La dura requisitoria del Papa

Papa Leone ‘scomunica’ Trump e Netanyahu: “No alla legge del più forte”

“Come si può pensare che le azioni belliche portino la pace?”, tuona Prevost. Che torna a suscitare la stizza delle destre reazionarie raggianti dopo la fine dell’era Bergoglio

Cronaca - di Fabrizio Mastrofini

27 Giugno 2025 alle 15:00

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AP Photo/Andrew Medichini – Associated Press/LaPresse
AP Photo/Andrew Medichini – Associated Press/LaPresse

«Il cuore sanguina pensando all’Ucraina, alla situazione tragica e disumana di Gaza, e al Medio Oriente, devastato dal dilagare della guerra. Come si può credere, dopo secoli di storia, che le azioni belliche portino la pace e non si ritorcano contro chi le ha condotte? Come si può pensare di porre le basi del domani senza coesione, senza una visione d’insieme animata dal bene comune?». Alla Riunione delle Opere per l’Aiuto alle Chiese Orientali, papa Leone scaglia parole pesanti come pietre contro i signori della guerra che stanno sconvolgendo il mondo: Putin, Trump e Netanyahu. Dichiarazioni forti, ruvide, che non faranno certo piacere al mondo reazionario americano ecclesiastico e politico.

Già, ma dove si colloca papa Leone XIV? È progressista o conservatore? Segue la linea “eretica” di papa Francesco oppure vuole ripristinare i veri valori della tradizione cattolica? Dall’8 maggio, data dell’elezione, è tutto uno scrutare il papa e passare al microscopio atti e gesti simbolici. Ignorando i temi che sta affrontando, ovviamente. E allora cominciamo dai gesti: l’abbigliamento che ripristina la stola e la mozzetta sopra l’abito bianco, nei momenti ufficiali. Il mondo conservatore cattolico, attento ai gesti simbolici, plaude a questa attestazione che significa identità e sacralità sacerdotali. Così il papa sarebbe “più” papa. E già il cardinale americano Burke, a quanto pare, avrebbe chiesto a papa Prevost di ripristinare la possibilità di celebrare messa in latino, cancellata da Bergoglio dopo che Ratzinger l’aveva resa possibile ma secondo condizioni determinate.

E veniamo agli atti di governo, dove la questione si fa decisamente più difficile. Veri e propri atti di governo non ce ne sono, se si eccettuano le nomine. Ma si tratta di routine: nuovi vescovi se ne trovano ogni giorno da nominare e non c’è niente di speciale. Certo, i conservatori hanno applaudito la sostituzione di mons. Vincenzo Paglia alla presidenza della Pontificia Accademia per la Vita. Ma avendo compiuto 80 anni, non è una “rimozione”, come è stato scritto scioccamente, ma un cambio largamente previsto e annunciato. Piuttosto se c’è da rilevare qualcosa, dobbiamo guardare alla diocesi di Roma, dove uno dopo l’altro, da Francesco a Leone, i vescovi ausiliari vengono spostati altrove. Si capirà meglio in futuro cosa potrà avvenire nella diocesi del papa. Mentre per l’Italia, anche l’altro ieri il papa di oggi ha proseguito la linea di Francesco di accorpare due diocesi sotto un unico vescovo. Poi, se vogliamo, un “atto” – meglio: una decisione – riguarda il ritorno a Castelgandolfo per il periodo di riposo di luglio. Nel mondo vaticano, il prossimo mese è dedicato alle ferie mentre ad agosto riprendono udienze ed attività, al contrario di quanto avviene di sicuro in Italia e in gran parte dell’ Occidente.

E quindi? Quindi niente, nel senso che siamo in attesa dei veri atti di governo: le conferme o meno alla testa dei dicasteri e delle strutture di governo della Santa Sede, ad esempio. Aspettiamo di vedere papa Leone alla prova dei viaggi: il primo sarebbe a Nicea per i 1700 anni dal Concilio che fissò la formula del Credo. Ci troviamo in una fase di attesa. Ma c’è un però. Il mondo conservatore cattolico Usa spera in un Prevost ripristinatore della morale tradizionale. Come se Francesco l’avesse cambiata e invece non l’ha spostata di una virgola, nonostante tutto. Ha solo detto e ribadito che la Chiesa è sinonimo di misericordia: perdonare, non condannare. Il che ai conservatorio non piace, perché il mondo, anche cattolico, è diviso in buoni e cattivi e i buoni sono sempre loro. Ovviamente. Così fanno finta di non ascoltare il papa quando ritorna insistente sul tema della pace, come faceva Francesco ogni giorno dall’inizio della guerra in Ucraina e dal conflitto in Medio Oriente.

I politici di tutto il mondo hanno fatto a gara per presentarsi ai funerali di Francesco e all’insediamento di Leone. Ma poi non ascoltano e votano riarmi europei e plaudono ai bombardamenti indiscriminati. Allora occorre tornare alla sera dell’ 8 maggio, quando appena eletto papa Leone XIV ha parlato di pace: “Questa è la pace del Cristo Risorto, una pace disarmata e una pace disarmante, umile e perseverante. Proviene da Dio, Dio che ci ama tutti incondizionatamente”. Frasi da meditare attentamente mentre scivoliamo verso una terribile retorica della guerra che viene fatta passare come scelta saggia invece di scellerata. Dimenticando che da Benedetto XIV (stesso numero!) e dalla Prima Guerra Mondiale, in poi, tutti i pontefici hanno condannato ogni conflitto. E oggi un papa che si è dato un nome in continuità con il predecessore che ha “inventato” la dottrina sociale, è un pontefice di rottura rispetto ai tempi bellici e disumani di oggi. Con buona pace dei conservatori, cattolici e non, che vorrebbero una Chiesa zitta e tutta concentrata sulla sagrestia.

27 Giugno 2025

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