L'incontro con i diplomatici
Papa Leone XIV, l’appello sulle orme di Bergoglio su migranti e pace: “Basta produrre strumenti di morte”

Parla ai membri del corpo diplomatico accreditato presso la Santa Sede e ribadisce il Bergoglio-pensiero, una netta continuità col papato di Francesco.
Di fronte ai diplomatici del Vaticano Papa Leone XIV rilancia l’appello di Jorge Mario Bergoglio per fermare la folle corsa al riarmo mondiale, di cui l’Europa in questi mesi è assoluta protagonista, sottolineando l’importanza della “volontà di smettere di produrre strumenti di distruzione e di morte” oltre che di una “sincera volontà di dialogo” per “sradicare le premesse di ogni conflitto”.
Ricordando ai presenti che il suo ministero “inizia nel cuore di un anno giubilare, dedicato in modo particolare alla speranza”, Papa Leone sottolinea che questa è “l’occasione per lasciare alle spalle le contese e cominciare un cammino nuovo, animati dalla speranza di poter costruire, lavorando insieme, ciascuno secondo le proprie sensibilità e responsabilità, un mondo in cui ognuno possa realizzare la propria umanità nella verità, nella giustizia e nella pace”, aggiungendo il suo augurio che ciò “possa avvenire in tutti i contesti, a partire da quelli più provati come l’Ucraina e la Terra Santa“.
Secondo il pontefice statunitense è possibile “sradicare le premesse di ogni conflitto e di ogni distruttiva volontà di conquista”, ma questo esige “una sincera volontà di dialogo, animata dal desiderio di incontrarsi più che di scontrarsi”.
È in questa propositiva, aggiunge Leone XIV parlando al corpo diplomatico della Santa Sede, che “è necessario ridare respiro alla diplomazia multilaterale e a quelle istituzioni internazionali che sono state volute e pensate anzitutto per porre rimedio alle contese che potessero insorgere in seno alla Comunità internazionale”, ma allo stesso tempo, è il richiamo del pontefice, “occorre anche la volontà di smettere di produrre strumenti di distruzione e di morte”.
La pace invece, le parole di Prevost, “non è mera assenza di guerra e di conflitto” né “una semplice tregua, un momento di riposo tra una contesa e l’altra, poiché, per quanto ci si sforzi, le tensioni sono sempre presenti, un po’ come la brace che cova sotto la cenere, pronta a riaccendersi in ogni momento”. Per il Papa è “un dono attivo, coinvolgente, che interessa e impegna ciascuno di noi, indipendentemente dalla provenienza culturale e dall’appartenenza religiosa, e che esige anzitutto un lavoro su sé stessi. La pace si costruisce nel cuore e a partire dal cuore, sradicando l’orgoglio e le rivendicazioni, e misurando il linguaggio, poiché si può ferire e uccidere anche con le parole, non solo con le armi”.
Il Papa ha toccato anche il tema dei migranti: “La mia stessa storia è quella di un cittadino, discendente di immigrati, a sua volta emigrato. Ciascuno di noi, nel corso della vita, si può ritrovare sano o malato, occupato o disoccupato, in patria o in terra straniera: la sua dignità però rimane sempre la stessa, quella di creatura voluta e amata da Dio”.