Il vertice
Se i dittatori parlano di crimini di guerra
Il summit che ha visto protagonista la Lega Araba ha messo insieme i più autoritari e sanguinari regimi islamisti. L'incontro è stato caratterizzato dalla sola propaganda, una passerella terminata con un nulla di fatto per il popolo palestinese. La verità e che generali, sceicchi e ayatollah non possono fare a meno di stringere accordi con l'Occidente
Editoriali - di Andrea Aversa
Circa dieci giorni fa a Riyad, capitale dell’Arabia Saudita, è andato in scena il festival dell’ipocrisia. La Lega Araba e l’Organizzazione per la cooperazione islamica (Oic) si sono ritrovate per discutere del conflitto in corso tra Israele e Hamas. Il summit ha unito i capi di stato delle nazioni arabe e di quelle musulmane. Allo stesso tavolo erano in pratica seduti, ayatollah, generali, sceicchi e sultani. Un bel nutrito gruppo di dittatori tutti riuniti in un solo luogo. L’incontro ha prodotto solo propaganda e una frase. Iniziamo dalla seconda, pronunciata dal presidente iraniano Ebrahim Raisi: “Baciamo le mani ad Hamas“. La prima è stata condita dalla solita retorica anti israeliana che ha generato un disgustoso paradosso: leader autoritari e sanguinari che hanno parlato di crimini di guerra.
Il vertice della Lega Araba e dell’Oic
Così, abbiamo dovuto sopportare Bashar al-Assad – riabilitato dai suoi colleghi – che ha parlato dei diritti del popolo palestinese. Proprio lui che ha contribuito insieme a Vladimir Putin e ad Ali Khamenei allo sterminio del popolo siriano. Le vite di uomini, donne e bambini di cui la famiglia Assad è responsabile da decenni. Abbiamo dovuto ascoltare le invettive di Raisi, mentre i giovani iraniani – che stanno da mesi manifestando per essere più liberi – vengono picchiati, imprigionati, torturati e in alcuni casi condannati a morte. Abbiamo visto al-Sisi che sta continuando a reprimere il dissenso in Egitto e a manifestare il suo rifiuto nell’accogliere i civili palestinesi. C’era Abu Mazen, annichilito da Hamas, accecato dalla corruzione e da anni incapace di offrire soluzioni alla causa palestinese. C’era Erdogan, abile nel tenere un piede in occidente e uno in oriente (riuscendo a coltivare i propri affari con entrambe le sponde) ma silenzioso sugli eccidi perpetrati contro i curdi e gli armeni.
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Diritti umani e crimini di guerra: che ipocrisia
Ma il ‘re’, anzi il ‘Principe’ della passerella è stato il padrone di casa: Mohammad bin Salman. Il sovrano saudita sta cercando di lanciare molteplici messaggi. Messe in ombra le questioni più sporche (come si dice, nascondere la polvere sotto al tappeto), come ad esempio la mancanza di diritti nel proprio paese, il genocidio in Yemen e la brutale uccisione del dissidente Jamal Khashoggi, bin Salman sta continuando a mostrarsi come il principale ‘Boss’ del mondo arabo. In particolare di quello sunnita. La concorrenza è spietata: a contendergli scettro e corona ci sono Erdogan e il nemico di sempre, l’iraniano (sciita) Raisi. E la dimostrazione di quanto la questione palestinese, sia in realtà irrilevante per i partecipanti al vertice, è stata data dal suo ‘finale’: il summit non ha prodotto nulla di concreto, né per i palestinesi, né contro Israele.
Le fratture nel mondo arabo e i rapporti con l’Occidente
Così è emerso il vero obiettivo della monarchia saudita. Quello che da sempre bin Salman sta cercando di raggiungere: modernizzare l’Arabia, avvicinarla sempre di più all’occidente, renderla amica di Israele. La direzione è stata tracciata, è solo una questione di tempo. L’Iran è avvertito. Dall’incontro avvenuto a Riyad è emerso anche un altro elemento. Hamas è isolato, il suo interventismo ha rotto parecchie uova nel paniere. Non è certo un caso che l’unico sostenitore per la guerra in corso sia stato un paese sciita come quello della Repubblica Islamica. Gli alleati sunniti si sono defilati e non vedono l’ora che il ‘nemico-amico’ Israele porti a termine il lavoro sporco.