Le divisioni nella destra salveranno l’America
Musk lancia il suo partito, ora Trump rischia: America Party toglie voti ai Repubblicani
La domanda è: Musk può fare male a Trump? Credo che la risposta sia: sì. Può metterlo con le spalle al muro. O subito, o comunque dopo le elezioni di midterm che si terranno tra poco più di un anno
Esteri - di Piero Sansonetti
La discesa in campo, diretta, di Elon Musk nella politica americana non può essere liquidata come folklore. Sia per la quantità praticamente infinita delle risorse economiche alle quali Musk può attingere. Sia per la visibilità del personaggio, e per il fascino che esercita su quella parte della popolazione americana che non lo odia. La domanda è: Musk può fare male a Trump?
Credo che la risposta sia: sì. Può metterlo con le spalle al muro. O subito, o comunque dopo le elezioni di midterm che si terranno tra poco più di un anno. Musk, se non farà capriole o passi indietro e se spingerà e finanzierà il partito che ha fondato (“America Party”) ha la possibilità di impedire a Trump di avere la maggioranza parlamentare alla Camera e forse (ma è più difficile) anche al Senato. E se ci riesce ha anche la possibilità di mettere in discussione il sistema strettamente bipolare che da secoli governa l’America. Il conto è semplice. In questo momento Trump dispone di una discreta maggioranza al Senato (53 a 47) e di una molto esigua maggioranza alla Camera 220 a 213 (due seggi sono ancora da assegnare). La maggioranza al Senato però è molto incerta.
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Quando si è trattato di votare il “Big Beautiful Bill”, e cioè il taglio del welfare e della tasse ai ricchi, i repubblicani si sono trovati con soli 50 voti perché tre senatori conservatori hanno votato coi democratici, e la legge è passata solo perché ha votato a favore il presidente repubblicano del Senato (cioè il vicepresidente degli Stati Uniti), che non essendo eletto come senatore, per prassi si astiene. Alla Camera le defezioni repubblicane sono state solo due e la legge è passata per 218 voti a 215. Sempre sul filo. Se Musk fosse in grado di portare nel suo partito un pugno di parlamentari repubblicani potrebbe lasciare da subito Trump senza maggioranza. Oppure potrebbe presentare suoi candidati alle elezioni di Mid Term, nel novembre del 2026, probabilmente eleggendone qualcuno, e certamente sottraendo voti ai repubblicani nei collegi nei quali la vittoria è in bilico.
Ci sono dei precedenti. In particolare quello del miliardario Ross Perot, che ebbe vita breve. Ma allora (1992 e 1996) i partiti tradizionali erano molto più forti. Avevano ideologie e apparati. Oggi i partiti sono quasi scomparsi, contano i leader, e non si tratta di sicuro di leader particolarmente forti e intellettualmente robusti. Trump in politica non è gran cosa. Vince perché è una star e ha molti soldi. Clinton e Bush e Dole, che se la videro con Perot alle elezioni presidenziali, avevano ben altra caratura. E comunque Perot, che era un politico centrista, sottrasse molti voti a tutti e due i partiti. Probabilmente più ai conservatori, aiutando Clinton.
Musk è una figura molto simile a Trump. E ha una quantità incredibile di soldi, molti più di Perot. E non è un centrista. È un politico, diciamo così, di estrema destra. Lui ha contestato il Big Beautiful Bill non perché tagliava le tasse ai ricchi, ma perché non prevedeva tagli più forti al bilancio. Su questo giornale, qualche mese fa, scherzando, lo definimmo la Decima Musk. Ed è proprio così. Solo che stavolta la brigata d’assalto dell’estrema destra potrebbe fare molto male alla destra, non ai democratici. E magari sarebbe un bene. Per l’America sicuramente. Direi anche per il mondo.