutto l’equilibrio che si ritroverà. Per quanto ci riguarda io non posso che ribadire che giudicheremo il commissario Fitto senza nessun pregiudizio da parte della delegazione italiana”, ha sottolineato. “Facciamo appello – questo sì – a Fitto a venire nel corso delle audizioni a presentare i suoi programmi e i suoi intenti nello spirito del voto di luglio e cioè di un passo in avanti e non indietro dell’Europa, che mette al bando l’euroscetticismo. E confidiamo che questo avverrà, conoscendo il commissario Fitto”. Un modo per tenersi aperte tutte le porte. Ma di certo Schlein è consapevole di quanto pesante sarebbe il danno d’immagine se il Pd votasse contro un incarico di peso per un suo commissario. E di quale arma potente consegnerebbe così facendo all’opposizione.