L'Ue irritata con l'italia
Meloni e von der Leyen, tra le due ex amiche è gelo “Fitto”: per il Pnrr in pole c’è Mantovano
L’attuale ministro per gli Affari europei è in pole ma gli equilibri di genere mettono a rischio la probabile nomina
Politica - di David Romoli
L’Italia è uno dei cinque Paesi sui 27 dell’Unione che non ha ancora indicato ufficialmente il suo commissario europeo, l’unico tra quelli più importanti. Il ritardo è a prima vista poco comprensibile dal momento che da mesi è noto che si tratterà del ministro responsabile dell’attuazione del Pnrr, Raffaele Fitto. Le voci di corridoio di palazzo Berlaymont, sede della Commissione europea a Bruxelles, vogliono la presidente von der Leyen piuttosto irritata per il ritardo e convinta che faccia parte di una manovra per forzarla ad assegnare all’italiano un posto di massimo rilievo.
In realtà l’irritazione, se reale, sarebbe poco fondata. Indicare il commissario senza previa riunione del consiglio dei ministri sarebbe uno sgarbo grave, dunque per il nome bisogna per forza aspettare la riunione del cdm di oggi o domani. Certo, si poteva procedere prima della pausa estiva ma è probabile che il governo volesse aspettare maggiori certezze sul portafogli che sarà assegnato al commissario italiano, non tanto per “esercitare pressioni” ma perché rimuovere dalla gestione del Pnrr Fitto per un ruolo non adeguato sarebbe assurdo e comunque lo stesso Fitto probabilmente non lo accetterebbe. Pur senza assoluta certezza quel ruolo sembrerebbe essere stato definito, quella di commissario alla Coesione e Bilancio sarebbe senza dubbio una postazione di importanza rilevante, tale da giustificare lo spostamento di Fitto, uno dei pochi ministri quasi insostituibili nella squadra di governo, ma anche da permettere alla premier di rivendicare un successo nella partita europea, che dalle elezioni del 9 giugno la ha vista sempre sconfitta e spesso anche umiliata. Resta invece in sospeso la richiesta italiana di assegnare a Fitto anche l’incarico di vicepresidente esecutivo, poltrona che ha più pretendenti di Penelope e sulla quale la Francia non sembra disposta ad arretrare di un millimetro.
Se von der Leyen ha un fondato motivo di irritazione è che l’Italia, in questo comportandosi in modo non dissimile dagli altri Paesi, sembra decisa a glissare sulla richiesta della presidente stessa, che voleva due nomi, un uomo e una donna, in modo da poter giostrare con la distribuzione degli incarichi e arrivare a una composizione equilibrata per genere della prossima Commissione, così come lo era la precedente. Da questo punto di vista la presidente è lontanissima dal suo obiettivo. Solo cinque Paesi hanno indicato donne, ai quali vanno aggiunte la stessa von der Leyen e l’Alta responsabile per la politica estera Kaja Kallas, premier estone. Per avvicinarsi alla parità di genere sarebbe dunque necessario che tutti i cinque Paesi che ancora devono indicare il commissario scegliessero una donna o almeno fornissero la doppia indicazione. Un tempo il problema sarebbe stato solo formale ma oggi per il Parlamento europeo la questione è invece centralissima. Dunque Strasburgo potrebbe decidere di riequilibrare il quadro con una quantità di presidenze femminili ma potrebbe anche optare invece per un intervento rigido, cioè per la bocciatura di numerosi candidati maschi.
Fitto potrebbe in questo caso andarci di mezzo, pur essendo per altri versi un nome gradito sia alla presidente che al Ppe maggioritario. Pur avendo oggi in tasca la tessera FdI viene infatti da Forza Italia e prima ancora dalla Dc. Insomma tra i popolari è di casa ed è comunque apprezzato per la sua gestione del Pnrr, che pure dei problemi li crea per l’eccessiva lentezza con la quale procede. Se il commissario sarà Fitto, di conseguenza, Roma si troverà di fronte a un bivio: spezzettare la gestione del Piano, con grade soddisfazione dei partiti alleati di FdI nelle cui mani finirebbe una parte del Piano ma con probabili effetti negativi su una tabella di marcia che già segna il passo, oppure individuare un nuovo responsabile unico.
In pole position sarebbe il sottosegretario Alfredo Mantovano, la cui silenziosa efficienza è certa e provata ma che ha già un potere enorme e ramificato, dai servizi segreti ai rapporti col Vaticano, e che diventerebbe ancor più di quanto già non sia il vero centro del potere a Roma. In ogni caso, dal finale di partita europea, perché questo sarà la definizione della Commissione, si otterrà una indicazione chiara di quali saranno in futuro i rapporti tra la Commissione stessa e l’Italia che non ha votato a favore della ri-presidenza von der Leyen: se si avvierà un riavvicinamento tra le due leader sino a tre mesi fa alleate, Meloni e von der Leyen, o se il gelo attuale si prolungherà sino a creare una situazione di conflittualità più o meno latente molto pericolosa per l’Italia.